Diamo voce al silenzio

 

Spesso le violenze alle donne avvengono fra le mura domestiche

di Marcella Giammusso

Mai come in questo periodo la vita delle donne è difficile e pesante, mai come in questi ultimi anni siamo venuti a conoscenza di così numerosi atti di violenza fisica, morale e psicologica verso le donne. Violenze ed omicidi spesso compiuti da uomini molto vicini alle vittime: familiari, mariti e padri, che consideravano le donne della loro vita oggetto di loro proprietà, seguiti dagli amici, vicini di casa, conoscenti stretti e colleghi di lavoro o di studio. Violenze e soprusi che avvengono nella maggior parte fra le mura domestiche, quelle stesse mura che dovrebbero in qualche modo proteggere ognuno di noi.

Stefania Noce, 24 anni, studentessa universitaria, impegnata socialmente nelle lotte contro le ingiustizie sociali, uccisa assieme al nonno da diverse coltellate inflittegli dal suo ex fidanzato.

Francesca Alleruzzo, 45 anni, maestra elementare, vittima della furia omicida dell’ex marito, il quale non ha esitato ad uccidere anche la figlia della donna, il fidanzato ed il nuovo compagno della donna, pur di completare il suo piano omicida.

Gabriella Falzoni, 51 anni, strangolata con un foulard dal marito al culmine di un litigio causato dalla gelosia dell’uomo.

Sono donne vittime di una violenza maschile che si fa chiamare amore. Sono alcuni esempi di ferocie avvenute ultimamente, ma l’elenco è molto più ampio ed inverosimile se si pensa a quella che dovrebbe essere la condizione delle donne dopo tutte le battaglie, le campagne e le sensibilizzazioni che sono state fatte fin dagli anni sessanta.

L’omicidio è il massimo della violenza che si possa infliggere ad un essere umano, ma le donne molto più spesso vengono sottoposte ad angherie, brutalità e soprusi fisici e psicologici che non vengono né denunciati né esternati neanche alle persone più vicine. Per una donna è umiliante dovere prima ammettere che il suo uomo le abbia fatto del male e poi è ancora più difficile essere sottoposta ad interrogatori e domande che le portano ad essere loro stesse imputate ed a doversi giustificare del cattivo comportamento del proprio uomo.

Quante volte ci è successo di vedere una nostra amica o una nostra parente con dei lividi in viso o nel corpo che lasciano presumere una violenza ricevuta. Eppure alla domanda “ma cosa ti è successo?” con imbarazzo e difficoltà questa risponde “niente, sono caduta!” oppure “non ho visto un palo e ci sono andata a sbattere contro!”.

E quando si parla della realizzazione degli obiettivi della propria vita, quante donne hanno dichiarato “Mi sarebbe piaciuto lavorare ma mio marito non vuole!”. Ma che diritto hanno gli uomini di decidere sulle aspirazioni delle proprie compagne? Amare una persona non vuol dire essere padroni della sua vita ma donarsi reciprocamente. Non tutti gli uomini naturalmente usano violenza alle donne, ma quelli che la usano lo fanno per mantenere o rafforzare il loro potere nei riguardi delle donne e chiunque sia più debole.

Eppure le donne hanno sempre dimostrato e continuano a dimostrare una forza d’animo non comune. Sono le donne a mettersi avanti quando in famiglia c’è un genitore da accudire o un familiare che sta male, sono le donne che si sbracciano le maniche e fanno qualsiasi tipo di lavoro quando il marito o il compagno è disoccupato o non bastano i soldi per arrivare alla fine del mese.

Sono le donne ad attivarsi con lavori onesti quando il marito è in carcere per pagare gli avvocati e mantenere i figli. Sono principalmente le donne che si preoccupano dell’educazione dei figli, cercando di creare un futuro migliore per essi.

Io credo che il problema della violenza sulle donne sia principalmente un problema degli uomini e che bisogna risolverlo con essi. Spesso gli uomini sono schiacciati dalla nostra società dove i valori che contano sono quelli dell’apparire e quelli dell’avere. Una società che spesso calpesta la dignità di ogni uomo e ogni donna ed un mondo del lavoro che opprime gli animi e non dà alcuna gratificazione. In tutto ciò gli uomini esprimono il loro disagio in famiglia, riversando il loro malessere sulle persone più deboli: le loro donne ed i loro bambini.