Vivere a San Cristoforo

i Cordai

Un quartiere dove è difficile essere bambini.

Una limousine bianca, lunga almeno un paio di metri, qualche giorno fa girava per San Cristoforo. I vetri erano oscurati ma da uno abbassato si intravedeva una signora elegantissima, truccata con cura. Una carrozza, con cavallo bianco e cocchiere in livrea, la seguiva.

Sopra la carrozza viaggiavano un signore e il suo bimbo di sette anni o poco meno. Il bambino indossava un frac di broccato con le rifiniture dorate, sorrideva seduto a fianco del padre altrettanto elegante e tutti si voltavano a guardarli, con ammirazione.

Alcuni passanti o ambulanti aiutavano la limousine a fare le manovre per svoltare senza restare incastrata nelle viuzze. Tutti a bocca aperta. Di fronte a tanto lusso in uno dei quartieri più poveri della città. Al Tondicello avevano appena rientrato una candelora in chiesa.

“Ciao, cos’è?”

“Un volantino”

“Ne dai uno anche a me?”

“Certo, come ti chiami?”

“Giuseppe, ho otto anni. Vado in una scuola in viale Mario Rapisardi”

“Come mai non in una del quartiere? ”

“Perché sono in comunità…”

“Vieni a trovarci al doposcuola?”

“Vediamo, prima mi informo con mia mamma se ci posso venire. Me la scrivi la via su un foglio di carta?”

“Eccola, ti aspettiamo Giuseppe, ciao”

“Ciao, ma tanto sto andando a com- prare il pane, possiamo camminare insieme fino alla fine della strada”

“sì, sarebbe bello”.

Giuseppe esce dalla porta di una vecchia casa, indossa la sua felpa rossa sbiadita di tutti i giorni. Ha gli occhi chiari molto grandi e voglia di giocare. Ma a San Cristoforo non è facile giocare, non è facile essere bambino. Devi buttare la spazzatura, comprare il pane, badare ai fratelli più piccoli se ne hai e quando ti viene voglia di giocare c’è sempre un adulto pronto a dire che “si troppu tostu”.