San Libero – 354

1 settembre 2007 n. 354
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“La mi tolga le mani di dosso! Lei ‘un ha diritto!”.
“Come non ho diritto! E’ vietato…”.
“Vietato cosa? Ora ‘un si può più parlare con un tale in istrada?”
“Parlare… Ma lei gli ha offerto di pulirgli il vetro…”.
“Icchè c’è di sbagliato? Perché, quando qualcuno le offre di venderle un telefonino in tivvù lei che fa, lo arresta?”.
“Sì, ma il sindaco…”.
“O guarda ‘he ora il sindaco vale di più di tutta la hostituzione, della repubblica e di tutti i nostri fondatori messi insieme! Ma la mi facci ridere!”.
“Signor Benigni, la prego…”.
“E voi ‘he ci avete da guardare tutti hosì, o grulli? Perché sono un attore? O perché invece ‘un fate folla anche quando se la pigliano hon un poveraccio qualunque? ‘Un siamo tutti uguali? E ‘un gli è Firenze, questa? O che credete, d’essere già tutti in Alabama?”.
La provocazione di Benigni si è conclusa in commissariato, dove – sempre tenendosi stretti il secchio e lo spazzolone di cui si era “armato” per la sua singolare protesta – il comico è stato infine condannato a duecento euri di multa.
“E io ‘un pago! Anzi, a quel bischero d’un sindaco, gli hiedo pure i danni civili! Hosì impara!”.
“Ma Benigni – gli abbiamo chiesto – c’era bisogno di tutto questo… clamore? Non poteva, chessò, andare in tv a un dibattito, sostenere normalmente le sue opinioni…”.
“Certo che no! Quando i tedeschi misero la stella gialla agli ebrei, sa che fece il re e la principessa e tutta la famiglia reale di Danimarca? Se ne scesero in piazza con una bella stella gialla sul corpetto! E tutti i danesi, via: stelle gialle! Hai voglia i tedeschi a arrestarli tutti quanti! Neanche un ebreo hanno potuto pigliare!”.

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Questa, naturalmente, non è la realtà. Il povero Benigni, che abbiamo tirato in ballo per pura simpatia, in realtà continuava tranquillamente le sue tournèe, del tutto indifferente a questa sfiorentinizzazione di Firenze. E il Magnifico Rettore, gl’intellettuali, i poeti, gli artisti, i semplici fiorentini (che, in quanto tali, a tali categorie apparterrebbero un po’ tutti)? Niente.
E i communisti feroci, i livornesi, ad esempio? Dormivano pure loro, esattamente come i pisani o i lucchesi. Del resto, poche settimane fa, quando il sindaco – impietosito, o almeno colto da pudore, dalla strage di quattro zingarelli bruciati vivi – aveva sospeso non so che festa per lutto cittadino, a Livorno cuore rosso d’Italia, a Livorno “su venite compagni alla lotta”, a Livorno o non ti saltano fuori i commercianti a dichiarargli a muso duro: “Ma quali saracinesche abbassate. Ma lo sa quanto ci sosterebbe?”.

D’Avanzo, uno dei migliori giornalisti d’Italia, elenca i guai cui finalmente il Palazzo (“Un segnale di rinnovamento”) sta per porre rimedio: “Lavavetri, racket, pedofili, mafiosi”. E un altro dei giornalisti più democratici, Lerner: “Quel ricatto al semaforo che imbarbarisce le nostre vite”.
A questo punto è inutile stare a chiedergli perché, ad esempio, nella vecchia Jugoslavia o ora in Spagna gli zingari stanno buoni e tranquilli senza rompere le scatole a nessuno. O perché nella civile Inghilterra i semplici vagabondi, fino al diciottesimo secolo, erano impiccati a vista (oppure, negli altri secoli, deportati d’autorità in Australia o in America). O perché lo stesso Carlo Marx, fra le bellissime pagine che scrisse sulla Comune di Parigi, non mancò di precisare orgogliosamente che i ladruncoli, gli operai, li fucilavano senz’altro.
C’è una paura antica, dei vagabondi e degli “zingari”, fra la gente “normale”. Noi sinistra eravamo nati anche per incivilire queste paure, per ragionare. Ma si capisce, è passato tanto tempo.

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Fondello (Palermo). Operaio ghanese di sessantun anni ferito al volto dal cane da guardia nel residence dove lavorava. Prognosi una settimana, ricoverato al Civico.

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Amato: tolleranza zero, facciamo come in America ha fatto Giuliani.

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Gentilini: “Facciamoci giustizia da soli”.

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Mi piace l’idea di Bossi dello sciopero delle lotterie. Sono una delle cose più berlusconiane che esistono (i Borboni erano dei berlusca con quarti di nobiltà) e anche se non sono contro il governo aderirò senz’altro. Veramente, se avesse voluto fare una cosa veramente elegante, avrebbe invitato i milanesi (che non esistono più: ora ci vivono i padani, come nel caro vecchio Veneto i nordestini) a fare lo sciopero del fumo: questo sì avrebbe fatto danno all’erario. Però non era possibile, perché uno sciopero delle sigarette i milanesi l’avevano già fatto più di un secolo fa, contro gli austriaci e a favore dell’Italia unita. Quindi secondo Bossi una bestemmia, da cancellare accuratamente dalle memorie cittadine.
(In realtà, lo sciopero più grandioso di tutti, quello che avrebbe fatto realmente collassare il sistema, sarebbe stato quello della cocaina. Ma questo ormai non può più chiederlo nessuno in Italia, né ai milanesi né ai romani né ad alcun’altra tribù del Belpaese).

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Per diffondere un’idea così semplice e ragionevole, Bossi ha dovuto tirar fuori il fucile, parlare di lotta armata, fare insomma il brigatista; spiegando poi che l’ha fatto per tener buoni i suoi elettori, che a quanto pare sono tutti bestie. In realtà, l’ha fatto semplicemente per i minuti di audience (l’Italia è una repubblica fondata sull’audience) che ogni affermazione del genere comporta. Come le due tizie che, per ottenere finalmente un incontro con Corona, non hanno esitare a falsificare una foto di un’amica morta, a spacciarla per prova decisiva, ecc. Le ragazzine vogliono fare le veline, a qualunque costo, e i politici vogliono fare i grandi leader, a qualunque costo. O forse anche i politici vogliono fare le veline. O forse è la stessa cosa.

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Durerà fino al 17 settembre a Bologna la 62esima Festa nazionale de l’Unità. Trattative sul brand. Nessuna dichiarazione dell’ex presidente del Consiglio d’Amministrazione, Gramsci.

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Miliardi bruciati, campagne bruciate. I miliardi di euri delle Borse, i boschi – e le vite umane – degli incendiari. Le facce lombrosiane dei pastori, e dei manager.

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Palermo. Nasce – finalmente – l’associazione antiracket. E’ una delle ultime città a farlo. Su diecimila commercianti palermitani, meno di duecento hanno aderito (in due anni) all’iniziativa di “Addio Pizzo”.

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Palermo. Il giudice Luca Tescaroli: “Va aggiunto che la tipologia delle indagini in questione si scontra con la scarsa cooperazione degli istituti di credito. Sarebbe allora utile inasprire i meccanismi sanzionatori di tipo finanziario nei confronti degli istituti di credito che omettono…”.

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Catania. Tre attentati in cantiere allo stesso imprenditore, Andrea Vecchio. Ma, salvo i ragazzi di “Addiopizzo e pochi altri, l’attenzione della città è prevalentemente rivolta all’inizio del campionato. Il Catania anche quest’anno giocherà nella massima serie, non ha ancora ammazzato nessun altro poliziotto ma ha già preso a calci l’allenatore di un’altra squadra.

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Saviano. Ancora sotto il tiro della camorra, nell’indifferenza complessiva degli intellettuali.

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Calabria, Europa.  Ci sono voluti i morti di Duisburg per far accendere i riflettori su una realtà che da anni si sforzano di far comprendere i magistrati in prima linea come Salvatore Boemi, Nicola Gratteri o Luigi De Magistris. La ‘ndrangheta non uccide per faida, o almeno la faida non è quel residuo ancestrale che si crede: dietro ogni faida c’è un disegno ben preciso di controllo del territorio, di predominio sui traffici, di business insomma. La ‘ndrangheta dei pastori d’Aspromonte non esiste più da tempo. Ha fagocitato quasi tutto il tessuto commerciale delle città calabresi reinvestendo gli enormi profitti derivanti dal traffico (quasi in esclusiva) della cocaina.
“A Reggio Calabria – dice Repubblica – il settanta per cento dei commercianti della città paga il “pizzo”. Ma quando mai! Noi calabresi ormai siamo avanti rispetto a Palermo o a Napoli: il pizzo qui lo pagano solo quattro poveri cristi, visto che ormai la maggioranza dei principali esercizi commerciali sono controllati, direttamente o indirettamente, dalla ‘ndrangheta che così “mette in lavatrice” – grazie a un sistema bancario, diciamo così, disattento – il proprio denaro. Che diversamente non potrebbe essere utilizzato per acquistare intere catene di alberghi sulla riviera Adriatica, complessi edilizi in Costa Azzurra, ristoranti e catene di stores a Duisburg, a Monaco, a Montecarlo e in mezzo mondo.
E ci voleva la strage di Duisburg per accendere questi riflettori?  Ma allora è proprio vero che i nostri incontri, dibattiti, convegni di denuncia sono solo un abbaiare alla luna.
Non sono passate due settimane dal bellissimo Meeting “Legalitàlia” organizzato proprio a Reggio Calabria dal movimento dei ragazzi di Locri “Ammazzateci tutti” e dalla costituenda Fondazione “Antonino Scopelliti”, dove s’è data appuntamento per una tre giorni di studio e di discussione sul fenomeno mafioso la “meglio gioventù” calabrese ed italiana, insieme a magistrati, docenti, giornalisti, uomini di Chiesa e d’impegno sociale. Per tre giorni ci siamo detti tutto, ma proprio tutto, quello che si sta dicendo in questi giorni sui giornali di tutta Europa. Evidentemente, come al solito, ci parlavamo addosso.
Prodi ha chiesto l’aiuto dei giovani calabresi per far nascere una nuova mentalità in una nuova Calabria. Voglio proprio vedere se veramente li chiamerà a Palazzo Chigi, fuori dalle segnalazioni e dai veti incrociati della sua maggioranza, e se darà loro gli strumenti per cominciare ad operare una vera ed efficace opera di educazione alla legalità che parta dai più piccoli e dalla strada.
C’è bisogno di strumenti straordinari, non di leggi straordinarie. E questi ragazzi di “Ammazzateci tutti” hanno dimostrato di averne di idee per combattere efficacemente questa battaglia, ed anche molto chiare. In Calabria non ci sono solo i mafiosi da una parte e le persone perbene dall’altra: c’è una situazione in cui l’area più pericolosa non è quella “nera” della ‘ndrangheta tradizionale, ma quella “grigia” delle collusioni e delle contiguità con pezzi delle istituzioni. Se non si recidono pubblicamente questi legami, allora sarà tutto fumo, come sempre.
Sarebbe importante (e forse decisivo) cominciare a dare un esempio proprio cogliendo l’occasione della nascita anche in Calabria del nuovo Partito Democratico. La mafia non si combatte solo con i proclami e con qualche posto di blocco, non verrà mai vinta se non si riuscirà a dare entusiasmo ai giovani, mostrar loro che conviene stare dalla parte giusta, ridare dignità a una politica qui ridotta a fango. Una casta che sputa in faccia ai disoccupati, con assunzioni parentali e clientelari negli uffici regionali, con “concorsoni” a numero chiuso riservati ai reggipanza della politica – alla faccia dei titoli e delle intelligenze degli altri disoccupati calabresi. E che poi si candida alle segreterie regionali dei partiti (Pd compreso).
O lo comprendiamo tutti, o non è il caso di perderci ulteriore tempo (e vite umane innocenti). Meglio dedicarsi alla testimonianza e continuare ad abbaiare alla luna. Almeno non ci dovrebbero ammazzare per chiuderci la bocca, come in Sicilia hanno fatto con Pippo Fava e Beppe Alfano.
Questo per il momento è tutto, connazionali italiani e cittadini europei, tutti drammaticamente, volenti o nolenti, in provincia di Reggio Calabria. Dalla regione della più grave strage di mafia che si ricordi, ma anche dalla regione del Consiglio Regionale con più consiglieri inquisiti d’Europa. [Giovanni Pecora]
Bookmark: www.legalitalia.org – Speciale Meeting

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Alla conquista dell’Iphone. Se compro una macchina, sono libero di modificarla, metterci alettoni e cerchi in lega, usare la benzina che preferisco o metterci un impianto a gas, cambiare il colore, l’impianto stereo o i coprisedili. Se compro un Apple Iphone devo tenermelo così com’è, perché qualcuno ha deciso che non posso guardarci dentro. In nome del principio di autodeterminazione nell’uso delle tecnologie (l’ho comprato, è mio e ci faccio quello che voglio) la comunità degli Hacker si è mobilitata per capire il funzionamento dei “telefoni con la mela”, e obbligarli a fare quello che vogliono i loro proprietari anzichè quello che vuole Steve Jobs e gli azionisti della Apple.
Il lucchetto più grosso e fastidioso è quello dei cosiddetti DRM, i sistemi di gestione digitale dei diritti d’autore che possono decidere quante volte puoi ascoltare un brano o vedere un film prima che si autodistruggano e quali dispositivi sono abilitati alla riproduzione dei contenuti.
Alla guida dei “pirati” che stanno assaltando la corazzata Apple c’è un esponente della comunità Hacker noto agli appassionati di tecnologie e alle autorità federali Usa per essere stato il primo ad aggirare le protezioni dei Dvd, quando eravamo ancora costretti a usare Windows per poter vedere un film e non potevamo guardare sul nostro lettore europeo un film regolarmente acquistato negli Stati Uniti. Si tratta di “Dvd Jon”, al secolo Jon Lech Johansen, un hacker norvegese che vuole sfidare la legge per affermare un principio molto semplice: l’Iphone è mio e lo uso con la compagnia telefonica che mi pare.
A dimostrazione che il mercato è tutt’altro che libero, Apple ha deciso che i suoi telefoni funzioneranno solamente per gli utenti della At&t e solo pagando cifre esorbitanti (36 dollari di attivazione e 60 dollari al mese per il piano tariffario più accessibile). Per scoraggiare queste pratiche monopolistiche e anticoncorrenziali serve a poco rivolgersi alle associazioni dei consumatori, men che meno ai vari garanti e authority che nella migliore delle ipotesi intervengono con esasperante lentezza. L’unica speranza sono gli Hacker, e la loro voglia di liberare le informazioni e le tecnologie. [carlo gubitosa]

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Ho appreso di essere fra i giornalisti spiati (come “principali siti del network telematico di delegittimazione del Premier”) dai Pompieri. Una proposta pratica per il Comando Pompe: la prossima volta che dovete spiarmi, date i soldi a me e io mi registro da solo, da quando mi alzo la mattina a quando vado a letto la sera. Così voi risparmiate, io faccio qualche lira e al Pompa gli resta più tempo per andare a pompare altrove. [r.o.]

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Persone: Franco Carlini, genovese, 63 anni. Era stato fra i primi giornalisti italiani a parlare dell’internet, sul Manifesto e sul Corriere.

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esperito@libero.it wrote:
< Agli amici e poi a quelli che scrivo di solito, fra cui giornalisti. Oggi ho pianto. Oggi ho filmato e registrato un ragazzo picchiato dalla polizia, un ragazzino, un tossico, ferite, costola incrinata, ematomi e la faccia (siamo a Brescia è ragazzi, la società civile). Vorrei dire: giornalisti esseri meschini, ma lo so, la paura sottomette. Non so cosa sarei io se la polizia venisse a minacciarmi, a picchiarmi. Cordiali Saluti >

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Giuseppe Palermo wrote:
< Cari amici, Ho ricevuto copia di un esposto alle autorità, presentato da un ragazzo di Isola delle Femmine (Pa), Pino Ciampolillo, che riferisce delle ripetute minacce da lui ricevute a seguito della sua opposizione ad uno dei programmi costruttivi, in variante al Prg ed in verde agricolo, di una delle cooperative che qui in Sicilia tutti ben conosciamo. Cercherò di informarmi meglio sui particolari di questa storia e di darne conto, ma anche così il quadro mi pare chiaro, e le foto pubblicate sul sito a cui si rinvia parlano da sé. Cerchiamo di non lasciare solo questo amico, scrivendogli e diffondendo il suo appello >
Bookmark: www.isolapulita.it

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Nando dalla Chiesa wrote:
< Come si ricorderanno i venticinque anni del Generale-Prefetto? Ci sarà uno spazio ampio su Left-Avvenimenti (non so ancora in che settimana). Quindi spiccherà la serata del 2 settembre alla festa nazionale dell’Unità a Bologna. Con Caselli, don Ciotti, Beppe Lumia e il sottoscritto. Voluta da Beppe Lumia, parlamentare Ds, al quale si deve la lunga serie di commemorazioni alle feste dell’Unità di questi anni. Beppe fu negli anni ottanta uno dei giovani siciliani ai quali idealmente si rivolse mio padre nei suoi ultimi cento giorni palermitani. E lui ha sentito per intero la responsabilità di ricordarlo nel corso dei decenni successivi. Il 3 sera a Roma, il generale-prefetto verrà invece ricordato alla Casa del jazz, nel bellissimo parco confiscato alla celebre banda della Magliana >
Bookmark: www.nandodallachiesa.it

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Till Neuburg wrote:
< Oggi, con la testa, sono stato in un sacco di posti. In Piazza VI Febbraio a Milano, a Preci, a Najaf, a Faluja… ma anche alla Farnesina e nel cesso della redazione di “Libero”.
Tre anni sono oltre mille notti e giorni. Pieni pieni di domande, pensieri e ricordi. Pulsazioni di impotente tristezza, di tante tenerezze, di larghi sorrisi… ma anche di grande collera e indignazione.
Trentatre anni fa, in un altro periodo di menzogne amplificate, il profeta PPP scrisse sul Corriere: “Io so ma non ho le prove”. Sapeva perché capiva… e perché – a differenza di tanti altri – non guardava dall’altra parte. Le sue “prove” erano tantissime, ma nessuna era di tipo poliziesco: solo deduzioni – niente impronte, niente registrazioni, niente confessioni. Anche oggi, se uno mette insieme tutti gli elementi sulla fine di Enzo, vede delinearsi una mappa mostruosa. Chi ha voglia di capire, capisce. Chi invece si trastulla con il caso, con la fatalità, col destino, continua ad annaffiare i fiori finti di un’immaginaria aiuola, di un’ineluttabile The End di una “storia finita male”.
Ma c’è anche gente più cocciuta. Persone che continuano a separare i fatti dalle notizie – e dalle mezze notizie, che non accettano i silenzi dei gazzettari, degli apparati dell’opinione, persino del pavido Presidente di questa nostra debolissima Repubblica chiamata Italia.
Per onorare con decoro il ricordo di Enzo, dovremmo:
– non cedere alle sfumature dell’oblio,
– chiedere e richiedere di trovare e riportare a casa le tracce di Enzo,
– trasmettere ai suoi famigliari continui e incessanti segnali di solidarietà e di affetto,
– non accettare mai le mistificazioni degli opportunisti e dei mascalzoni.
Ciao Enzo. Ogni anno, ogni giorno che passa, ci manchi di più >

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B.B. <brecht@freiheit.de> wrote:

< E questo è tutto, e non è già che basti
Ma forse vi dirà “esisto ancora” >

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(Ci scusiamo per la lunga, e non volontaria, assenza. Ma non siamo stati in vacanza)

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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)