San Libero – 326

27 marzo 2006 n. 326

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Giornalisti. La regione siciliana ha assunto dieci nuovi portaborse, parenti o amici di notabili di Forzitalia o dell’Udc, con la qualifica di “giornalisti”. Ne facciamo l’elenco, diffidandoli dall’usare in pubblico questa qualifica e invitando i lettori a segnalare eventuali abusi da parte di costoro del nobile appellativo: Compagnino Laura, Di Nuovo Ivana, Ferlazzo Maria Pia, Fricano Enzo, Licciardello Ludovico, Micchiché Luisa, Orlando Vito, Sarullo Luigi, Sgarlata Stefania, Viola Manlio.

Nel frattempo, la mafia minaccia i giornalisti veri. Come Sonia Alfano – figlia di Beppe Alfano, assassinato tredici anni fa per aver fatto inchieste di mafia nell’indifferenza della maggior parte dei colleghi – che da anni va avanti cercando giustizia per suo padre e denunciando apertamente i boss. L’ha fatto in piazza, l’ha fatto in un giornaletto (“La Primavera”) che i compagni di Milazzo e di Barcellona diffondono giù in Sicilia, nel feudo dei Cattafi e dei Nania. Martedì 28 verrà a Barcellona don Ciotti, a esprimere la solidarietà con Sonia Alfano e a dire che lei non è sola, che chi si azzarda a toccarla deve fare i conti con tutta l’Italia antimafiosa. Se state da quelle parti, o se ve la sentite di venire a dare una mano, scendete giù in piazza a gridare “via i mafiosi” insieme a noi.

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“Le minacce ricevute da Sonia Alfano confermano che l’informazione in Sicilia, sottoposta a pressioni e intimidazioni, vive sempre in una condizione di grave emergenza”. Lo dichiara il presidente dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia, Franco Nicastro. “Da tempo Sonia Alfano è impegnata in una tenace opera di verità. E si deve proprio al suo impegno se le indagini sull’uccisione del padre hanno consentito di individuare le responsabilità dell’agguato e del contesto nel quale è maturato. L’Ordine è al fianco della famiglia Alfano e dei cronisti impegnati nella difesa della libertà per la quale l’informazione ha già pagato in Sicilia, con otto cronisti uccisi, un alto tributo di sangue”.
Questo è l’Ordine dei giornalisti, che per una volta fa il suo dovere. E il sindacato? Dov’è il sindacato dei giornalisti, in Sicilia? E’ a contrattare alla meno peggio i portaborsati alla regione. E’ a stropicciarsi gli occhi davanti a una decina di giornalisti licenziati (nove su tredici a Telecolor) dal monopolista Ciancio, di cui non osa affrontare lo strapotere. E’ a chiudere entrambi gli occhi sul massacro di Benanti (a cui hanno impedito di fare anche l’operaio, perché ha scritto articoli “antiamericani”) e di Carlo Ruta a cui hanno chiuso il sito d’autorità.

Il sindacato dei giornalisti – diciamola tutta – in Sicilia non c’è, è solo un nome. Bene farebbe Serventi Longhi, il presidente nazionale, a occuparsene una buona volta, ad andare in Sicilia a sostenere i giornalisti liberi e cacciare quelli poltroni, invece di starsene a Torino a salvarsi l’anima partecipando a dibattiti antimafiosi cui oggi non ha alcun titolo, a parte i bei discorsi, per partecipare.

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“Gli eccessi di libertà mediatica” titola in prima pagina il principale giornale della Calabria, la Gazzetta del sud. Che eccessi? Di che si tratta?

Si tratta dei mandanti dell’omicidio Fortugno – non i semplici bestie-killer: i mandanti – di cui, secondo i potenti, si parla troppo. Si fanno troppe ipotesi, e addirittura si fanno nomi. Questo è pericoloso, perché può scuotere l’equilibrio mafia-politica oppure – mettiamola così – perché turba l’equilibrio dei giudici, poveretti. Perciò: imbavagliate tutta questa libertà mediatica, che è un eccesso. La Gazzetta del Sud, di fatto del monopolista Ciancio, è quella il cui direttore ebbe a dire “Se la mafia aiuta a fare il ponte, ben venga la mafia”.

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Si vota per tante cose, e io voto soprattutto per questo. Per la libertà di stampa, per la libertà di parola. Per più Sonie Alfano e meno Gazzette di Ciancio. Lo so che cacciando il signor B. (che in fondo è un grosso Ciancio) non si risolve tutto, che restano altri cianciusconi da scrollarsi di dosso. Ma intanto cominciamo da questi, i più intollerabili, i più immediati. Sbavaglio!

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La nostra Plaza de Mayo. 21 marzo, primo giorno di primavera. A Torino quel dono vivente di don Luigi Ciotti ha organizzato con Libera la undicesima giornata della memoria, per ricordare le vittime della mafia. Tutte, proprio tutte, nel loro elenco agghiacciante. Sotto una pioggia battente c’erano ventimila studenti. E tanti cittadini qualunque, venuti da ogni parte d’Italia. E soprattutto c’era quel popolo speciale, malinconico e limpido, fatto dai familiari delle vittime della mafia. Centinaia di persone che si ritrovano immaginando che possa esserci un giorno giustizia. E che invece sanno benissimo, senza bisogno di immaginare niente, il proprio dolore. Be’ voglio dire questo. Ho visto l’altra sera in tivù un bellissimo documentario sulla madri di plaza de Mayo. Ma oggi ho visto la nostra, di Plaza de Mayo. Donne con il viso del figlio o del marito in un ovale portato al collo. Il padre dell’agente Agostino con la sua lunga barba bianca (“non me la taglierò finché non avrò giustizia” aveva detto quasi vent’anni fa; ce l’ha ancora…). Perché non fare un grande servizio su queste persone? Oggi c’era solo una troupe della Rai. E, sorpresa!, era di Anna La Rosa, vedi un po’ l’effetto del vento che tira…. Ma a vedere quelle facce oggi doveva esserci l’ultimo parlamento intero. Doveva guardare. E poi guardarsi dentro. E ripassare le leggi fatte, gli attacchi ai magistrati, la relazione dell’Antimafia che giura che la mafia non porta voti, l’ultima legge dell’ultimo giorno, fatta con la solita astuzia, con la norma per ammorbidire il regime della confisca dei beni dei mafiosi. Forse qualcuno si sarebbe vergognato. E’ troppo? Diciamo che si sarebbe sentito a disagio. [nando dalla chiesa]
Bookmark: www.nandodallachiesa.it

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Giù le mani dall’happy end. L’idea sarebbe di un finale coerente col resto del film: sullo stage-coach per Abilene con lo sceriffo alle costole e i soldi della banca nella valigetta, o sulla diligenza per Lione (inseguito da Vidocq) in tuba e redingote o, più modernamente, con falso nome in Sudamerica col commissario Montalbano che gli corre dietro. Insomma, per il signor B. noi auspicheremmo la fine di Fujimori e niente affatto quella di Ceausescu. Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, e non se ne parla più.

Perciò l’inatteso appello americano ci ha messo un po’ in allarme. Che significa ‘sta faccenda del pericolo? Finora, di pericoloso in Italia sapevamo che ci sono solo i magistrati (peggio dei brigatisti, li definì una volta) e magari qualche ragazzina che gli ricorda le sue amicizie mafiose (beccandosi qualche buona manganellata per risposta). E ora? Si aspetta Bin Laden, il mullah Omar, i  nuovi brigatisti? Oppure basterà il bandito Giuliano, per stavolta? Stiamo a vedere: qua siamo  (Occhio, Azeglio, mi raccomando).

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“La mafia vicina al premier”. Sempre lì a prendersela con quei poveri mafiosi, Violante. Quelli è dieci anni che cercano di scrollarsi di dosso ‘sta diceria, poveracci, ma come si fa? Una volta che ti sei fatto la fama, hai voglia di dire che sei un mafioso perbene e gente così non ne frequenti: non ti crede più nessuno. Faceva bene Mangano a dire: “Io? Io bado solo al cavallo”.

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Chi è “l’uomo di Cosa Nostra”? E’ sempre il povero signor B., stavolta però non secondo Violante ma secondo Bossi. Che l’ha dichiarato a La Padania il 27 ottobre 1998.
Bookmark: old.lapadania.com/index2.htm

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Campagna elettorale. Non per i tre milioni di lavoratori che vivono in Italia, pagano tasse e contributi in Italia, hanno famiglia in Italia, investono i loro risparmi in Italia, fanno il dieci per cento del lavoro fisico dell’Italia e poi al momento di dire la loro (magari solo per rispondere alle ingiurie gratuite dei vari fighetti) si sentono urlare in faccia “Zitto tu che sei straniero!”.

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Silicon valley all’italiana. Che cosa succede quando un barone universitario incontra un tecno-hippy? Gli effetti di questa insolita alchimia sono stati osservati dalle centinaia di persone che hanno affollato le aule dell’università della Calabria, in quel di Cosenza, per assistere a un incontro pubblico con Richard Stallman, il fondatore del movimento del “software libero”. Gli studenti di informatica dell'”Hacklab Cosenza” hanno lottato con le unghie e con i denti per portare Stallman nel loro ateneo, e anche se i loro professori e l’università della Calabria hanno adottato software proprietario Microsoft, loro cercano di proporre un’alternativa. L’idea è di mettere in rete le competenze e la voglia di fare di un gruppo di appassionati del software libero per la creazione di una piccola Silicon Valley calabrese, un “Centro di Ricerca su Tecnologia e Innovazione” che possa dirottare sul territorio una parte dei soldi che oggi finiscono nelle casse di Microsoft e dell’uomo più ricco del pianeta a causa dell’infelice acquisto di software proprietario. Tra i progetti in cantiere c’è la realizzazione di un centro per la promozione del software libero, sostenuta anche da un gruppo di docenti “illuminati”, un laboratorio di informatica popolare a Cosenza, un lavoratorio permanente per la sicurezza informatica. [carlo gubitosa]
info: hacklabcs@gmail.com

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Comunicazione di servizio: cercansi grafici, comunicatori, pubblicitari ed esperti di linguaggio XSL per mettere in piedi il metasito redazione.org, dove (si spera) faremo convergere la Catena di San Libero ed altre esperienze di informazione alternativa, che metteranno insieme le forze per spingere assieme nella stessa direzione il panorama mediatico italiano. Astenersi perditempo.
Per contatti e informazioni: c.gubitosa@peacelink.it

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Moretti. “Ma da dove vengono tutti questi soldi?”. E chi lo sa: mica ce lo stanno a dire. Anzi non ci vogliono neanche far sapere che qualcuno si pone questa domanda: il Tg2 ha annunciato ufficialmente che censurerà le notizie riguardanti il film “Il caimano”, di cui i telespettatori non debbono conoscere neanche l’esistenza (“Non ce ne occuperemo”). Questa pubblica dichiarazione di censura costituisce senz’altro una novità nella pur lunga storia della benemerita istituzione (non la Rai: la censura) che sfida imperterrita i secoli al servizio di granduchi, cardinali, gerarchi e nomenklature d’ogni colore.

(A parte che, se si vince, il primo vincitore è Moretti. E’ stato lui, ridendo e scherzando, il primo a dare una buona frustata sul groppone della vecchia sinistra che dormiva. Senza di lui, saremmo ancora a D’Alema che tesse al tombolo complicatissimi inciuci e poi viene a spiegare com’è che s’è perduto).

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Titanic. Incendio sulla Star Princess, una supermeganave di lusso che stava effettuando una crociera   fra le isole dei Caraibi. Undici persone ferite, per fortuna nessuna vittima a bordo. Al momento del disastro la nave si trovava in vista delle isole Caimano.

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Giulietta e Romeo. Giulietta fa la ballerina e si chiama Yasmin. Romeo, che è scultore, di nome fa Zaatar. Lui è palestinese e lei ebrea. Non possono vivere a Gerusalemme perché lui (maschio, adulto, palestinese) è un pericolo per lo Stato. Non possono vivere a Ramallah perché è vietata ai cittadini israeliani, per motivi di sicurezza. (Principe: “Dove sono questi nemici? Capuleti, Montecchi,/ guardate che maledizione è scesa sul vostro odio,/ e come il cielo ha saputo servirsi dell’amore/ per uccidere le vostre gioie./ Io, per aver chiuso un occhio sulle vostre discordie,/ ho perso due parenti. Siamo stati tutti puniti”).

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Francia. Primi segni di cedimento del governo, sindacati e studenti uniti, manifestanti sempre più numerosi. Nei cortei s’infiltrano delinquenti comuni che si fiondano in gruppo su questo o quel manifestante per rubargli il giaccone o il telefonino. I flic di solito fanno finta di non vedere, e i compagni non hanno ancora reimparato a dotarsi di servizi d’ordine efficienti. A parte questo, ce n’est qu’un debut e Vive la France.
(In Francia è disoccupato un giovane su cinque. In Italia uno su quattro. In Francia un quarto dei sottopagati (quelli che prendono molto meno dello stipendio normale) è costituito da giovani. In Italia i giovani sottopagati sono il sessanta per cento del totale. Forse è per questo che hanno provveduto a togliere i sampietrini dalle strade di Roma).

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Salari. Dimezzato lo stipendio del presidente del Consiglio (che era di milleottocento euri al mese) e raddoppio, nel programma governativo, il salario minimo della popolazione. Purtroppo, succede in Bolivia.

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Legalità. Torna l’ora legale, alle 02:00 del 26 marzo. Proteste del Polo: “Provvedimento provocatorio, preso per influire sulle elezioni”.

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Curdi. Centomila curdi in piazza a Diyarbakir, in Tuirchia, per chiedere la liberazione del loro leader Ocalan. Nessun italiano con loro. Dino Frisullo è morto e Mantovani ha perso la memoria e Bertinotti e D’Alema non ne parliamo.

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Bielorussia. Insediato il nuovo presidente Lukashenko, eletto con una strepitosa maggioranza in elezioni libere, regolarie e senza trucchi, a parte il fatto di possedere polizia, servizi segreti, manager, imbonitori e tutte le tv. Arrestati i principali oppositori. Retata di manifestanti, per lo più studenti, subito trasferiti al centro di detenzione di Bolzanetsk dove vengono amorevolmente interrogati.

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Palermo.  Carabinieri aggrediti da una quarantina di abitanti al mercato di Borgovecchio mentre bloccavano alcuni spacciatori di droga. Nel quartiere è in corso un’accesa competizione elettorale fra sostenitori dei carabinieri e sostenitori degli spacciatori.

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Treviso. Tre ragazzi fra i diciotto e i vent’anni arrestati per aver fatto esplodere ordigni artigianali davanti alle chiese. Scoperti perché non avevano resistito alla tentazione di filmare col videofonino le esplosioni, per farle vedere agli amici. “Non sapevamo come passare il tempo”.

Messina. Spara alla sorella “sdisonorata” che aveva avuto un figlio al di fuori del matrimonio. “Non le ho sparato prima perché io alle donne incinte non gli sparo”.

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Foggia. Il 21 marzo alcune migliaia di ragazzi non sono andati a Torino per la manifestazione di Libera, ma sono rimasti a Foggia, provincia ai primi posti in Italia per il numero di denunce di usura e per gli omicidi di Mafia. La loro doveva essere una piccola manifestazione studentesca, poi a Sannicandro un pacco bomba ha ucciso un ragazzo di 18 anni, e così si è deciso di coinvolgere la città. Al corteo c’erano Vendola, Folena, Di Gioia e Del Carmine, tra i pochi politici che a livello locale e regionale che non hanno paura di dire che anche a Foggia la mafia c’è ed il primo problema. Dopo il corteo è arrivata la notizia che il movente dell’omicidio del diciottenne sarebbe mafioso ma passionale; in molti, specie a destra, hanno esultato, come se il ragazzo non fosse morto, come se questa scoperta cancellasse anni di omicidi, estorsioni e appalti truccati… Forse, però, anche il pensiero di farsi giustizia da soli è mafia. Anche la vendetta e la violenza sono mafia. Anche gli atteggiamenti da bulli e da prepotenti sono mafia. Anche dove c’è troppo silenzio c’è mafia. [sandro simone]
Bookmark: www.bengodi.org/benfoggianius

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Auguri. Compie ottant’anni lo scrittore siciliano Dario Fo, insignito del premio Nobel per le sue opere teatrali. Il Nobel romagnolo, nonostante l’età, non sembra affatto intenzionato a smettere di scrivere e di lottare, tanto nella sua Palermo quanto nel resto d’Italia. Noi di Viterbo siamo orgogliosi di questo nostro concittadino che ha fatto onore alla sua Siena d’origine e a tutta la Sardegna. Non vediamo l’ora di averlo di nuovo a Milazzo – dove è nato – e anche a Pescara, a Trastevere, Brindisi, a Trieste e naturalmente qui a Napoli, dove da bambino giocava nei vicoli assieme all’amico Eduardo. Della serie: non lo volete più a Milano? Fanculo: ce lo prendiamo noi.

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Gianni wrote:
< Le ferrovie dello stato continuano a licenziare i macchinisti che si ostinano a lottare per mantenere un accettabile livello di sicurezza sui treni italiani. Vi invito, da ex macchinista, a visitare il sito seguente e ad esprimere solidarietà. E’ importante, anche perchè conosco personalmente Dante De Angelis e con lui ho condiviso moltissime battaglie sindacali per la sicurezza dei treni e dei viaggiatori >
Bookmark: www.macchinistisicuri.info/ms/home.htm

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Comitato a sostegno del giornalista-operaio Marco Benanti wrote:
< Esprimiamo la nostra solidarietà a Dante De Angelis, macchinista FS di Roma, rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, licenziato per avere difeso regole rivolte a salvaguardare la sicurezza nel trasporto ferroviario. E’ un’inaccettabile discriminazione che colpisce un lavoratore per avere esplicitato un suo elementare diritto di pratica civile e sindacale. Esprimiamo nel contempo solidarietà ai quattro lavoratori delle FS di Genova licenziati per aver denunziato a Report le insufficienze della sicurezza nel trasporto ferroviario italiano >

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maria_privitera@fastwebnet.it (a proposito del ritrovamento di foto di bambine abbandonate in Cina):
< Storia antica quella delle bambine – e delle donne – in Cina, Un appello non ha significato. L’impotenza nostra, nemmeno. I popoli hanno bisogno di farsi la loro storia, tutti. Noi riusciamo ad esportare il peggio dei nostri “modelli” occidentali e, spesso, a portare negatività. Sarebbe importante conoscere l’attuale situazione degli abbandoni, le percentuali vere, e suppongo sia difficile >

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Matteo Tonin wrote:
< Sul sito della Padania (http://www.lapadania.com), cliccando su “cultura/libri”, mi ritorna un “Server Error in ‘/PadaniaOnLine’ Application. The resource cannot be found”. Curiosa coincidenza? >

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Ettore Lomaglio Silvestri (AssSconfiggiamo La Mafia) wrote:
< Dire che intorno a Berlusconi c’è un giro di mafia, è cosa certamente non nuova. Tutti noi abbiamo letto le sentenze del processo Dell’Utri, le testimonianze dei pentiti come Antonino Giuffré, sappiamo di Vittorio Mangano, sappiamo delle minacce a Berlusconi che lui “risolse”, a Milano tramite Dell’Utri. Sappiamo della famosa frase di Totò Riina… >

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Antonio Caputo (segreteria Giustizia e Libertà) wrote:
< E’ in atto un devastante progetto, imposto dalla sola maggioranza di governo, di stravolgimento della nostra cara Carta costituzionale, nata dalla Resistenza e baluardo delle libertà civili e sociali del popolo italiano. Il 25 aprile di un anno fa sul Corriere della Sera Enzo Biagi ha scritto: “il nostro era un grande nome, “Giustizia e Libertà”, un nome che si dice col cuore e che allora faceva sognare giorni migliori”. Per noi, il sogno continua >
Bookmark: www.giustiziaeliberta.org.

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Massimiliano Coccia (Associazione IoStoConFalcone) wrote:
< A Berlusconi non è passata la lombosciatalgia, a Bologna Cofferati nega la piazza ai fascisti, a Roma prima pioveva e adesso è uscito il sole… L’iniziativa di autofinanziamento al Tasso è andata bene, a Locri hanno arrestato gli esecutori dell’omicidio Fortugno e i nostri ragazzi erano in piazza contro le mafie a Napoli, a Foggia, a Locri, a Palermo… E’ proprio un buon inizio per questa primavera che speriamo duri qualche decennio. (“M’illumino” quasi “di immenso”) >

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Marco Ciriello wrote:

Poes ovvero quasi poesia civile

< Un ferroviere fermato per una pura formalità
e poi condotto in questura
da una finestra precipitò, per una banalità
e quella caduta a questa storia diede la stura.

Andando dietro ai suoi pensieri,
è cascato, s’è buttato, disse il commissario
accidentale il tuffo, senza pompieri
né reti, né testimoni, né sudario.

Poi colpito fu il commissario
che di mattina, sotto casa, fu freddato
un colpo dritto in testa da un emissario
si ebbe, e dal potere fu emendato

Così il commissario e il ferroviere
insieme son tornati, da una lapide legati
peccato per il ferroviere e il suo sapere
violato, offeso, e per i suoi resti maltrattati.

La memoria non è divisibile in parti uguali
va rispetta, ricercata, difesa,
il sindaco della città, invece, tali
valori non conosceva, così l’ha offesa.

La lapide cambiò, il testo riscrisse,
finendo per sfregiare di entrambi la salma
– il consenso è la mia ideologia -, così disse
e per restare ancora un po’ sull’onda ruppe la calma.

La verità quella no, mai accertata
nella nebbia della città s’era incagliata
persa, chissà, per non dispiacere
l’animo nobile e industriale del potere >

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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)