Mafiavirus

Le strade e i vicoli di San Cristoforo sono strette, basta affacciarsi al balcone per incontrarsi con il vicino di casa.

di Giovanni Caruso

“Signor Falsaperla come va stamattina?
“Ca semu! arrivai! e sono stanco di stare in casa. Oggi fa na misata che sono in casa”
“Ma non è uscito un po?”
“Ogni tanto, scinnu e mi metto fuori dal portone e guardo la strada, passa qualcuno un saluto con la mano e via!”
“E per fare la spesa?”
“Per fare a spisa ci vogliono i soldi e la pensione sociale dopo dieci giorni finisci.”
“Ho letto, supra u giunnali, che ci sono ragazzi che portano la spesa ai puvureddi, c’è anche un numero di telefono fattu do comuni”
“Si, ma mio figlio mi ha detto che anche nel quartiere ci sunu cristiani, che portano la spesa, non li conosco ma sicuramente è brava genti che vuoli aiutari”


Noi sappiamo che nei quartieri popolari, quelli che conoscete come “degradati”, esiste una grande solidarietà tra i suoi abitanti.
Ma sappiamo pure che esiste la mafia i suoi capibastone.
Ci sono sempre stati, durante le campagne elettorali.
Ogni capobastone ha un certo numero di famiglie e un pacco della spesa si trasforma in voti.
E ve li ricordate i “caf” per le consulenze tributarie? Quelle botteghe-ufficio facevano da “banco alimentare”per raccogliere voti per questo o quel politico di questo o quel colore?
Funziona anche oggi, in tempi di epidemia. La mafia, da buon camaleonte, sa ben cambiare pelle ogni volta che occorre. Ieri la campagna elettorale, oggi il virus. Tutto va bene per reclutare la povera gente, gli ultimi senza santi in paradiso.
Nei quartieri popolari lo stato, ormai fuggito, ha delegato la mafia ad essere “stato sociale”. Lei coglie al volo la miseria umana, che non ha tempo per guardare la fedina penale di chi ti porta la spesa. E gli attacchi a supermercati? Un po’ manzoniano assalto ai forni, un po’ raid organizzati dagli amici degli amici. L’uno e l’altro, probabilmente. Difficile giudicare.
Per la nostra esperienza fatta sulla strada, crediamo in ciò che abbiamo vissuto e ascoltato dai nostri fratelli e sorelle dei quartieri. La chiusura – ad esempio – di una delle scuole più efficienti di San Cristoforo, l’Andrea Doria. Un presidio democratico, culturale e civile, chiuso dalle “istituzioni” dello stato che ha consegnato via Cordai allo spaccio mafioso. E non solo la Doria ma anche piazze e piazzette, scippate ai bambini e consegnate ai clan mafiosi.
E ora, dite voi, “la mafia cavalca il virus”? E che c’è da stupirsi=
La storia è sempre la stessa, uno Stato che se ne va e una mafia che riceve allegramente il bel dono: presenza, “stato sociale”, un pezzo dopo l’altro delle città.
L’azienza-mafia, del resto, crea profitti che non vanno soltanto all’azienda mafia ufficiale. La confindustria, in Sicilia, aveva alla propria testa un “imprenditore” finito dentro per complicità mafiosa.