Lettera alla città

Carissimi amici e amiche, compagni e compagne di un viaggio che è stato meraviglioso,

scusateci se iniziamo in maniera brutale: il Gapa che avete conosciuto, forse fatto nascere e costruito, sostenuto e difeso in tanti anni, è probabilmente morto.

E sapete chi ha ferito quasi a morte 32 anni di lotte, passioni, sconfitte, vittorie, pianti, gioie, frustrazioni, dolori, abbracci, danze, libertà, …? La stessa essenza del Gapa.

Sì, l’essenza che ha contraddistinto un gruppo che ha resistito nel panorama nazionale e ha fatto tante cose senza mai preoccuparsi di fare distinzioni tra soci e non soci, tra grandi e piccoli, tra chi era al Gapa da sempre e chi era entrato il giorno prima. Tutto in un processo decisionale assolutamente orizzontale, partecipato, lento a volte, ma maturo, invidiato da tutti, in cui nessuno era escluso, in cui nessuna era esclusa, anche tra molti litigi la dignità di ognuno non è mai stata calpestata e, se è successo, lo è stato per ardore e incapacità di dialogo e non per calcolo.

Un processo in cui la scelta di progettare ed eseguire i nostri sogni e quindi i nostri progetti cresceva e si alimentava con l’apporto di tutti e tutte. Le differenze erano ricchezza e le decisioni finali, a volte anche travagliate, erano seguite e portate avanti da tutto il gruppo, anche da coloro che magari erano entrati a riunione con altre opinioni.

Ogni gesto, ogni attività, ogni iniziativa era piena di significato e mai fine a se stessa, un significato di libertà, di dignità, di ribellione ai soprusi, alla mafia, agli stereotipi culturali che venivano cuciti intorno alle nostre vite alle vite degli abitanti del quartiere. In un processo pieno di liberazione da catene e dal “tanto sei sempre lo stesso” (riferito a bambini e ragazzi fin troppo presto etichettati).

Ucciso della sua stessa essenza e tra un po’ capirete perché. 

Da dopo il 2010 sono molto cambiate le condizioni e l’umore del gruppo. Una crisi latente. Molti vecchi volontari non sentivano più quella come casa loro e chi restava non è stato in grado di cogliere il malessere e provare a porre rimedio. Tanti giovani si buttavano al Gapa, ma poi ne uscivano perché necessitavano di poter vivere autonomamente e quindi cercavano altrove risorse e progetti (anche all’estero).

Molti ragazzi ad un certo punto hanno chiesto al gruppo di diventare anche uno spazio di progettazione e di esecuzione di progetti per minori, dove loro potevano anche, oltre al lavoro volontario, avere un riconoscimento economico per restare, per non dover scappare.

All’inizio il gruppo intransigente e puro disse di no, poi all’ennesima perdita e constatando che non c’erano più giovani e che i tempi erano cambiati ci siamo rimessi in discussione come gruppo.

All’inizio del Gapa molti di noi eravamo figli comunque mantenuti e protetti e avevamo anche dentro di noi una militanza e una indignazione che ci ha fatto fare cose straordinarie. Ma i tempi erano cambiati. Il gruppo, dopo diverse riunioni, si aprì anche a questa possibilità, restando sempre un gruppo di volontariato, ma per progetti educativi specifici e di qualità cominciava a richiedere piccoli contributi (tutti alla Tavola Valdese che ha sempre sostenuto il nostro lavoro).

La prassi era: sperimentiamo volontariamente un anno, se il progetto è valido, per l’anno successivo richiediamo un contributo. Puntualmente arrivava il piccolo contributo che ha permesso negli anni scorsi a diversi ragazzi e ragazze di pagarsi quanto meno le piccole spese vive (parliamo di circa 300 euro al mese). Tra l’altro il doposcuola classico era ormai un fallimento, venivano pochissimi bambini e l’età media dei volontari si alzava notevolmente. 

Nel 2016 non siamo riusciti a fare neanche il Campo Gapa (forse per la prima volta nella storia). Ma proprio da quella crisi decidemmo di passare noi alcuni giorni insieme e riprogettare il nostro intervento al Gapa.

Nasceva il progetto Scuola e Libertà grazie a un gruppo di ragazze anche con formazione universitaria sui temi dell’educazione. Si sperimentava il progetto con grande successo quello stesso anno 2016/2017 e trovava poi nei due anni successivi il sostegno anche della Tavola Valdese, con l’approvazione di tutti e tutte al Gapa, nessuno escluso.

Nell’ultimo anno il progetto Scuola e Libertà è stato il nostro fiore all’occhiello, progetto che non escludeva il sostegno scolastico, ma puntava molto su un lavoro che partisse dalle emozioni, dalle abilità, dai desideri dei piccoli fruitori. Attività artistiche di circo, giocoleria, fotografia, drammatizzazione, … Sette ragazzi che facevano per ogni ora sottopagata almeno 3 o 4 di programmazione, riunione con la psicologa, riunione di verifica e riprogettazione.

L’esigenza di avere un progetto educativo condiviso era forte, ma non tutti sono stati disponibili a rimettere in discussione i propri metodi, in ogni caso occorreva un metodo comune, ma alcuni si rifiutavano di condividere questi momenti e andavano per la propria strada con contrasti anche sulla condivisione degli spazi.

Intuendo che la situazione avrebbe portato ad una crisi importante, organizzammo delle giornate di riflessione, aiutati da una persona esterna, per condividere obiettivi e metodi di lavoro. Ecco che nel marzo 2018 viene prodotto il nostro Manifesto dei Sogni (che leggerete alla fine della lettera). Manifesto che certificava la voglia di andare oltre il semplice impegno volontario, e di accompagnarlo anche con microprogetti a sostegno di interventi più incisivi e duraturi. Inoltre abbiamo invitato una antropologa belga che ha tenuto un corso di due giorni sulla gestione nonviolenta dei conflitti.

Sembrava tutto risolto. Sembrava.

Invece queste difficoltà di relazioni sugli spazi e sui metodi educativi, anziché risolversi si sono inaspriti e una parte del gruppo ha utilizzato l’alibi della retribuzione come causa di tutti i problemi, e anzichè lavorare insieme per rivedere e risolvere i conflitti ancora non risolti, si è cercato il colpevole per autoassolversi. Risolvere il problema eliminandolo senza discussioni e non affrontandolo. E il problema erano questi sette ragazzi che andavano “eliminati”.

Usando strumentalmente questa scusa, è iniziato dalla primavera del 2019 un attacco velato e non, contro questi ragazzi di Scuola e Libertà che ovviamente non sono stati a guardare e hanno risposto per le rime. Questa escalation ha portato anche a boicottare la raccolta fondi di Scuola e Libertà, promossa nell’estate del 2019 dal Gapa, anche dagli stessi volontari del Gapa che criticavano addirittura i post del Gapa messi da Scuola e Libertà su Facebook. Alcuni soci Gapa invitavano Giovanni Caruso (che al momento è il presidente) a convocare un’assemblea dei soci, ma molti di noi ancora credevamo nelle assemblee aperte e democratiche. 

Ecco che viene organizzata la solita assemblea mensile non formale il 10 settembre 2019. I soci volontari che chiedevano l’assemblea dei soci, con la complicità dolorosa di altri componenti del Gapa, hanno ucciso il Gapa invitando alla riunione genitori, ragazzi, parenti, amici con l’unico obiettivo di processare e condannare i sette ragazzi di Scuola e Libertà. Eravamo circa 50/60 persone (quando nelle ultime riunioni al massimo si arrivava a 10/12 partecipanti). Una santa inquisizione violenta e programmata a tavolino.

Lì il Gapa muore, lì quello che era l’essenza del Gapa diventa il suo assassino, come in una malattia autoimmune.

DOLORE PROFONDO, LACERANTE sia per il GAPA che per le relazioni personali di fratelli e sorelle.

Alcuni di noi andammo via disgustati da quella riunione. I ragazzi mortificati e insultati decisero di sospendere le loro attività al Gapa e di continuarle altrove. Solo alcuni hanno resistito a tanta arroganza rivendicando che quello non era il Gapa e che non avrebbero mai abbandonato la lotta contro questa ingiustizia.

Dopo un paio di settimane, alcuni di noi decisero di rientrare in una riunione e condividere tutto il dolore per quello che era successo, invitando il gruppo a fermarsi un attimo e con l’aiuto di un esperto esterno iniziare un percorso riparatore collettivo per capire se c’era ancora speranza di salvare il Gapa. Ma guarda caso due dei maggiori protagonisti della violenza contro questi ragazzi manifestavano ripetutamente sfiducia in un percorso riparatore, ritenendo peraltro di essere dalla parte della ragione, e invocavano un’assemblea dei soci, criticando Giovanni Caruso nel suo ruolo di presidente per non averlo ancora fatto.

Giovanni Caruso ha deciso quindi di convocare l’assemblea e di farlo, dopo gli eventi del 10 settembre, rifacendosi a regole chiare che in un momento così complicato garantissero il funzionamento dell’associazione. La ricostruzione formale molto difficoltosa fatta da Giovanni Caruso dei soci del Gapa ha portato ad un elenco di soci che ad un’altra parte del gruppo non va bene. Questi ultimi ritenevano che i 7 ragazzi non fossero più soci in quanto avevano preso soldi.

Dalla lettura del nostro statuto e dal parere legale verbale di un avvocato del CSVE (Centro Servizi Volontariato Etneo), Giovanni ha avuto conferma che i 7 ragazzi sono soci ed ha pertanto convocato l’assemblea, attenendosi a questo elenco di soci ritenuto valido. La contestazione di questo elenco da parte di quel gruppo ha di fatto paralizzato l’associazione.

Quindi il conflitto non è tra chi vuole un Gapa di solo puri volontari e un altro a scopo di lucro (accusa che ci viene lanciata). Il conflitto riguarda una questione di giustizia, per difendere sette ragazzi soci che hanno ricevuto qualche gettone di presenza con l’approvazione sempre di tutto il gruppo (esistono verbali di vecchie riunioni in cui tutti erano d’accordo a presentare progetti alla Tavola Valdese o a essere partner di progetti finanziati).

Come finirà? Sarà un giudice a decidere? Sicuramente il Gapa come è sempre stato non sarà mai più.

Quindi non cercate più il Gapa come è stato sempre, avrà forme nuove: o diventa, come è allo stato, un circolo sportivo-ricreativo (tanto l’importante è divertirsi) o, come speriamo, qualcosa di diverso e ancora da ricostruire se la resistenza di alcuni di noi non lo abbandona.

Con rabbia, indignazione, tristezza, e resistenza
un caro abbraccio
Giovanni Caruso
Toti Domina
Clara Sposito
Elena Majorana
Ivana Sciacca
Elania Lo Re

Giulia Ruta
Valeria Cariglia
Soemia Ira
Maria Elena Rubino 
Andrea Arena
Giorgio Laganà


Manifesto dei Sogni

G.A.P.A. – 25 Febbraio e 28 Marzo 2018

Tronco dell’albero: sogno generale

Il GAPA…
Uno spazio libero senza confini, per costruire ponti con la gente del quartiere e con nuove persone ed associazioni della città e non solo, per lavorare ad un progetto comune.
Un progetto che conduca ad una felicità collettiva, passando attraverso la giustizia sociale, le pari opportunità e la valorizzazione della diversità.
Un progetto che sia alimentato da nuova spinta giovanile e che parta realmente dalle esigenze del quartiere e dei suoi abitanti.
Il sogno è di realizzare una Casa di Quartiere, un luogo che tutte e tutti possano sentire proprio.

Branchia: Educazione

Il GAPA diventi una scuola (Eskolè: svago per la mente): un ambiente emotivamente e fisicamente sicuro e divertente, nel quale la didattica sia incentrata sui bisogni dell’individuo e sulla ricerca; nel quale, tramite progetti educativi, si forniscano strumenti emotivi, cognitivi e relazionali a sostegno dell’autoeducazione permanente.

Branchia: Lavoro

Creare dal basso opportunità di lavoro, da intendersi internamente ed esternamente all’organizzazione del GAPA, nel rispetto dei principi sanciti dalla Costituzione.

Generale (cosa vorrei)

  • Il Gapa diventasse un posto in cui viene garantita la possibilità di imparare, di scoprire e di crescere indipendentemente dalle proprie possibilità economiche e dalla propria classe sociale. Un luogo dove potersi formare, conoscere e successivamente poter realmente scegliere con consapevolezza
  • Fossero abbattuti i confini ed i muri. Diritto alla felicità collettiva ed abbattimento dei micronazionalismi (sigle delle varie associazioni). Essere così forti nella collettività che con una risata possiamo spogliare il re (potere oppressivo)
  • Fosse creata una rete con le famiglie del quartiere, coinvolgendole nelle attività, aiutandole (stare vicino alle famiglie), creando spazi permanenti ed eventi con cadenze regolari
  • Venissero moltiplicate le attività dentro il Gapa grazie all’aggregazione di nuove persone.
  • Venissero ripristinati i contatti con le persone che hanno lasciato il Gapa
  • Venisse realizzato un progetto o attività capace di includere tutte le “anime” del Gapa (volontari, ragazzi/bambini e soprattutto le famiglie).
  • Venisse creato un progetto che parta dalle esigenze del quartiere e dei suoi abitanti in cui il Gapa sia il centro catalizzatore
  • Le nuove forze, la nuova spinta giovanile possa essere sempre più forte, motivata e presente e capace di prendere in mano il sogno del Gapa (passaggio)
  • Tornassero i ragazzi/e ed i bambini/e
  • Il Gapa ritornasse nel quartiere, che possa essere conosciuto ed arrivare anche in luoghi della città dove ancora non è conosciuto
  • Fosse pieno di ragazzi/e e bambini/e, che cresca anche attraverso la contaminazione di nuove realtà associative e persone che vivono al di fuori del quartiere
  • Il Gapa fosse aperto in momenti diversi della giornata (più a lungo possibile)

Educativo

  • Fosse ridato vita al doposcuola avendo più insegnanti e studenti
  • Il Gapa diventasse un punto di ricerca e crescita sul metodo del Circo sociale
  • Venisse attivato il doposcuola serale (per abbattere l’analfabetismo che sta crescendo nel quartiere)
  • Il Gapa diventasse una scuola
  • Venisse attivato un progetto di sensibilizzazione rivolto al rispetto e difesa degli animali
  • Il Gapa potesse offrire sostegno scolastico e ricerca attraverso la biblioteca e le nuove attività
  • Realizzato un Cineforum di informazione

Ludico – ricreativo

  • Si avviasse un gruppo di scrittura autobiografica (insegnare ad ognuno ad “autoraccontarsi”). (Raccogliere, conservare racconti sul vissuto del quartiere. Fermarsi, raccontare la propria vita per ritrovare un significato di senso da cui ripartire ed andare avanti attività di gruppo per la storia del Gapa e del quartiere, utile per un lavoro sull’autostima… “Le storie sono curative dei vissuti feriti”)
  • Si riprendesse il teatro e venisse portato lo spettacolo del Gapa al Palazzo della Cultura
  • Venisse avviata l’arena all’aperto (film da ridere!)
  • Si costituisse un Comitato per organizzare feste di autofinanziamento
  • Venisse creata una compagnia teatrale
  • Le famiglie del quartiere possano sentire il Gapa come una casa attraverso attività anche molto semplici di socializzazione
  • Venisse rilanciato e riprogrammato il corso di sartoria (per assicurarsi più presenze e più costanza, partecipazione ed entusiasmo da parte delle persone)
  • Si ritornasse a fare teatro, musical, spettacoli
  • Aumentassero i momenti per stare insieme, momenti di condivisione o di semplice divertimento, ed affrontare lavoro e difficoltà (vivere il Gapa insieme, ed insieme alla propria famiglia)

Lavoro

  • Venisse creata un’attività economica basata sulla differenziata (per dare lavoro a tutti nel quartiere per risolvere il problema della disoccupazione…. S. Cristoforo esempio di riscatto a partire da un problema che in tutta la città non si è riusciti a risolvere)
  • Si facesse in modo che tutte le attività (es. sartoria) possano formare e creare lavoro partendo dall’aggregazione; che attraverso lo sport i ragazzi/e possano emanciparsi, viaggiare, conoscere portando con sé la propria arte e la propria passione (uscire dalla povertà, disoccupazione e crescere liberi!)
  • Venisse avviato un progetto di trattoria sociale (bar, casa del popolo…)
  • I formatori lavorassero in progetti retribuiti e creassero (ed esportassero) un metodo di lavoro confrontandosi e progettando insieme, valutando i risultati ottenuti

Creare bellezza – casa

  • Venisse piantato un gelsomino nel cortile e posizionata una panchina
  • Fossero realizzati dei murales (lasciare il segno nel quartiere)
  • Il cortile venisse abbellito