Sii sognatore e non eroe

A 22 anni dalla Strage di Capaci

di Miriana Squillaci, illustrazione Mauro Biani

“Ediciamolo una volta per tutte che noi siciliani la mafia la vogliamo. Ma non perché ci fa paura, perché ci dà sicurezza, perché ci identifica, perché ci piace. Noi siamo la mafia.”

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Queste parole, pronunciate da Salvo Vitale a Radio Aut la notte della morte di Peppino Impastato, mi vengono in mente tutte le volte che attraverso il centro storico di una città siciliana. Avete presente quelle strade piene di turisti tedeschi in sandali e calzini, di anziani seduti nei gradini della cattedrale, di bambini che si inseguono o vanno in bicicletta? Si, proprio nel cuore palpitante delle nostre città io mi rendo conto che la mafia ci piace e ci identifica.

Lo capisco quando, guardando le vetrine dei negozi di souvenir, non vedo un pupo siciliano, una ceramica di Caltagirone, una statua in pietra lavica ma una maglietta del padrino, un grembiule raffigurante un uomo con coppola e lupara, una scimmia con sotto scritto “non vedo, non sento e non parlo”.

La mafia “non ci ha invaso”, l’abbiamo e continuiamo a sceglierla ogni giorno e facciamo di essa, quasi orgogliosamente, il nostro simbolo.

“Ma cosa è questa mafia?” dice uno dei personaggi del film I Cento Passi. Mi vergogno, ma non sono sicura di conoscere la risposta. Prima di essere un’organizzazione criminale, un fenomeno storico- culturale, un modo di pensare, qui la Mafia è tabù! Forse per questo in 16 anni di formazione scolastica me ne hanno parlato si e no 3 volte e hanno sviato l’argomento infinite volte; non mi hanno mai fatto osservare un minuto di silenzio per le sue vittime e mi hanno parlato solo di eroi, personaggi fuori dal comune, capaci di rinunciare alla propria vita per combatterla. Come a dire “non tutti possiamo farlo, l’antimafia è una cosa da pochi”.

Eppure più rifletto e più mi rendo conto che l’antimafia non può e non deve essere per pochi. Un solo negoziante che denuncia il pizzo o si avvicina ad associazioni come Addio Pizzo non è abbastanza. Un blitz l’anno in quartieri come San Cristoforo, Librino, Picanello, non arginerà lo spaccio di droga. Non parlare ai nostri nipoti, figli, studenti, della mafia, non li metterà in salvo ma li renderà schiavi. La mafia infatti, si nutre dei nostri silenzi, della nostra indifferenza, della solitudine a cui abbandoniamo “gli eroi”.

Probabilmente nessun Falcone, nessun Borsellino, nessun Peppino Impastato, nessun Don Padre Puglisi, nessun Pippo Fava, nessun uomo della scorta o testimone che sia, sarebbe morto se non fosse stato lasciato solo, isolato dal resto dei siciliani e italiani che rifiutano l’appellativo di “mafioso” ma che poi si girano dall’altra parte e abbandonato da uno Stato che forse temeva il loro agire più che la mafia stessa, perché uomini onesti, perché portatori di verità (e la verità è sempre rivoluzionaria, diceva Gramsci), perché sognatori…

Io ho smesso di credere alla storiella degli eroi, degli uomini eccezionali, del coraggio privo di alcun dubbio. Credo, invece, che questi uomini, che abbiamo abbandonato in vita e che ricordiamo in morte solo nella ricorrenza del loro omicidio, non siano eroi, non siano fuori dal comune ma siano semplicemente sognatori! Uomini onesti, con il desiderio di vivere in una terra libera dall’oppressione, dall’ingiustizia, dalla disuguaglianza, dalla schiavitù a cui senza accorgercene la mafia ci sottopone ogni giorno.

E se chi sogna è un eroe, cosa succede a tutti gli altri? Dove sono finiti i loro sogni? Come andrà avanti il nostro Paese? Non possiamo vivere di sola disoccupazione, di solo disimpegno, di sola paura, di sola fuga. Abbiamo bisogno dell’antimafia, che sia sociale, che sia giovane, che sia vera!

Abbiamo bisogno che venga fatta da molti e non da pochi, perché siamo sicuri che solo l’unione fa la forza e che solo la consapevolezza, la conoscenza del fenomeno mafioso, ci aiuterà a liberarci dalla schiavitù a cui la mafia ci sottopone ormai da più di un secolo.

Oggi è il 23 Maggio 2014. Sono trascorsi 22 anni dalla Strage di Capaci, 22 anni dalla morte, non di un eroe ma di un sognatore. Per questo non voglio ricordarvi come fu ucciso ma voglio dirvi il perché, voglio ricordarvi il suo sogno, affinché il suo sacrificio non sia stato vano, affinché tutti possano sapere che per essere grandi uomini, per fare la differenza, non servono gesti eccezionali, ma sogni condivisi.

“La mafia non è affatto invincibile. È un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio, e avrà anche una fine.

Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni”.