San Libero – 63

Il presidente Ciampi ha convocato, in vista del prossimo Conclave, i cardinali Sodano, Echevarray, Ratzinger e Re. A ciascuno di essi ha chiesto se, in caso di elezione, intende rispettare le leggi dello Stato italiano. Alla fine ha emesso un comunicato.


Tormentone. Contessa Vacca, conte Agusta, e dintorni. La famiglia Agusta, in realtà, non è contata fra i conti. Il vecchio Agusta, fabbricante d’armi, ebbe in premio la contea per benemerenze “patriottiche” (unte da bustarelle) sotto il fascismo. In più, per favore speciale, gli fu concesso dal duce di aggiungere una “u” al cognome. Sotto la Repubblica, gli Agusta continuarono a trafficare armi. Il loro principale cliente, a un certo punto, fu l’ex Scià di Persia, Reza Palhevi. L’uomo di collegamento fra l’Agusta e Palhevi, diciamo così il commesso viaggiatore, era il signor Savoia (Vittorio), regolarmente iscritto – come tutti i trafficanti d’armi italiani e argentini dell’epoca – alla P2, e come tale firmatario di dichiarazioni abbastanza servili nei confronti del signor Gelli.
Il conte Agusta attuale, nella storia della politica italiana, ha un suo posticino per essere stato, ai tempi della vecchia Milano, il mentore politico (in senso molto ampio) del signor Craxi; ne rimase, in questa veste, uno dei più influenti consiglieri, specie in materia politico-economica (in senso ancora più ampio di poco fa).
I denari accumulati all’estero da quest’ultimo (a beneficio non suo pesonale ma del partito: anche se su questo particolare si discute, con minacce reciproche, fra gli aspiranti eredi del signor Dantes) furono a un certo punto affidati, con esiti non felici, ad uno dei conviventi della contessa Agusta, il signor Raggio.
La signora contessa si è suicidata, o è accidentalmente caduta, o ha subito gli effetti di una dose di droga, o è stata spinta dal maggiordomo, o insomma è deceduta in qualsiasi modo che non sia l’assassinio professionale e premeditato, esattamente nel momento in cui il partito del signor Di Tacco, e soprattutto i suoi denari, diventavano materia di aspro dibattito nel mondo politico (in senso tanto ampio, stavolta, che nemmeno l’immaginiamo).
Non leggerete nulla di tutto questo sui giornali italiani. Su quelli stranieri sì. Come mai?


Dieci anni fa di questi tempi si occupavano le università in tutt’Italia, ed era il movimento della Pantera; il nome saltò fuori, per metafora, da un animale che era scappato esattamente in quei giorni da uno zoo e si aggirava, libero e inafferrabile, per il paese. Fu l’ultimo movimento studentesco in Italia prima dell’ibernazione. “E per concludere – proclamò in assemblea uno del movimento, uno dei più feroci autonomi napoletani – voglio ringraziare mio padre e mia madre che hanno fatto tanti sacrifici per farmi studiare”. Venne giù la sala per gli applausi. A Palermo i ragazzi fecero una dettagliatissima inchiesta, durata parecchi mesi, sui rapporti fra baroni ed affari. “Sono orgoglioso di essere palermitano”, diceva una grande scritta a Lettere a Roma, ed erano gli anni in cui Borsellino e Falcone erano ancora vivi. La scalinata di Architettura, a Valle Giulia era tappezzata da vignette di una decina di giovani disegnatori, per lo più in stile Andrea Pazienza. A Camerino c’era assemblea permanente. Alla Sapienza, bellissimi murales riveriani, di quelli che i posteri non vedranno mai perchè poi arrivò lo spazzolone e la calce.
Antonio, Roberto, Rossella e Barbara a Palermo, Sara e Francesca, e Massimiliano, a Roma, e la Cristina a Padova, e Cinzia e Gianni e quel pazzo di Luca ed Alessandra a Torino… I ragazzi che venivano a Roma per le assemblee molto spesso dormivano, su un sacco a pelo qualunque, nei corridoi del mio giornale di allora (che poi se ne andò in malora, qualche anno dopo, per essersi dimenticato di queste cose). La “linea” del movimento, chiamiamola così, era contro la privatizzazione dell’università e per la difesa del libero sapere; allora i ragazzi volevano ancora bene, e quella fu l’ultima generazione, all’università e alla cultura. Ma quel che veniva a galla, in realtà, è che c’era una nuova classe dirigente, allegra e seria, brava a far casino ma brava anche a lavorare, che era pronta a venire a galla, e a fare qualcosa di buono per il paese.
Erano esattamente gli anni del cambiamento: Forlani e Craxi erano mummie ambulanti, anche se si credevano ancora vivi, e nel gran carnevale dell’Italia da bere (la rudimentale, sfrontata, terzomondara corruzione di quegli anni) il pendolo suonava già la mezzanotte, anche se a sentirlo allora erano davvero pochi. Cosa sarebbe venuto dopo? Ecco, per un paio di anni, il dopo ha oscillato fra due opposti “dopo”: il “dopo” dei gattopardi, dei Berlusconi, dei D’Alema, dei Sedara, e il “dopo” della primavera di Palermo, di Borsellino, della Pantera…
Basta, chiudiamola qui sennò mi debbo mettere a bere. Due cose solo, e poi la smetto di romperti le scatole con questa storia. Una: dei ragazzi della Pantera palermitana, quella da cui nacque tutto, e che erano i più fricchi e i più allegri e anche i più riflessivi – ed io li conoscevo tutti, nel loro momento più splendido, uno per uno – di questi ragazzi ben tre si uccisero, negli anni dopo, in mezzo alle vite arenate e all’emarginazione. Due: un ragazzo di architettura, tre giorni fa, un ragazzo simpatico, uno di quelli che ogni tanto ci provano, a ragionare. A domanda risponde: “Scusa, ma che cosa sarebbe questa Pantera? Io non ne ho mai sentito parlare”. In una giornata limpida, di precoce primavera, dieci anni dopo.


Mafia. Il presidente del Venezia Calcio, Zamparini, in rapporto col prestanome del boss mafioso Provenzano per fare un ipermercato a Cinisi. Zamparini mafioso? No. Ma l’essenza del potere mafioso (e di chi lo rende possibile), al di là del folklore, è esattamente questa.


Sui muri di Roma (in via Sistina). “Sò finite vacche grasse/ sò venute vacche magre/ sò venute vacche pazze/ e alla fine er bove scemo/ er Berluscone”.


Nei tribunali di Milano. Dopo consiglieri, consiglieresse, uomini ‘afari e uomini di panza vari, gli sbirri communisti hanno trascinato a viva forza in tribunale lo stesso Formigoni medesimo in persona, per interrogarlo su storie di banche e fondazioni. Una moria così, in un’amministrazione locale, non si vedeva dai tempi di don Vito Ciancimino, all’altro capo d’Italia. Forza Milano.


Cafè. Bossi invitato a Napoli a prendere il caffè nella federazione napoletana di An. E questi se ne vantano, anche.


Titoli. “Infermiera massacrata/ Preso il rumeno”.


Strano. Crollo degli ascolti per “Survivor”, l’ultima trovata bischera di Mediaset (tarriconaggini su isola deserta). Che gli italiani stiano cominciando a collegare il telecomando al cervello?


Fatto apposta. Lo sfidante italiano all’Americàs Cup è napoletano, ha i baffi, si chiama il signor Onorato (“in italiano nel testo – ndt”) e la sua barca è il Mascalzone Latino: esattamente il “dago” dei film anni Cinquanta, e probabilmente a un certo punto gli faranno cantare un’aria d’opera con accompagnamento di mandolino. Immagino che Bush abbia preteso uno sfidante su misura.


Vita militare. “Punisco il caporale Winterton perchè contrariamente a regolamento teneva ostinatamente sbottonati primo, secondo, terzo et quarto bottone di uniforme mimetica regolamentare, esponendo pertanto alla pubblica visione la prima e la seconda tetta (dx et sx) di cui il caporale suddetto risulta essere dotato”. Roberta Winterton, arruolata in un reggimento di fanteria britannica, adesso è indecisa se continuare a fare il soldato oppure (dopo il successo del suo topless sulla copertina del tabloid) la modella.


Gustizia. Chiedono il trasferimento trentotto giudici dal tribunale di Santa Maria Capua Vetere in Campania, uno dei più abbandonati d’Italia. Camorra imperversante, mezzi e uomini insufficienti. Stavolta non è un trasferimento di protesta, ma proprio una fuga per salvarsi la pelle.


Giustizia. Il giudice siciliano Giuseppe Gennaro, presidente dell’Associazione nazionale magistrati, ha avuto delle polemiche con Berlusconi, che ogni tanto si compiace di esprimere opinioni alquanto libere sul livello morale dei magistrati italiani. I giornali di Berlusconi (Panorama, per esempio) dunque lo attaccano, con dei fondini anonimi più o meno di questo tenore: “Gennaro, nell’89, al comune votava per il candidato communista Franco Cazzola”. Communista, persecutore, nemico. Ed ecco perchè ce l’ha con Berlusconi.


Italia. Realizzato il 69 per cento delle opere finanziate dall’Europa nel Sud d’Italia. I comuni, evidentemente, funzionano meglio di prima.


Francia. Il consiglio municipale di Mutiers-Hubert, (Calvados) ha messo in vendita la “mairie du village”, sperando di ricavarne il mezzo milione di franchi che gli manca per finanziare le riparazioni della rete elettrica, danneggiata dalla tempesta del novembre 99. Il mio francese non è granchè, così non sono riuscito a tradurre tutto. Mi dite che cos’è la “mairie”? Il sindaco o il municipio? Se stanno mettendo all’asta il sindaco, sono davvero bravi e meritano la cittadinanza italiana ad honorem.


America. Convenevoli. “Beh: cosa si bombarda di bello, oggi?”.


Cronaca. Roma. Un altro immigrato ucciso da un pirata della strada che l’ha travolto ed è fuggito senza fermarsi a soccorrerlo. È avvenuto sull’Aurelia e la vittima stavolta è un rumeno sulla trentina, ancora non identificato. Repubblica ne dà notizia con esattamente 6,5 righe.


Cronaca. Il ragazzino di Foggia che, disperato perchè il papà e la mamma si volevano lasciare, s’è buttato giù dal balcone al secondo piano però è caduto in piedi e non s’è fatto niente. Genitori in lacrime, riappacificati, uno accanto all’àtro vicino al suo lettino in ospedale. E tutto questo, pensate un pò, senza spot dentro.


Cronaca. Il ragazzino di Napoli che, a diciassette anni, è stato ammazzato come un boss mafioso, da un killer con la pistola mentre usciva da un bar notturno, a mezzanotte. Ed era un giovanissimo boss, a quanto sembra, in realtà.


Cronaca. Il ragazzino della cintura torinese catturato e torturato perchè gay, o presunto tale, dai naziskin. E quelli – poco più grandi di lui – che l’hanno allegramente torturato.


A un giovane giornalista. Caro D., io non so se Lei mi sia ancora caro; temo di sì; di certo, provo per Lei del disprezzo. Trovo che sia una scortesia, da parte Sua, costringermi a disprezzare uno dei miei ragazzi. Lei non crede?


Saffo saphos@lsb.org > wrote:

< Coglieva dolcissima i fiori
una ragazza – io la vidi… >