San Libero – 333

16 maggio 2006 n. 333

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Beh, è un po’ di tempo che non ci sentiamo. Il motivo, come avete capito, è tutto il lavoro che c’è stato da fare per Casablanca. Poi l’ondata di stanchezza che è arrivata subito dopo tutta in una volta. Infine il continuo rimandare, nella speranza di raccogliere meglio le idee, di fare un riepilogo serio e completo, ecc. Forse è meglio provare a buttar giù ora le cose più importanti, alla rinfusa. Parliamo di Casablanca, ma se ci pensate bene in prospettiva parliamo di molte altre cose.

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La situazione. Il giornale è in edicola a Catania e dintorni e sta vendendo bene. Sono 40 pagine a colori, formato rivista, più o meno come il vecchio Avvenimenti (con meno pagine). Le copie per Palermo sono partite poco fa, non c’erano soldi per la distriibuzione. Messina part domani. Una serie di città siciliane sono più o meno coperte.
A Roma ne abbiamo mandato un po’ di copie, la maggior parte delle copie per il “nord” (cioè da Villa San Giovanni a Oslo) partono ora. Comunque, abbiamo stampato molto poco (sulle cnquemila) perché non c’erano soldi per stamparne di più. In generale, ci fidiamo pochissimo della distribuzione in edicola (la Sodp l’altro mese ha senz’altro sospeso quella del Mucchio Selvaggio prché non le piaceva la copertina). Così la maggior parte delle copie viaggeranno – come si diceva una volta – per “diffusione militante”. Copriremo una libreria per città,  via via che le sceglieremo. Sul numero due, che esce verso il 10 gigno, copriremo in edicola un’altra decina di città, allargandoci di tre-quattro città a numero. Ma la distribuzione principale sarà sempre militante e in libreria.

“Che cosa posso fare per Casablanca?”. Le seguenti cose:
– intanto, scrivici se vuoi dare una mano;
– aspetta di ricevere l’elenco dei “simpatizzanti” della tua città;
– telefonatevi fra di voi;
– organizzate una riunione;
– se formate una redazione locale e fatecelo sapere.

A che serve la redazione locale?
– a mandare notizie;
– a scrivere pezzi (inchieste e cose concrete, non elzeviri e “signora-mia”; i migliori pezzi sono quelli collettivi; non “fate i giornalisti”, scrivet come parlate;
– a scegliere la libreria (o le librerie) in cui deve arrivare il giornale;
– a spingerla, monitorarla, ecc.;
– a organizzare la diffusione (a scuola, all’università, per la strada, al centro sociale, in chiesa: non al Rotary club, di cui spero che non facciate parte);
– a organizzare presentazioni e cose del genere;
– e insomma ci siamo capiti. In realtà non stiamo facendo un giornale ma un partito. Anzi un movimento. O meglio, una società. Un mondo nuovo. Un… un qualcosa che non sappiamo ancora cosa sarà, certo *non* un giornale, *non* un partito, non qualcosa del secolo scorso. Stiamo insegnarando (insegnare/imparare) una strada nuova, tutti insieme. Siamo molto superbi per il 25 per cento delle cose (che sappiamo meglio di tutti) e molto ignoranti per il restante 75 per cento che dobbiamo pazientemente ignorare). Non siamo persone importanti e non facciamo una professione ma un mestiere.
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Casablanca è un giornale piccolo, e anche Avvenimenti o l’Alba o i Siciliani lo erano. Però è un giornale di alta qualità. Anche questo fa parte della tradizione. Chi ha visto il numero uno – che in realtà sarebbe un numero zero: ma non potvamo permetterci di sprecare un numero –  può testimoniarlo facilmente, e per noi non è una sorpresa. All’alta qualità si arriva facilmente, è alla portata di tutti: chiunque può riuscire facilmente a fare un ottimo paio di scarpe, purchè abbia la pazienza di provare e riprovare per tutto il tempo necessario: alla portata di tutti. Da noi chiunque può diventare un ottimo giornalista, ma i pezzi si riscrivono (sempre) almeno due o tre volte. Il record, mitico, è di 14 riscritture. Questo non è solo mestiere, è anche Politica: far bene il proprio lavoro.

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Rispetto alla Catena, la novità è che Casablanca è su carta (non solo, ma intanto). Rispetto ad Avvenimenti (vecchio), ci sono due novità tecniche grosse: Una: intanto ora c’è l’internet, perciò il giornale si appoggia ad esso; ora con la catena, poi con un sito, in estate con altre novità. Due: questo sarà, dal prossimo numero, il primo magazine (non specialistico) italiano interamente lavorato in Linux. Qusto non è solo un fatto tecnico, è un fatto politico e di quelli grossi. E’ come se provassimo a fare l’Orient Express, ma con una locomotiva prodotta dal Sindacato Macchinisti e su binari di proprietà del popolo. Mica poco, specialmente se riusciremo non solo a viaggiare in orario ma anche a garantire il perfetto sevizio ristoro (Beluga e Veuve Cliquot) che veniva offerto, ma a prezzi terrificanti, sull’Orient Express imperiale.

E poi? La lavorazione è stata ottima, c’è stata (con mia sorpresa: invecchio) non solo buona volontà ma anche proprio “professionalità” (orribile parola, la uso solo per farvi capire) e competenza. Sono stati commessi solo errori minori, il peggiore il mio che ho dimenticato di mettere nel cast il nome del Teknè-Wizard (facciamo cose nuove, e purtroppo i nomi vecchi a volte sono insufficienti), Shining. Per il resto, solo piccoli problemi. Abbiamo anticipato di ben nove giorni sui tempi di lavorazione originari e questo, detto fra noi, non è alla portata di tutti.

Bene, questo è tutto per ora. Rileggetevi Kapucinskij (uno a scelta), i 49 racconti, lo Yankee alla corte di Re Artù e la Lettera a una Professoressa. Là dentro c’è tutto, sia tecnico che politico (beh, per prudenza un’occhiata anche ad Animal Farm) così non avete bisogno di altre chiacchiere mie. Fatevi sentire, e a presto.
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(E la politica, e Berlusconi, e Napolitano e il governo e il resto? Non abbiamo tempo ora, c’è un sacco di politica ancora più urgente da fare – *questa* è la politica principale, fare i giornali e fare rete e il resto. Naturalmente, ricordatevi di votare Rita se siete siciliani, e se non lo siete di fare il tifo lo stesso: non è una faccenda siciliana e basta, come non è siciliana e basta la mafia. E ora si va a stringere tutto).
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(Una cosa bellissima, nel terminare questa lettera e nel mandarvi i saluti, è che almeno una cinquantina di voi in questo momento state già facendo qualcosa di specifico per Casablanca, e che di questi cinquanta la maggior parte, nell’anno in cui si fondò i Siciliani, o andavano all’asilo o non erano ancora nati. E adesso state studiando per farmi da maestri).

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Per farsi un’idea di Casablanca (sito provvisorio):
http://www.casablanca.motime.com/

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I pirati salvano la BBC. Che cosa succede quando negli archivi di una televisione di Stato vengono cancellati per errore alcuni filmati che hanno fatto la storia del piccolo schermo? La soluzione e’ semplice: si chiamano a raccolta i pirati di tutto il mondo per riempire i “buchi” della memoria storica. E’ questa la strada seguita dalla British Broadcasting Corporation per ricostruire l’archivio completo del telefilm-culto “Doctor Who”, un classico della fantascienza che era stato cancellato dall’archivio della BBC nel nome delle implacabili leggi del copyright: una volta raggiunto il numero massimo di repliche consentite dal diritto d’autore, le puntate del telefilm venivano cancellate intenzionalmente. Ma per fortuna ci sono stati dei telespettatori che a suo tempo avevano deciso di violare la legge, registrando le puntate del telefilm “scomparso” usando registratori audio a bobine o a cassette, e filmando il proprio televisore con cineprese da 8 mm, perche’ alla fine degli anni ’60 i videoregistratori domestici non esistevano ancora. Nel Regno Unito tutto questo era illegale all’epoca, e formalmente lo e’ tuttora. Nell’accorato appello lanciato dall BBC ai pirati di tutto il mondo, si chiede di “controllare nelle soffitte, nei garage, e nelle camere da letto per gli ospiti se hanno vecchie bobine di pellicola che potrebbero recare la magica scritta ‘Doctor Who’ sull’etichetta”. E le puntate sono puntualmente riapparse, perfino in posti impensabili come il Bahrein o Hong Kong.[carlo gubitosa]

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C’era una volta un lupo. C’era una volta un lupo, era vecchio e sapeva che prima o poi se ne sarebbe andato, avrebbe ceduto il suo ruolo a un altro e costui avrebbe guidato il branco nella notte. Era molto triste, sapeva che la sua vita era quasi finita, i suoi figli se ne erano andati e la sua lupa era morta già da tempo. Sarebbe morto solo, come capita ai vecchi lupi che proprio per questo si dicono solitari.

La terza alba che impallidì la luna il lupo lasciò il branco mentre dormiva e salì sulla collina, e poi un’altra e poi un’altra ancora in cerca del posto in cui morire, com’era triste penserete voi, e invece no, perché cammina cammina incontrò i suoi due figli: il primo era un bel capo, giovane e forte, e tutti gli invidiano la moglie che era bella e forte pure lei, il secondo lo stellario, che nei branchi è colui che conosce le foreste attraverso le stelle.

Il vecchio lupo non si fece vedere, sorrise come solo i lupi sanno sorridere e andò avanti, andò così avanti che si stancò e decise di fermarsi, aveva anche fame, ma non predò niente che tanto il suo tempo era ormai breve e uccidere una pecorella giovane non era proprio il caso; non era un lupo generoso lui, in vita aveva fatto tremare la vallata e gli altri branchi quando il suo era a caccia non osavano avvicinarsi.

Com’è noiosa questa storia, viene voglia di concluderla ma arriviamo al mare. Il lupo grigio arrivò al mare, lo guardò e non capì perché gli uomini dicono “vecchio lupo di mare”, quando i lupi stanno a terra.

Così si sedette su uno scoglio e guardò col suo lungo muso nero il mare che andava avanti e indietro e pareva un uomo che prima crea, poi distrugge e poi crea e distrugge e così via e pensò che anche lui aveva fatto così e che in questo gioco continuo era arrivato lì, a vedere la vita. Vicino a lui c’era lo scheletro di una vecchia barca morta già da molto tempo ma ancora in grado di galleggiare, c’era solo la carena poi era tutta distrutta e il vecchio lupo pensò: “Eppure non sono mai stato un lupo di mare, adesso provo”, e con i denti spinse il relitto fino a riva, poi un’onda se lo portò e lui lo seguì per un po’, per vedere se galleggiava, andava benissimo! Allora vi salì, e fu così che divenne un vecchio lupo di mare. [antonella consoli]

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Marcello wrote:

< Fava, Impastato, Francese, De Mauro
tutti furono uccisi, non ebbero riparo.

Avevano osato, con le loro idee, sfidarli:
bisognava inesorabilmente eliminarli.

Chi morì di lupara bianca
e una tomba ancora gli manca

altri morirono di semplice lupara
ed ebbero la fortuna di una bara.

Peppino Impastato lo dilaniò una bomba
ma anche i suoi resti han trovato una tomba.

A tanti giornalisti impartirono la punizione
per cancellare la libertà d’espressione,

ma la libertà di manifestare il pensiero
giammai potrà andare in cimitero >

(Marcello è uno studente di Catania e la sua poesia si trova in “Peppino è vivo, poesie e canzoni per Peppino Impastato”, curato da Salvo Vitale)

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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)