San Libero – 276

21 marzo 2005 n. 276

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Ventuno marzo: primavera, bella giornata per saltare la scuola e anche – fra le altre cose – giorno della memoria per le vittime dei mafiosi. Ma a me la parola “vittime” non è mai piaciuta: quasi tutti quelli che sono stati uccisi in realtà non sono stati vittime impotenti, ma hanno lottato coraggiosamente contro il potere mafioso. Perché è stata una lotta, ed è una lotta tuttora. Commemoriamo quanto ci pare e piace, magari con sindaci e presidenti, ma non rassegnamoci a niente: lottiamo.

Perciò vorrei farti leggere ‘sta roba di venti anni fa. Fabio (l’autore del primo volantino) ora è uno grande, ma a quell’epoca era un ragazzo come te. Ce n’erano un sacco così, in Sicilia e altrove. Questo numero della Catena è dedicato a loro, ai militanti antimafiosi.

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SicilianiGiovani/ Volantino per un’assemblea (primavera ’84)

Anche se non ti promettiamo ricchi premi e cotillons vale ugualmente la pena che tu legga questo volantino e per dei motivi, ne converrai, più che seri: tanto per cominciare è gratis e non è un pretesto per venderti un’enciclopedia; poi perché è stato fatto per te, e da ragazzi uguali a te, più o meno intelligenti, più o meno incavolati, insomma gente come te.

Vogliamo proporti una nuova idea da realizzare insieme: SicilianiGiovani, un mezzo di espressione libero e moderno a disposizione di chiunque voglia dire qualcosa, non il primo della classe, né quelli che salgono sempre in cattedra. Infatti non ci interessa il letterato, l’artista, il politicante, ma tutti quelli che vogliono scrivere, raccontare, disegnare, fotografare anche solo partecipare a qualcosa, esserci, sentirsi vivi e protagonisti, non solo complici della propria vita. E’ una possibilità di opporci a un’esistenza grigia che scorre per inerzia, alla solitudine, alla rassegnazione inutile (ci dicono di non rompere le scatole e starci zitti, e noi ci stiamo? No).
Non dormirci su ancora, vieni se hai qualcosa da dire, da raccontare.
Fabio

Via Reclusorio del Lume (vicino piazza S. Domenico), Facoltà di scienze politiche, Aula A

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SicilianiGiovani/ “Il coraggio di lottare” (1984)

Caro Salvatore (o Antonio o Vincenzo o Roberto, o come diavolo ti chiami), come vedi, io non so nemmeno il tuo nome (forse ci saremo visti qualche volta, in un treno di pendolari o in una discoteca, ma naturalmente senza farci caso) e non so nemmeno che tipo sei, se tipo “ragazzino perbene” oppure tipo punk (a me personalmente piacerebbe di più così, ma questo è solo una cosa mia personale). Non so neppure che cosa stai facendo in questo momento, forse hai trovato il giornale per caso e siccome ora c’è una lezione noiosa te lo leggi sottobanco tanto per passare il tempo; o forse sei sull’autobus o forse da qualche parte con i tuoi amici (neanche tu sai granché di me: bene, sono un giornalista dei Siciliani, ho qualche anno più di te ma non molti, sono triste perché mi hanno ammazzato un amico, ho anche la paranoia che lo facciano pure a me e ne ho paura perché non sono particolarmente coraggioso. Non sono affatto un grande giornalista anzi sono alle prese con problemi molto più grandi di me). L’importante comunque è che tu capisca che io in questo momento non sto parlando al Ragazzo Impegnato, non sto facendo il discorso “simbolico” per dire che in realtà faccio appello a tutti quelli che ecc. ecc. No, io sto parlando proprio a te personalmente, perché ho bisogno di aiuto e non mi fido delle persone importanti. Ho bisogno invece della gente “comune”, quella come te (e come me).

Parliamoci chiaro: io non credo affatto che tu sia particolarmente interessato a tutte queste cose. L’altra volta, anzi, quando c’è stata l’assemblea Contro-La-Mafia (ci sarà stata anche nella tua scuola) tu per un po’ sei stato ad ascoltare tutto quello che dicevano i professori e i tuoi compagni più “politici” poi, semplicemente, ti sei annoiato e te ne sei andato. Siccome era una bella giornata, spero che tu te ne sia anche andato in villa con la tua ragazza.
Tutto questo mi va benissimo. Io non credo molto alle parole, e credo che ognuno debba fare ciò che sente e non quello che dicono gli altri.
Però. vedi, c’è un trucco. Gli altri – cioè le persone importanti, i professori, i “politici” – partono da un punto di vista, e cioè che loro sanno tutto mentre tu non sai un cazzo. E che quindi debbono essere loro a dirti cosa fare. Tanto, tu sei “qualunquista”, uno che se ne frega delle Cose Serie, che pensa solo a farsi la canna e ad andare in discoteca (i giornalisti come me, invece, sono “i ragazzi di Fava”, bravi ragazzi certo, ma un po’ troppo incazzati e un po’ coglioni…). Invece non è così. Tu sai un sacco di cose, solo che non le dici nel loro linguaggio, o non lo dici affatto. Però le sai.

Per esempio sai che la tua vita non è affatto una gran bella vita, che ti annoi: questo non è affatto qualunquismo, è la tua vita. Non c’è bisogno di parole difficili per dirlo. E sai pure che non ti va di continuare così e che intanto devi continuare lo stesso perché non c’è altro da fare, Sai che, nonostante tutte le belle parole, nessuno ti può aiutare a far qualcosa perché in realtà a nessuno gliene frega veramente molto di te: Sai anche altre cose, per esempio che fra un paio d’anni resterai disoccupato come il novanta per cento dei tuoi amici, che fra i tuoi amici ce n’è sicuramente qualcuno che si buca, che tu ancora sei fra i più fortunati perché sei – probabilmente – uno studente e non uno scippatore o un marchettaro (e se lo sei, il discorso vale anche per te). Sai un sacco di cose serie, insomma, ma tu stesso non ti accorgi nemmeno di saperle (non solo gli altri ti considerano un “qualunquista”: sono riusciti a convincere anche te che lo sei), e perciò non contano niente, non pesano. E perciò quelli che sanno parlare continuano a comandare loro, indisturbati: tanto, tu non conti…

Questo è il trucco. Se tu ti rendessi conto di quanto sia importante – e, ma in una maniera del tutto nuova, anche “politico” – anche andare in villa con la ragazza, cercare di fare quello che ti piace, vivere la tua vita come vorresti tu, tutto quanto cambierebbe. C’è stato un onorevole che, poche ore dopo che hanno ammazzato quel mio amico, è venuto fuori con aria arrogante – “la mafia non c’è, ha detto in sostanza, fatevi gli affari vostri!” – a minacciarci. Bene, quell’onorevole in realtà è un debole, è un isolato, perché non ha nessunissima idea della vita reale, della gente vera: al massimo, può fare qualche danno ora, per il potere che ha. Noi invece – tu ed io – siamo molto forti e gli possiamo ridere in faccia perché la vita (la vita di ogni giorno, quella normale, la nostra) la conosciamo, ci siamo dentro, sappiamo che cos’è; ci mancano solo le parole, ma le troveremo (e non saranno mai grandi parole, grandi ideali, faccende da politici: ma parole comuni, normali, quelle della vita di ogni giorno).

Allora, adesso ti faccio la mia proposta. Lasciamo perdere se hai la cravatta o l’orecchino (io, ripeto, preferirei l’orecchino: ma è questione di gusti, ognuno ha i suoi). Queste sono cose secondarie. La cosa importante è che tu vuoi vivere la tua vita, e che ti sei scocciato di quella che ti danno. Come me. Allora dammi una mano. Parole non me ne servono, mi servono poche cose da fare. Poche, ma da farle sul serio, perché noi due – tu, ed io – siamo gente seria, non politicanti. Andare in villa con la ragazza è una cosa seria, e anche fare questo giornale è una cosa seria. Solo i bei discorsi non sono una cosa seria.

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SicilianiGiovani/ Chi siamo (1985)

Siciliani/giovani ha una “politica” molto semplice e chiara, e cioè: primo, schierarsi apertamente contro la mafia; secondo, affrontare liberamente tutti i problemi dei giovani: Quanto alla politica ufficiale, quella dei partiti, non siamo né favorevoli né contrari. Semplicemente, non è il nostro campo; chi vuole affrontarlo, può farlo anche da solo (del resto ci sembra che in questo momento la lotta alla mafia e per una migliore condizione di vita dei giovani siano la cosa fondamentale, senza la quale tutto il resto è poesia).

– Ma allora a che serve Siciliani/giovani?

A dare la parola alla gente, a fare parlare i ragazzi in prima persona, direttamente e senza bisogno di nessuno. E quindi a farli contare nella società. Noi non siamo qualunquisti, non diciamo che tutto è uguale e che non vale la pena di far niente. Però non siamo nemmeno ideologici, vogliamo imparare dalla realtà e dalla gente e non dai professionisti della politica.

– In tutto questo cosa c’entrano “I Siciliani”?

“I Siciliani” da soli possono riuscire a denunciare la mafia, ma non a creare una mentalità antimafiosa. Non si tratta solo di distruggere la mafia, ma anche di costruire qualcos’altro. Questo qualcos’altro non lo possiamo inventare a freddo, ma deve venire dalla gente, e specialmente dai giovani, liberamente e senza prediche inutili. Si tratta di sviluppare al massimo grado la creatività di ciascuno, perché ciascuno è in grado di contribuire e d’altra parte nessuno oggi è in grado di costruire qualcosa di buono da solo. Si tratta in sostanza di capire come si può fare a vivere meglio, non nelle grandi teorie, ma nella realtà di ogni giorno.

– Ma questo è un giornale o un’organizzazione?

Non lo sappiamo ancora, probabilmente può diventare l’uno e l’altra. Ma attenzione: un giornale di tipo nuovo, e cioè assolutamente libero e fatto dalla base; e un’organizzazione di tipo nuovo, senza ideologie fisse e soprattutto senza professionisti, ideologie e leaderini. Un’organizzazione tutta da inventare.

– E come si può fare a mettere in piedi questa organizzazione?

Non ne abbiamo la più pallida idea. A questo dobbiamo pensarci tutti, strada facendo. Finora abbiamo i gruppi di lavoro su argomenti concreti e il collegamento fra gente di varie scuole. Questo non è venuto fuori perché l’ha detto qualcuno, ma semplicemente perché erano il modo più semplice di affrontare le cose da fare. Anche quando si tratterà di organizzarsi in maniera più ampia, bisognerà continuare a seguire questo metodo, e cioé: prima i problemi concreti: a secondo dei problemi, il tipo di organizzazione, senza troppe teorie.

– Si è parlato pure di manifestazioni.

Una manifestazione seria si potrebbe fare, in tutta la Sicilia, per il cinque gennaio: purché non sia una semplice manifestazione ma un modo di ricordare a tutti “tutti” i nostri problemi, da quelli della mafia a quelli della vita quotidiana. Ma anche in questo caso, andiamoci per gradi: prima bisogna che si sia d’accordo tutti e che si discuta fra tutti per tutto il tempo che ci vuole.

– Ma come facciamo a essere certi di non venire strumentalizzati?

Per quanto riguarda noi Siciliani, non abbiamo interessi elettorali, quindi il problema si pone solo fino a un certo punto. Quello che vogliamo fare lo diciamo apertamente e chiaramente, e non crediamo che possa far paura a nessuno che abbia un minimo di buonsenso. La parola “Siciliani” appartiene a tutti, comunque la pensino su tutto il resto, purché siano d’accordo che bisogna eliminare la mafia. “I Siciliani” non è un generale che comanda, è semplicemente una bandiera. Dove portarla, dipende da tutti noi.

– E gli altri?

Per gli altri, non possiamo farci niente. Ognuno ha il diritto di parlare, e noi non possiamo censurare nessuno. Sta a noi ragionarci sopra, scegliere fra le varie proposte e, in caso di contrasti, decidere in assemblea. C’è solo da ricordarci che, in ogni caso, le cose importanti non sono le grandi parole ma i fatti concreti, anche se si notano poco.

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SicilianiGiovani/ Noi e “loro” (1985)

C’è un sacco di gente a cui non sta affatto bene che i ragazzi siciliani stiano allegri, si divertano e cerchino di riprendersi in mano la propria vita. Proviamo a fare qualche nome:
– i mafiosi come Santapaola, Ferlito e Ferrera, che “mantengono l’ordine” (assieme ai vari colonnelli Licata) nei quartieri, ammazzando chi si ribella o si fanno i miliardi con l’eroina;
– i politicanti come Aleppo e Drago, che da un alto danno i contributi ai mafiosi e dall’altro dicono che “la mafia non esiste”;
– i padroni come Rendo, Graci, Costanzo o Finocchiaro, che licenziano gli operai, vanno a braccetto con i mafiosi e poi si incazzano se qualcuno gli chiede da dove vengono tutti quei soldi;
– i giornali come “La Sicilia”, che fanno casino quando trovano un ragazzo con un po’ di fumo, ma di fronte a mafiosi e cavalieri se ne stanno zitti.

La mafia non danneggia le persone importanti, ma va avanti sulla pelle di tutti noi. Allora, ricordiamo quelli che hanno avuto il coraggio di lottare contro la mafia, appoggiamo quelli che continuano a lottare ancora ma, soprattutto, organizziamoci nella nostra vita quotidianamente per non subire prepotenze da nessuno e per vivere come desideriamo noi, non come vogliono gli altri.
E per cominciare, fra un mese tutti in piazza per il centro giovanile autogestito.
Siciliani/Giovani

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Altre primavere. Il 21 marzo viene inaugurato dal prossimo (secondo lui) presidente del consiglio Fini il primo carcere privato italiano, a Castelfranco Emilia. Formalmente non è un carcere ma una “struttura di rieducazione” (anche i campi di concentramento, formalmente, sono “centri di accoglienza”) per tossicodipendenti e la ditta che ha avuto l’appalto è la San Patrignano. E’ un punto d’arrivo: molti anni fa, di fronte all’alternativa fra stroncare il traffico d’eroina (gestito da Cosa Nostra) e perseguitare i tossici, la società italiana scelse la seconda strada. Furono pochi, e per lo più preti, quelli che in quest’occasione mostrarono un minimo d’umanità per i “drogati”. Gli altri preferirono curare le tossicodipendenze a cazzotti “paternalistici” o a galera. Nella comunità di Muccioli si arrivò perfino a un omicidio. Ma ciò non impedì la sua trasformazione in azienda, sempre più manageriale e sempre più riconosciuta dallo stato. Adesso, naturalmente, con uno stato che da un lato vuole arrestare chi si fa una canna e dall’altro si fa di coca nei ministeri, San Patrignano è il modello vincente: di morale, d’umanità, di gestione violenta della gente “strana”. E forse, a poco a poco, anche di società. Un Panopticon quotato in Borsa. Una battuta? Non tanto: in America le aziende carcerarie in Borsa ci sono già.

“Lodeserto? Un perseguitato!” ha detto, con innocente sventatezza, il vescovo o il cardinale di Lecce. Mi dicono che anche altri, vescovi di altre chiese, abbiano preso le difese del responsabile del “centro d’accoglienza”. E che ha fatto, in fondo? Ha impedito di uscire alle “accolte”? Figurarsi: ex puttane. Ha dato qualche manganellata, l’ha fatta dare? Ma quanno cce vo’ cce vo’, signora mia; del resto, se anche l’ha fatto, l’ha fatto per il loro bene.
Infatti. E’ almeno dal Settecento che i poveri non vengono più picchiati se non, illuministicamente, per il loro bene. I poveri, gli emigranti, le donne, i giovani pre-integrazione. Per il loro bene.

Stiamo esportando la democrazia in mezzo mondo, giusto? “Per il loro bene”. Esportare, letteralmente: la prendono qui dove si trova, la smontano, l’imballano e se la portano via. E poi la scaraventano laggiù, dove arriva arriva.

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Cuba. Duri atti d’accusa di Amnesty International contro le due dittature dell’isola. In una, con capitale l’Avana, ci sono almeno settantuno prigionieri politici, e “la libertà d’espressione è un reato”. Nell’altra, con capitale (o sub-capitale) Guantanamo, c’è anche la tortura.

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Anche in Italia, a Genova – i giudici hanno appena finito di accertarlo – è ritornata quattro anni fa la tortura. Eppure il sole splende, noi camminiamo tranquillamente e i torturtatori, come in Bielorussia o in Argentina, continuano serenamente la carriera.

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Raccolta di firme per il Elio Toaff, ex rabbino capo di Roma e grandissimo esempio di umanità, tolleranza e spirito realmente religioso. Vorremmo che Ciampi lo nominasse senatore a vita. Dico “vorremmo”, perché mi ci metto anch’io.

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La signora A., che è tanto simpatica, fonda (con altri signori meno simpatici) un fascio per vedere se stavolta si riesce a far meglio che negli anni Trenta. Il signor B., che è di sinistra, firma per lei per mettere in difficoltà il proprio avversario C., che è di destra. Il signor C., che è tanto simpatico anche lui e sorride sempre, sguinzaglia non si sa bene chi per scassinare i registri dei firmatari. Il signor D., che di mestiere fa il giudice ed è al di sopra delle parti, decide che la signora A. non può andare alle elezioni. Il signor E., dello stesso partito di C. e anche lui avversario di A., decide che il giudice D. è un grand’uomo e lo nomina cavaliere. In quel felice Paese si parlava moltissimo di democrazia.

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Primarie 1. Nel centrosinistra, grande successo del candidato Portafoglio che – minacciando diversamente di non dare più una lira di pubblicità – è riuscito a far cacciare il direttore (troppo “movimentista”) dell’Unità Colombo e quindi a spostare la linea politica del principale giornale ufficiale dell’Unione da un lato all’altro: e tutto a colpi di euri.

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Primarie 2. A Catania, unico comune grosso in turno elettorale, scelti finalmente i candidati di centrosinistra e centrodestra. Per il centrosinistra: Enzo Bianco, ex ministro dell’interno, famoso per aver mandato all’ospedale ottanta dimostranti a Napoli, qualche mese prima dell’analoga (ma stavolta di destra) performance di Genova. Per il centrodestra: Umberto Scapagnini, medico personale di Berlusconi, con specializzazione geriatrica e anti-invecchiamento. Mr Manganello vs/ Doctor Viagra.

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Primarie 3. “Qui giace Starace/ vestito d’orbace/ vorace rapace/ di tutto capace”. Non è un refuso: è un ministro di An degli anni Trenta (allora non c’era bisogno di trovare i miliardi per la campagna elettorale perché delle elezioni se ne faceva direttamente a meno).

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Il colpevole. Il capitano della corvetta della Marina Italiana Sibilla, che il 28 marzo 1997 speronò la nave clandestiana albanese Kater I Rades, mandandola a picco. A bordo c’erano almeno centoventi emigranti, di cui almeno ottantaquattro morirono annegati. Gli albanesi, per scappare, si misero a zigzagare. Gli italiani, in un’accostata, li presero dritti di prua: “tragedia del mare”.
Che cosa sarebbe successo se il comandante Laudadio, vista la situazione, avesse ordinato invece la ritirata? “Non potevo insistere con le accostate – si sarebbe giustificato alla base – Rischiavo di mandarli a fondo”. “Lei aveva ordini precisi – gli avrebbero risposto i superiori – Lei pretende di saperne di più di chi glieli ha dati?”.

Gli ordini, di bloccare con decisione – e a costo di rischi – la rotta della nave “illegale”, venivano dagli ammiragli, e a questi dal ministero, e al ministero dal governo. Al governo allora non c’era ancora Berlusconi, ma Prodi. Che era convinto di dovere bloccare gli sbarchi di “clandestini”, per non turbare l’opinione pubblica, in quel periodo ancora particolarmente egoista. Erano i giorni di Pasqua di otto anni fa. Adesso, condannato il colpevole, possiamo goderci quest’altra Pasqua in santa pace.

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Commercialisti. “Non si può affidare l’Italia a un professore!”. Neanche un condominio, neanche una scuola. Nell’atavica guerra fra Dott e Prof, i commercialisti ormai sono all’assalto finale. Uno di loro, manager di un istituto tecnico a Cosenza, per rendere il più difficile possibile l’accesso all’odiata categoria, ha messo l’obbligo di dare le impronte digitali all’ingresso per bidelli e prof. Quelli si sono ribellati e sono passati in clandestinità. Adesso le lezioni d’italiano si fanno attorno a un bivacco nascosto, su per i monti.

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Commercio. Ciancio, fra i soci, è proprietario al 19,5 per cento. Poi c’è la signora Valeria -.sua moglie – con un altro 13,5 per cento. Poi qualche politico, qualche manager, tutti amici. Di che giornale stiamo parlando, di che tv? Su quali nuovi media ha messo le mani il monopolista dell’editoria siciliana? Sorpresa: stavolta niente giornali, ma centri commerciali: il più gigantesco della Sicilia, lo farà una ditta (l’Icom) che è quella di cui parlavamo all’inizio e lo farà – duecentoquarantamila metri quadrati – in una zona di verde pubblico, di verde a uso agricolo e non commerciale.

Scusa: ma come si può costruire un centro commerciale (e che centro!) sul verde agricolo? Neanche a Catania una cosa del genere si può fare! Infatti: non si può fare. Perciò il comune, il 25 febbraio, ha fatto un’opportuna delibera e voilà, ciò che era verde agricolo diventa istantaneamente zona commerciale. Mercurio batte Cerere uno a zero. E i giornali? Le tv? Muti: centri commerciali (dello stesso padrone) anche loro.

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Droghe. I “bambini iperattivi” – quelli che una volta si chiamavano monelli – in America vengono “curati” col Ritalin, uno psicofarmaco a base di metilfenidato che in Italia, fino all’altro giorno, era classificato fra le sostanze stupefacenti e perciò vietato. Adesso però il ministero della salute ha invitato Novartis Inc, che lo produce, a commercializzarlo anche in Italia, dove i bambini e adolescenti “iperattivi” sarebbero ormai troppi. Il farmaco, che secondo diversi scienziati genera una vera e propria assuefazione, negli Stati Uniti avrebbe causato alcuni milioni di giovanissimi ritalin-dipendenti. “Siamo certi – chiede il professor Luigi Cancrini – che questi bambini di otto anni a cui diamo il Ritalin a sedici anni non lo prendano per loro conto e non diventino tossicomani?”. Proteste dei genitori (anche una manifestazione a Roma, ieri) e allarme di molti medici.
Bookmark: www. provinciabile.it/blogabile

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Bestseller. Su “Segno” (la rivista antimafia di padre Fasullo: esce da 31 anni) di febbraio le motivazioni integrali della sentenza della Corte di Cassazione sul processo Andreotti. Una secca e inequivocabile antologia dei rapporti fra mafia e politica negli anni ’70-’80.
Info: rivistasegno@libero.it
Bookmark: www.rivistasegno.it

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Cronaca. In tutto l’anno, solo tre casi di estorsione denunciati dai commercianti di Trapani alla polizia.

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Cronaca. Rivolta popolare a Cercola (Napoli) per l’abbattimento di un Padre Pio abusivo eretto dai pensionati del paese.

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Cronaca. Nessun incidente a Colleferro (Roma) durante la manifestazione dei no-global contro la fabbrica Rimmel, produttrice di elementi per bombe a grappolo (cluster-bombs). Nessun ferito, nessun contuso, nessuno neanche un po’ ammaccato. Qualche centinaio di morti ammazzati, naturalmente, quando le bombe a grappolo saranno lanciate.

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Varietà. Palermo. Monito del cardinale ai politici: “Combattete la mafia e la corruzione”.

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Ambra Jovinelli. Repliche di “Le dimissioni”, con Totò, Peppino e Calderoli.

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Trionfale. “Mi ritiro, anzi no” con Rascel, Macario e Berlusconi.

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Les miserables. Torino. Spacciatori adolescenti utilizzano i cunicoli delle fogne (altezza un metro e mezzo, con un metro d’acqua sul fondo) per sfuggire ai poliziotti attraverso la città. Si entra al Valentino, si fuoriesce a Porta Nuova.

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Amnesty International wrote:
< Dal 13 marzo oltre 1.000 persone di diverse nazionalità sono sbarcate sull’isola di Lampedusa, arrivate probabilmente dalla Libia. Il 17 marzo, 180 persone sono state prelevate dal Centro di Lampedusa e inviate a Tripoli, in Libia, scortate dalla polizia italiana. Sembra che siano imminenti ulteriori deportazioni. Amnesty teme che alle persone che abbiano necessità di protezione internazionale non venga assicurato l’accesso alle procedure di richiesta d’asilo e alle informazioni sui loro diritti fondamentali di richiedenti asilo. Coloro che sono stati inviati in Libia, cittadini libici o di altra nazionalità, potrebbero trovarsi a rischio di detenzione arbitraria, o di detenzione sulla base di accuse che includono effettivi o presunti ingresso e uscita illegali dalla Libia, e di maltrattamento in detenzione.
Il 15 marzo, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti dei rifugiati ha richiesto di accedere al centro di Lampedusa per esercitare il proprio mandato al fine di garantire che i rifugiati avessero la necessaria protezione, ma la risposta è stata negativa: nessuna organizzazione non governativa specializzata sui diritti umani dei rifugiati e dei richiedenti asilo è stata autorizzata ad entrare. Tuttavia, negli ultimi giorni, funzionari della Libia, che non è Stato parte della Convenzione delle Nazioni Unite sui rifugiati, si sono recati a Lampedusa, e si crede siano entrati nel Centro. Questo fatto rappresenta un’ulteriore preoccupazione per l’incolumità dei richiedenti asilo qualora fossero inviati in Libia >
Per chiedere spiegazioni al governo: redazionetecnica@mininterno.it

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Stefano wrote:

< “Io non considero l’Iraq affar suo ma anche nostro. Se non abbiamo interessi economici da salvaguardare, abbiamo quello umano di aiutare un paese ad uscire dai guai”.
Beato te che ci credi (senza alcuna ironia e con grande rispetto). Penso invece che il rimedio sia stato peggiore del male, non richiesto da nessuno e non intendo farmi carico di questa responsabilità. E sono anche stufo del dover stare per forza da una parte o dall’altra, che i miei hanno sempre ragione ed i vostri fanno cazzate dalla mattina alla sera. Rivendico il diritto di dire a mio padre, che rispetto ed amo, stai sbagliando di grosso e in questa cosa non intendo seguirti >

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f-costa@email.it wrote:
< A me questa cosa delle firme di Alternativa Sociale autenticate da esponenti del centrosinistra non piace proprio per niente, e per tre motivi: primo, perchè è chiaramente una furbata elettorale, e nulla valgono i tentativi del centrosinistra di fare spallucce. Secondo, perchè hanno autenticato delle firme palesemente false (nelle liste c’era Ornella Muti, persone nate il 31 Febbraio, eccetera). Ora, dato che la falsificazione di firme e documenti è una pratica a cui fanno ricorso tutte le formazioni politiche italiane, tanto vale abolire la raccolta di firme e trovare una maniera migliore per legittimare la candidatura di una lista elettorale. Terzo, perchè credo che autenticare le firme di Alternativa Sociale non sia semplicemente un atto burocratico, ma una attestazione ufficiale della legittimità di un partito politico estremista, razzista e sessista, vicinissimo a movimenti neofascisti, xenofobi e violenti quali Forza Nuova: non so voi, ma io con certa gente non scambierei nemmeno il saluto >

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Maria Di Rienzo <nbawac@tin.it> wrote:

< Dov’è andata la bambina senza volto?
L’aquila le regalò una piuma,
e dal profondo vennero polveri d’opale e cristallo,
così che lei potesse disegnarsi gli occhi.
Il fiume portò a riva una coppa,
il cielo la riempì di sole,
e lei intinse la piuma nei papaveri,
e si disegnò le labbra, per poter bere.

Dov’è andata la ragazza senza corpo?
Ha raccolto meloni e rose selvatiche,
rami duri e morbide foglie,
ha respirato fumo di salvia,
di zafferano, di lavanda.
Ora è un canestro di vuoto e pieno,
come la terra sua madre.

Dov’è andata la donna danzante?
Nella spirale ha incontrato altre mani.
Come stelle si avvolgono,
galassia di luce che ruota,
e gli astri ridono come ridono i vecchi,
con la furbizia di chi ha già visto,
e ridono come ridono i bambini,
di pura meraviglia… >

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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)