San Libero – 274

7 marzo 2005 n. 274

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Intanto, questo è un paese che produce i Callipari, i Baldoni, i Quattrocchi, le due Simone. Stride metterli insieme, lo so. Ma è così. Una dignidad soffusa, un senso falconiano della vita, un coraggio – ma essi non userebbero questa parola – non esibito per la strada ma pronto al momento opportuno. Anche questi sono, o sono anche, gli italiani. L’Italia, che parrebbe dannunziana, contiene in realtà molto Gobetti.
Mi chiedo, senza polemica, quanto di ciò si rifletta nella nostra vita ufficiale, nella politica, nelle parole. E anche nel nostro modo di vivere (da cittadini comuni, senza ambizioni) questa ufficialità, di subirla distrattamente e con rassegnazione.

Ma basta così. Torniamo al nostro compito, al cercar di capire. Per principio, è bene diffidare sempre delle spiegazioni complesse, delle congiure. Che gli americani – in divisa – abbiano voluto scientemente uccidere la giornalista-testimone certo non è impossibile, ma io ci credo poco. Lo stile sembra piuttosto quello di una Werhmacht impaurita, col dito col grilletto, più feroce per panico che per strategia. Quell’automobile, che non correva e non era sospetta, era tuttavia una presenza umana, e *dunque*, nel buio, ostile. “Feuer!”: così, senza sapere.

Tutto ciò ha parecchie attenuanti. L’isolamento dell’occupante, il paese ostile. La spietatezza degl’indigeni, tanto i briganti quanto i partigiani. L’esiguità delle forze – pochi uomini per un paese esteso. L’insufficienza dell’armamento (collette fra i parenti per comprare giubbotti) e il senso di abbandono. La varia cittadinanza (almeno un terzo non sono cittadini) e l’incerta disciplina (il venti per cento sono “contractors”, non soldati). Tutti elementi che pesano, che allentano la responsabilità individuale di chi, in questo e in altri casi, ha sparato. E che però, tutti insieme, formano un quadro precisissimo di quell’esercito e di quella nazione. Non è più il G.I.Joe con la chewing-gum del ’45. E’ un’altra cosa. E non è più l’America roosveltiana e giovane, la Forza democratica, di quegli anni. E’, come essi stessi dicono, un Impero. “Un impero”, in europeo, si traduce “ein Reich”.

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Noi non possiamo aver nulla a che fare con questo impero. Intanto, per un’elementare dignità nazionale (sentita persino, adesso, da un Berlusconi). Secondo, perché materialmente noi con l’Iraq non c’entriamo niente, non abbiamo alcun interesse a intervenirci in qualsiasi modo. E terzo, perché la nostra amicizia era con l’America – l’America del rock’n roll e di Kennedy, non con un impero.

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C’è un problema, che ricorrentemente ci si presenta, di identità nazionale. Noi siamo una nazione buffa e giovane, dal punto di vista della forma. Abbiamo neanche un secolo e mezzo di storia, siamo molto più sabaudi o granducali o regnicoli che italiani, parliamo la stessa lingua da appena cinquant’anni, abbiamo due storie distintissime, una di notabili e chierici l’altra di contadini. Ma da un altro punto di vista, quello più sostanziale e profondo, noi siamo serenamente l’Italia da tremila anni. Delle nazioni antiche, pochissime sono durate tanto, e una di queste siamo noi. A Ercolano, fra i calchi di lava, c’è quello di un modesto soldato (un “classiarius”, probabilmente) cristallizzato dalla catastrofe esattamente al suo posto di guardia, senza tentativi di fuga: chissà perché. A Pompei, graffita con mano incerta, c’è questa scritta sui muri: “Vota per l’onestà, vota Frontone!”; e quest’altra: “Meglio di Venere, la ragazza mia!”. Gli storici non ricordano i nomi, ma segnalano l’esistenza di due coraggiosi compagni che – colpo di stato, destra, guerra civile – scortano il sindacalista Gracco attraverso la città, lottando disperatamente assieme a lui.

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Noi non abbiamo alcun bisogno di bandiere, e ci sono anzi poche cose più fastidiose di questo imperversar d’inni sudamericano. Ma abbiamo una storia fortissima, delle radici, che ci permettono in certi momenti di leggere e capire istantaneamente tutto. Di trovare improvvisamente ridicolo il borghesuccio che trova sconveniente la presenza degl’immigrati. Noi, noi italiani, è più di duemila anni che accogliamo e fondiamo nel nostro popolo gente di fuori. Di annuire compuntamente alle parole retoriche, sapendo che non significano assolutamente nulla e che tuttavia a volte non se ne può fare a meno. Di vivere la nostra vita senza aspettarci aiuto da nessuno. E, nei momenti di catastrofe, di fare le nostre scelte da noi stessi, uno per uno.
Così è stato per molti nostri concittadini. Cerchiamo di rispettarne le scelte profonde, di non annacquarle in “politica”, di non esserne del tutto indegni.

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Sinistra. La polizia è morta per salvare la vita della compagna. La sinistra è andata, amica, a casa della polizia. Questa cosa è grandissima. Accade alla fine di un filo molto lungo di cose (inizia con Pio La Torre e il generale dalla Chiesa) e cambia completamente il Paese. L’altro cambiamento epocale (comunisti e cattolici non più nemici) è ormai un dato di fatto, con papa Giovanni e Di Vittorio nello stesso partito. Non so: forse mi fa velo l’avere vissuto l’antimafia, dove lo “stato” serio (minoranza) e la sinistra seria (uhm… non maggioranza) erano fianco a fianco. Adesso ho la sensazione che stia succedendo qualcosa di simile, ma a livello più diffuso.
E Genova? Credo che Genova-repressione, a questo punto, sia una minoranza. Oppure una cosa di vent’anni fa, perché la storia, da due-tre anni in qua, sta andando molto ma molto in fretta. Peccato che non ci siano più media, perché un processo del genere andrebbe seguito, discusso, esaminato punto per punto. Viviamo ora – paradossalmente – gli anni in cui questo Paese va ridiventando di sinistra.

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Destra. Sorprendente Berlusconi, da cui ci si aspettava una pezza e che invece ha reagito, se non come Craxi, duramente. Strano, per un commerciante. Immagino che non durerà a lungo, ma adesso gliene va dato atto. Deludente Fini (il prossimo primo ministro, se rivince la destra): ha calato braghe e mutande fin dal primo momento. Strani questi “fascisti” (e Fini fascista lo è, s’è visto a Genova nel 2001): bisogna rimproverargli non l’eccesso di nazionalismo ma la mancanza di esso. Eccezione, in An, un gerarca minore come Alemanno. Se io fossi di destra, la parola “Cermis” ce l’avrei scritta a pennarello di fronte al letto.

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Informazione 1. “Circolo dei Civili” si chiamerà la nuova trasmissione su La 7 in cui Giuliano Ferrara e Gad Lerner converseranno amabilmente nella cornice di un antico “Casino di conversazione” dell’Ottocento ricostruito in studio, fingendo di litigare fra gentiluomini sui più svariati argomenti. Il format ha avuto un certo successo negli anni scorsi, quando a fare il “liberale” di fronte al “reazionario” Ferrara sono stati di volta in volta chiamati Luca Sofri, Ritanna Armeni e Barbara Palombelli.

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Informazione 2. Per presentare il loro (ottimo) “Il Regime” a Catania, Marco Travaglio e Peter Gomez non hanno trovato di meglio che affidarsi a una delle colleghe più “embedded” della città, non particolarmente impegnata in inchieste sul potere ma in compenso vicina al leader del centrosinistra locale Enzo Bianco. A Catania esistono colleghi che, pur di continuare a fare inchieste sul Regime, si sono adattati a vivere scaricando sacchi all’aeroporto, ma non sono stati invitati. “Quandoque bonus Homerus dormitat”.

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Informazione 3. Sempre a Catania, dove è in corso la campagna elettorale per il nuovo sindaco, dei tre candidati il quotidiano locale ne ha completamente ignorato uno, il centrista Fiumefreddo. Avendo costui chiesto al giornale il perché della censura, che a suo avviso andava contro il dovere di cronaca di ogni giornale, il direttore gli ha candidamente fatto rispondere che tocca ai giornali decidere di quali fatti occuparsi e di quali no.

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Banchieri. Grato per il suo atteggiamento remissivo nei confronti del Governo, quest’ultimo ha decretato l’inamovibilità della carica per il governatore della Banca d’Italia Fazio. Contrari i partiti d’opposizione, tranne, per il Pdci, l’ex presidente craxiano della Bnl Nerio Nesi, che ha votato a favore del suo fortunato collega.

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Giustizia. Indagati altri quattro agenti a Genova per aver fabbricato prove false a carico di alcuni pacifisti, falsamente accusati di atti di violenza nel corso delle manifestazioni del 20 luglio 2001.

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In realtà. L’Italia, secondo l’Unicef, è il paese europe con la più alta percentuale di bambini poveri, il 16,6 per cento. Fra i paesi industrializzati siamo superati in questa triste statistica solo dagli Stati Uniti (21,9 per cento) e dal Messico (27,7). Secondo l’Unicef l’indice dell’indigenza infantile è aumentato in quasii tutto il pianeta dagli anni Novanta in poi.

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Africa. E’ senz’altro africano l’uomo più antico del mondo: in Etiopia, a poche decine di chilometri dalla zona di “Lucy” (il più antico scheletro umano mai rinvenuto) sono stati trovati altri fossili umanoidi risalenti a circa quattro milioni di anni fa. Di là, l’umanità africana si è espansa sul pianeta. Che adesso ingratamente (almeno il pianeta ricco) la vuole cacciar via.

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Giappone. Falso in bilancio, insider trading e reati minori: con queste imputazioni è finito in carcere (poi commutato in domiciliari) l’uomo più ricco del paese, il fondatore della Kokudo Corporation, Yoshiaki Tsutsumi. “Se lo sapevo mi facevo un partito – avrebbe dichiarato Tsutsumi – e mi compravo il Giappone”.

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Somalia. Le ondate dello tsunami hanno fatto affiorare su alcuni punti della costa residui di rifiuti tossici ivi clandestinamente sepolti circa vent’anni fa.

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Egitto. Antico sarcofago contenente una mummia risalente alla 26esima dinastia scoperto a Sakkara, a sud del Cairo. La mummia, che risale a oltre 2.600 anni fa, è una delle meglio conservate mai scoperte. E’ stata pertanto trasferita in Italia per essere candidata alla presidenza della Regione Lombardia.

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Civilization. Duecentocinquant’anni dopo il Granducato di Toscana, duecento anni dopo l’Austria-Ungheria, centocinquant’anni dopo Francia, Regno di Napoli, Prussia, Inghilterra e Brasile, cent’anni dopo Russia e Giappone, quarant’anni dopo lo sbarco sulla Luna e duemilacinquecento dopo Gesù Cristo, finalmente anche gli Stati Uniti hanno smesso di uccidere gli adolescenti condannati. La pena di morte per i minorenni è stata abolita in quel Paese meno di due settimane fa, non per volontà del governo ma per ordine della Corte suprema, non all’unanimità ma con una risicata maggioranza di un voto. Adesso la pena di morte per i ragazzini vige solo in Arabia Saudita e pochissimi altri stati tribali.

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Cronaca. Foggia. Sei giovani “di buona famiglia”, alcuni dei quali minorenni, hanno convinto un handicappato mentale a cospargersi di benzina i capelli e poi gli hanno dato fuoco.

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Cronaca. Roma. Due fidanzati che tornavano in macchina dal ristorante sono stati fermati e picchiati per avere involontariamente intralciato una gara (clandestina) di automobili sulla Tuscolana.

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Spot. Teatro Tintadirosso (ex Riot), s.Biagio dei Librai 39, Napoli, dall’8 al 13 marzo alle ore 21. Francesco Feola racconta “Ritorno a Haifa”, dal romanzo di Ghassan Kanafani. E’ la storia di due genitori arabi che ritrovano dopo vent’anni il figlio perduto nell’esodo dalla Palestina. Adottato da una coppia di ebrei polacchi sopravvissuti ad Auschwitz, il figlio è diventato a pieno titolo un ebreo, ed ogni tentativo di comunicare sarà impossibile. E’ un racconto per un narratore solo. Tutto ciò che occorre è una sedia e, a seconda degli spazi, un microfono. Biglietto: 10 euri (giovani 7).

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Spot. Indipendente/mente è una giornata di studio sull’informazione indipendente e i nuovi media, tra storia, cultura e societa’. Si svolgerà all’auditorium dell’ex monastero dei Benedettini a Catania, ora sede delle facoltà di lingue e di lettere, a partire dalle 9 di giovedì 10 marzo 2005. Interventi, tra gli altri, di Lucio Tomarchio, Riccardo Orioles, Gabriele “Asbesto” Zaverio, Rocco Rossitto, Alessandro De Filippo e di svariati professori delle due facoltà.
Boomark: www.freaknet.org/events/speech/indipendentemente/

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Spot. L’utopia è ragionevole? Secondo “Nuvole” sì. Difatti questa rivista “di una sinistra fuori del coro, indipendente dai partiti e sindacati tradizionali come da quelli non tradizionali, con una pluralità di opinioni in diversi campi della politica, della società, dell’economia e della cultura, senza paura delle verità difficili e scomode”, questa rivista strana da dieci anni porta sotto la testata “per la ragionevolezza dell’utopia”. Vi scrivono Percy Allum, Norberto Bobbio, Marcello Cini, Enzo Collotti, Serge Latouche, Lidia Menapace, Sergio Quinzio, Riccardo Petrella, Rossana Rossanda, Giorgio Ruffolo, Danilo Zolo; l’hanno diretta nel tempo lo storico Angelo d’Orsi, il costituzionalista Mario Dogliani e il politologo Alfio Mastropaolo.
Abbonamento (un anno): 30 euri su cc.1012194. Intestato a: Città aperta edizioni srl, via Conte Ruggiero 73, 94018 Troina. Causale: abbonamento a “Nuvole”.
Bookmark: www.didaweb.net/fuoriregistro/speciali.php?sr=10

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Antispot. Mi accorgo che nelle mail da me spedite da qualche tempo mi viene, a mia insaputa, attribuito un invito a “scegliere Libero Adsl Flat”. Io non ritengo affatto che quella connessione sia migliore delle sue concorrenti. Anzi, la fastidiosa insistenza (fino alla maleducazione, come in questo caso) con cui viene proposta mi fa sorgere dei dubbi sulla sua reale validità tecnica.

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labude wrote:
< I liberal-democrats inglesi si fanno notare ancora una volta per essere ormai più a sinistra dello stantio labour blairiano.
lunedì, nel corso di una trasmissione radiofonica della BBC (Women’s Hour) il “segretario” del partito ha dichiarato che i lib-dem avrebbero proposto nella prossima campagna elettorale l’aumento della tassazione sul reddito al 50 per cento per i redditi superiori alle 100mila sterline/anno. E il meglio è che questo aumento della tassazione viene proposto per finanziare spese sociali: abolizione delle tasse universitarie (quelle inglesi sono le più care d’europa e i labour intendono aumentarle) e introduzione dell’assistenza domiciliare gratuita per gli anziani. Il utto alzando le tasse ai ricchi e riducendole ai più poveri. A volte il mondo non lo capisco. o meglio capisco che a volte (e sempre più spesso) i nomi non rispecchiano più le cose. Saluti libertari, libertini, liberati >

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giovannirealdi@libero.it wrote:
< Piero: “Cosa c’entra Moro con Nenni, Pertini o gli obiettivi di Mattei? Cosa c’entra un ex Guf (Moro) con ex Partigiani (gli altri)?”. Aldo Moro nel 41 era presidente nazionale Fuci, con assistente Montini. Fuci e Azione Cattolica vennero ufficialmente legalizzate dopo i Patti, in realtà spesso solo tollerate. Ma non si contano le sberle volate tra i due gruppi. Non ha militato in gruppi partigiani, forse. Forse non lo ha fatto sulle colline. Neanche De Gasperi, mi sembra >

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cristina_caprioli@yahoo.it wrote:
< Questo e’il progetto blog che ha creato mio figlio Davide per la sua tesi intitolata “Un fiore per non dimenticare”. Per non dimenticare tutte le vittime Strage di Bologna del 2 agosto 1980 – fra cui mio fratello Davide -e di tutti i terrorismi, per ridare voce e dignità a tutti i nostri cari che hanno perso la libertà di vivere. Tutti possono vedere e commentare e… sarebbe bello e utile proprio per non dimenticare >
Bookmark: www.2agosto80.splinder.com

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mareitano@libero.it wrote:
< Mike Tyson, riconosciuto nel ’92 colpevole di stupro e condannato a sei anni (non scontati grazie ad avvocati superpagati), ospite d’onore a Sanremo! E’ uno stupro per le donne italiane e per il nostro paese. Dobbiamo liberarci non solo di questo governo che ha fatto dell’immoralità il proprio palinsesto, ma anche del berlusconismo, di destra e di sinistra, che sta infettando irrimediabilmente tutto >

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mr.olaf@fastwebnet.it wrote:
< “Appena tocchi una virgola subito si scatenano i popup…”. E scaricati Mozilla – Firefox, il browser open source che sta scalzando explorer dalla sua posizione di monopolio. E sì, permette di bloccare tutti quegli odiosi popup >
Bookmark http://www.mozilla.org

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Paola wrote:
< Perché nessuno ha le palle di dire che le donne intelligenti se sono anche carine ci tengono a essere apprezzate tanto per la loro testa che per il loro bel culo? Alzi la mano la donna carina che non ha mai sfruttato il suo aspetto. Altolà, non parlo di andare a letto con un vecchio bavoso per ottenere favori personali, parlo del sorriso fatto al conducente perché fermi l’autobus o del gioco di seduzione ai danni dell’ortolano perché vi serva al meglio… >

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Orfeo wrote:
< “La Juventus vinceva grazie al doping, la Fiat vendeva grazie al protezionismo, ma in realta’ erano una squadra di brocchi e una fabbrica di Trabant…”. Se dici così perché ce l’hai con la famiglia Agnelli, sono d’accordo; mi interessa ben poco della Juve e del calcio in genere, se vuoi denigrare entrambi fallo pure. Non accetto il paragone con la Trabant: alla Fiat ci ha lavorato anche molta gente in gamba, nonostante gli Agnelli >

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< Lorenzo Spizzichino wrote:
non so se ti ho già ringraziato per aver pubblicato sulla catena la storia familiare sulla giornata della memoria, mi ha ha fatto veramente piacere e non solo a me. Ti mando anche questa, meno ispirata forse ma comunque molto sentita da me che frequentavo la stessa scuola, lo stesso quartiere e le stesse lotte di valerio, ma pochi anni dopo quando, per fortuna, non si rischiava più di morire per le proprie idee >

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< Il 22 febbraio 1980 si registra a Roma uno dei crimini più ignobili della già ignobile vicenda Nar, alle 12.50 tre giovani, di cui uno a viso scoperto, suonano al campanello di casa Verbano in via montebianco, a valmelaina; va ad aprire Rina la madre di Valerio, i tre la immobilizzano, picchiano il padre Sardo e legano entrambi mani e piedi in cucina.

Passano 50 minuti, durante i quali gli assassini rovistano la camera da letto di Valerio, 50 minuti in cui la madre spera che il figlio faccia un incidente con la vespetta e non rientri a casa. Ma Valerio, venti anni, torna da scuola, il Liceo scientifico Archimede, appena apre la porta, i genitori sentono i rumori di una colluttazione, le grida del figlio e uno sparo soffocato. I tre assassini scappano di corsa abbandonando sul luogo la pistola del delitto, mentre accorrono i vicini di casa che slegano i genitori e soccorrono Valerio, ma ormai non c’è più niente da fare, l’unico proiettile è entrato nella spalla sinistra, dall’alto verso il basso e ha reciso l’aorta uccidendo il ragazzo.
L’assassinio verrà rivendicato dai Nar e dei Nar avrà molte caratteristiche, anche se altre telefonate cercheranno di depistare l’omicidio attribuendolo ad una sigla della sinistra extraparlamentare.

Valerio voleva fare il giornalista, da anni raccoglieva notizie, articoli, scattava foto sugli estremisti della destra romana, aveva riempito diciotto raccoglitori di appunti e sei di fotografie, un vero e proprio dossier formato da una decina di quaderni e agendine.
L’anno prima, il 20 aprile 1979 era stato arrestato mentre con altri tentava di confezionare una bottiglia incendiaria, tutto il materiale raccolto gli era stato sequestrato e seppellito nell’archivio corpi di reato del Tribunale di Roma; dopo sette mesi di carcere, Valerio raccontava di voler diminuire il proprio impegno politico, ma nei fatti continuò fino al giorno prima della sua morte il suo lavoro di ricerca e archiviazione.
Dopo la sua morte i genitori chiedono alla Digos di poter vedere delle foto segnaletiche di fascisti per riconoscere gli assassini, ma gli viene detto che non ne hanno nemmeno una.
E dove sono finiti i sei contenitori di foto scattate da Valerio?

Il dossier di Valerio, sequestrato l’anno prima è intanto misteriosamente scomparso, viene ritrovato ancora più misteriosamente i primi di giugno 1980 e consegnato al giudice Mario Amato, non si sa se nella versione completa.
Il giudice Amato un servitore dello stato semplice e mite da un anno e mezzo lavorava in perfetta e desolante solitudine a tutte le indagini che riguardavano l’eversione nera a Roma; da quel momento le sue indagini fanno un salto di qualità, lo dice lo stesso magistrato lamentandosi, in una intervista al messaggero, delle difficoltà a lavorare da solo senza mezzi tecnici e senza protezioni su un argomento così scottante.

Ancora pochi giorni, il 23 giugno 1980 e il giudice Amato viene ucciso mentre aspettava l’autobus con cui ogni giorno andava in tribunale, alla fermata del 391 a piazzale Ionio, a 300 metri dalla casa di Valerio Verbano. I suoi assassini sono noti, il commando dei Nar era formato da Gilberto Cavallini e Giorgio Vale. Da quel giorno in poi il dossier di Valerio scomparirà definitivamente. Cosa c’era in quegli appunti? cosa era riuscito a trovare con il suo lavoro meticoloso e appassionato?

Dalle anticipazioni date al momento del suo ritrovamento risulta che Valerio aveva ricostruito l’intero organigramma, con nomi, cognomi e fotografie, dei due gruppi eversivi allora nascenti a Roma, i Nar e Terza Posizione, l’alto livello logistico raggiunto, con tre medici per curare i feriti, una tipografia per la falsificazione dei documenti, i rapporti che questi gruppi avevano con il Msi, il Fronte della Gioventù e il Fuan dai quali nascevano e condividevano le sedi, a via Siena, a Monteverde, a piazza Risorgimento e all’Eur.

Ma c’era anche dell’altro, molto più pericoloso, Valerio aveva intuito i contatti tra l’eversione nera e la malavita organizzata della banda della magliana, nel suo dossier c’erano le mosse di Massimo Carminati e Paolo Aleandri che già prima di unirsi ai Nar svolgevano i compiti più sporchi per conto della Banda, oppure la segnalazione di quel palazzo in Via Alessandria 129 utilizzato come nascondiglio di armi e denaro e nel quale verrà arrestato Roberto Nistri, il capo militare di Terza Posizione.

I contatti tra Banda della Magliana e Nar si sono poi estesi anche alla nuova camorra organizzata di Pippo Calò, alla loggia P2 di Gelli e ai servizi segreti deviati che utilizzavano armi, denaro e killer proprio della banda della magliana, come per l’omicidio Pecorelli e per il depistaggio sul treno Taranto-Milano, (dove una valigia di armi, esplosivo e giornali stranieri furono fatte ritrovare dai servizi segreti per sviare le indagini della strage alla stazione di Bologna- 85 morti e 200 feriti), guarda caso nell’agosto dello stesso tragico anno.
Forse non è nemmeno un caso che si sia voluto eliminare Valerio prima, e il giudice Amato dopo, perchè erano arrivati a scoprire troppo, tanto che almeno un centinaio dei nomi successivamente indagati per la strage erano già presenti nel dossier di Valerio.

L’inchiesta sull’assassino di Valerio Verbano è stata archiviata senza trovare né colpevoli materiali né mandanti, eppure oggi , 25 anni dopo, la madre Rina, che ha avuto parole di conforto e comprensione per la famiglia Mattei, ancora chiede giustizia e verità e vorrebbe vedere in faccia gli assassini del figlio, cosa che al padre Sardo non sarà mai più concessa.

Anche se non se non fanno più notizia, le varie indagini sul terrorismo nero e sulle stragi hanno permesso di fare un po’ di luce sul crocevia romano di fascisti malavitosi, piduisti e servizi segreti deviati, ci sono alcuni pentiti tra i Nar, (Cristiano Fioravanti e Angelo Izzo) e tra gli esponenti della Banda della Magliana (Maurizio Abbatino), sono stati trovati collegamenti al caso di Fausto e Iaio uccisi a Milano il 18 marzo 1978, non da piccoli spacciatori ma da fascisti e malavitosi giunti da Roma, ci sono tutta una serie di fatti nuovi che permetterebbero di riaprire le indagini.

Perché non si cerca ad esempio di scoprire chi era la talpa nel Tribunale di Roma che per ben due volte ha fato sparire il dossier di Valerio che ruolo può aver avuto il giudice Alibrandi padre di Alessandro esponente di spicco dei Nar? >

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Avviso. Fra un mese circa cominceremo a distribuire gratuitamente, con la Catena, gabbie d’impaginazione standard per autoprodurre dei piccoli giornali liberi “home made”. I più anziani fra i lettori ricorderanno analoghe iniziative dei Siciliani e dell’Alba. Si prega chi è interessato di prenotarsi, in modo da poter poi scaglionare opportunamente gli invii nel tempo. (r.o.)

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Mario Luzi <poetiallafacciadeicoglioni@liberta.it> wrote:

< “Non potrai giudicare di questi anni vissuti a cuore duro,
mi dico, potranno altri in un tempo diverso.
Prega che la loro anima sia spoglia
e la loro pietà sia più perfetta” >

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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)