San Libero – 270

7 febbraio 2005 n. 270

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Informazione 1. Non sembra che alle istituzioni importi moltissimo sapere come e perché è morta Italia Alpi. Io non ho seguito in particolare questo caso, professionalmente parlando; ma la presenza di filoni oscuri, riconducibili ad aspetti bene al di là della cronaca, vengono percepiti, e sono stati segnalati, da tutti coloro che se ne sono occupati a tempo pieno.

Quando alla fine l’eccezionalità del caso – e anche la pressione dei colleghi giornalisti non rassegnati all’insabbiamento – ha imposto di dedicargli una Commissione d’inchiesta, a capo della Commissione è stato nominato…. l’avvocato Taormina.

Ora, io sono disposto a discutere su molte cose, ma non sull’affidabilità e serietà di uno come Taormina. Da sottosegretario, non solo ha continuato a difendendere mafiosi in tribunale, ma anche a avvalersi della sua carica per intimidire in qualche modo le parti avverse. Da legale, ha curato – diciamo così – il caso Cogne, fra “testimoni chiave”, campagne scandalistiche sui gionali (“Ecco qua il sangue del bambino!”) e “prove” materialmente costruite a sostegno di tesi. Insomma, egli non avrebbe dovuto essere preso in considerazione, non che per una indagine così delicata, per qualunque incarico che anche lontanamente attinesse alla ricerca di una verità neutrale.

Deplorevolmente, i deputati del centrosinistra – che avrebbero dovuto rifiutarsi di coonestare con la propria presenza un meccanismo simile – sono caduti nella trappola, e hanno preso parte alla commissione del Taormina. Ovviamente, costui ha impiegato la carica ai propri fini politici personali. Per primo, ha cominciato a sbarazzarsi dei consulenti professionali (il giornalista Di Nunzio, per esempio). Per secondo, ha cominciato a intimidire i giornalisti “nemici”. Fra questi Maurizio Torrealta, della Rai, che s’è visto sequestrare i computer e perquisire la casa: senza potersi opporre, poiché tale persecuzione, operata da un avversario politico e a fini manifestamente politici, era però compiuta con i poteri di carattere giudiziario che la legge assegna alle Commissioni.

L’intimidazione verso Torrealta ha, a mio parere, una sua razionalità ben precisa. Maurizio Torrealta, fra tutti i direttori Rai, fu l’unico a mettere in onda (nelle pagine elettroniche di sua competenza) la famosa intervista a Borsellino. Questa intervista è senz’altro il pezzo più censurato in tutta la storia dell’informazione italiana. Da essa, i rapporti Berlusconi-Mangano e Cosa Nostra-Dell’Utri emergono plasticamente: dalle parole di Borsellino, dai ragionamenti, dalle carte – e fin dalle sue espressioni e sorrisi. Perciò, non se ne doveva parlare. Santoro, per averla ripresa, fu cacciato via. Per Torrealta, evidentemente, la vendetta è venuta a freddo.

Vendetta di Berlusconi, non di Taormina. Mai Taormina avrebbe osato un’iniziativa così intimidatoria e inusuale come la perquisizione e il sequestro di un direttore Rai, se non fosse stato sicuro di avere alle sue spalle palazzo Chigi – o palazzo Venezia, visto che siamo in regime. Questo va detto chiaramente qui ed ora, in uno dei pochissimi spazi in cui la vecchia libertà di stampa vige ancora. A futura memoria, perché nessuno domani possa dire “io non c’ero”.

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Informazione 2. Un militare italiano viene colpito a morte a bordo dell’elicottero su cui era in missione. Questa missione secondo parte dei cittadini era giustificata e secondo altri no; appellandosi i primi agli impegni internazionali del Paese e i secondi al letterale rispetto della Costituzione. Una questione “politica”, come si vede: su cui anch’io ho le mie opinioni, e le ho espresse più volte.

Ma accanto alla questione politica ce n’è una seconda tecnica, di non minore importanza. L’anno prima altri elicotteristi avevano criticato il servizio, giudicando i mezzi inadeguati. Presentemente, i mezzi utilizzati sono stati giudicati da alcuni insufficienti alla missione (con critica per il governo in carica) e da altri invece idonei (attribuendosi dunque l’evento a mera fatalità).

Ora, sulla questione “politica” è facile giudicare: ognuno ha le sue convinzioni, la Costituzione è lì accessibile a tutti, gli accordi internazionali pure, ognuno può farsi un’idea liberamente e, sulla base di essa, criticare o appoggiare un governo. Questa si chiama democrazia. Sulle questioni tecniche, invece, l’affare è più complicato. Bisogna sapere – ad esempio – se l’elicottero era adeguatamente difeso, se un maggiore volume di fuoco avrebbe potuto evitare l’accaduto, se fosse da considerarsi ridondante, e così via. Occorrono insomma delle informazioni; senza le quali si può fare demagogia o retorica (entrambe vilissime, sulla pelle dei militari comandati) e non scelta cosciente, non democrazia. Ed ecco perché esiste la stampa, perché la libera informazione.

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Abbiamo in Africa tre tipi di aerei da caccia – il Fiat, il Reggiane, il Piaggio – ciascuno con munizionamenti diversi non intercambiabili fra loro. Questo dipende da acute considerazioni tattiche, o dalla necessità di favorire – sulla pelle degli aviatori – ciascuno dei tre singoli industriali? E chi lo sa. Siamo in dittatura – oggi, nel 1940, come avrete capito – e quindi di queste cose non si può parlare. Si decolli e non si cerchino discussioni. Credere, obbedire, combattere. E alla fine essere buttati giù dalla superiorità tecnica degli inglesi, che di queste cose invece parlano pubblicamente e non si sognerebbero mai (poiché l’opinione pubblica non lo permetterebbe) di affidare i loro uomini a macchine non verificate.

Questa mentalità, del comando senza controllo, è tipica del notabilato italiano e in ispecie della sua cultura “militare”. “Avanti Savoia!”. “Viva il duce!”. E si perdono le guerre.

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Fra i compiti del giornalista italiano c’è quello di controllare, monitorare, segnalare costantemente al pubblico ed eventualmente denunciare il funzionamento della macchina militare. Sotto il fascismo questo era proibito. Sotto la democrazia fino adesso il problema non s’è posto visto che, grazie a Dio, s’è vissuto in pace. Adesso, questi grandi politici hanno riaperto le guerre. Le chiamano missioni di pace ma insomma (vero, senatore Selva? Lei almeno onestamente lo dice) sappiamo tutti quanti di che si tratta. Torna “Avanti Savoia”? Torna “credere obbedire”? Si direbbe di sì: la nuova legge sulla stampa in zona di guerra, proprio di queste settimane, è ancor più restrittiva, ancor più sabauda di quella vecchia fatta ai tempi del duce. Qualunque informazione o commento riguardante in qualsiasi maniera le attività militari ricade sotto il tribunale militare: con pene severissime – maggiori di quelle istituite, in tempo di guerra, dal fascismo – e soprattutto ad arbitrio dell’autorità militare e, dunque, governativa.

Se queste leggi fossero in vigore ora, non potremmo parlare degli elicotteri. E dunque non potremmo difendere, dalle eventuali incapacità o insufficienze, gli elicotteristi di domani. Ogni dibattito su questo tema sarebbe rimandato a dopo l’otto settembre. Che, con regimi così, arriva inevitabilmente, come la notte dopo il tramonto.

Personalmente, sono contrarissimo alla guerra in Iraq – che è una guerra, e non un’altra cosa – e ritengo anzi che i responsabili politici di essa dovranno prima o poi rispondere anche penalmente (per violazione della Costituzione) delle loro azioni. Ma questo riguarda i politici, non i militari. I militari, che obbediscono e non possono non obbedire, vanno invece responsabilmente tutelati: dalla stampa libera, dalla pubblica opinione. Togliere questa possibilità alla stampa significa tradire i militari; nessun’alata parola ai funerali ha mai compensato le scarpe di cartone e i carri armati di latta. Significa cambiare regime. Questo in cui stiamo entrando ora, con episodi consimili, nel campo della libertà di stampa è già fascismo. Non il fascismo infantile, ormai obsoleto, di cui l’onorevole Fini si dilettava a scuola ma quello efficiente e “moderno” che l’onorevole Fini sta costruendo ora.

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Iraq. Vittoria di Bush e Khomeini. Bush perché “hanno votato”. Khomeini perché hanno votato sciita. Votare è bello, sempre e comunque, ed è una cosa simpaticissima vedere i ragazzi della quinta C che eleggono il loro capoclasse. Però la democrazia è un’altra cosa: banalmente, significa eleggere col voto coloro che poi comandano. Questo non si verifica nella quinta C (“comandano” sempre il preside e i professori) e non si verifica in Iraq (comandano gli americani e i capi religiosi). Come democrazia “scolastica”, a scopo educativo, può andare. Ma attenti a non fare confusione. Soprattutto, a non farsi venire la tentazione di introdurre la democrazia “educational” anche da noi.

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Che cosa è successo a Falluja, si può sapere? Una città moderna, con tivvù, automobili, appartamenti e decine di migliaia di persone, “assediata” e “conquistata” come una roccaforte del medioevo. Che cosa vuol dire “conquistare” e “assediare” nel duemila? Una faccenda come Sarajevo? O più medioevo ancora? E chi lo sa. Non esistono, a mesi di distanza, inchieste esaustive su Falluja; o almeno non sono arrivate fino a qui. Per singolare coincidenza, la maggior parte dei giornalisti rapiti da “fanatici senza controllo” risultano essere: a) pacifisti; b) interessati all’assedio di Falluja.

Tre indizi fanno una prova, dicono i governanti italiani. No, tre indizi non fanno una prova. Ma sette indizi identici – Koriama, Baldoni, Chesnot, Malbrunot, Aubenas, Hanoun e ora Sgrena – fanno un interrogativo molto consistente. Con quali mezzi il “governo” irakeno (di cui vari esponenti sono ex agenti di Saddam: che per buona parte della sua carriera è stato un dittatore filoamericano) controlla il paese? Chi è il colonnello Poletti in questo momento in Iraq? Chi è Genco Russo? Chi è il bandito Giuliano?

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Saddam. Finalmente gli americani si sono resi conto che Saddam era un dittatore. Meglio tardi che mai (noi pacifisti lo dicevamo 25 anni fa). Però potevano accorgersene prima, i coglionazzi: ci hanno fatto incazzare talmente, con questo filosaddamismo del cavolo anni ’80, che quasi quasi a momenti li bombardavamo.

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Iran. E ora come portare la democrazia anche in Iran? Due alternative: 1) bombardarli, riunire i superstiti e poi farli votare: 2) tornare con la macchina del tempo agli anni Cinquanta, quando loro volevano essere democratici, e stavolta lasciarglielo fare.

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Dottrina Dudley. L’Europa ci impedisce di “ripulire la nostra terra dal verminaio indigeno, selvaggio e crudele, impossibile a convertire ai nostri usi civilizzati e cristiani”. Siamo nel 1755 e il governatore del Massachusetts, Joseph Dudley, ce l’ha tanto coi garantisti inglesi, che vietano l’uccisione di indigeni nelle colonie, quanto coi mangiarane francesi, che aiutano i selvaggi contro i coloni. Alla fine, spazientito, istituisce una taglia sugli indiani: trenta sterline “per ogni maschio sopra i quattordici anni”. Così si comincia a risolvere il problema senza perder tempo ad aspettare l’Europa.

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La mafia non esiste. Però l’altro giorno uno degli arrestati nell’operazione “Grande mandamento”, a Palermo, ha fatto il nome di un politico, tale “Totò”, che riceveva i mafiosi a casa sua nel capoluogo siciliano.

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Il sovversivo. Sotto il fascismo era quel tale che, discretamente sorvegliato dalla questura in tutto il resto dell’anno, veniva bonariamente messo in guardina tutte le volte che il duce o il re o qualche altra eccellenza visitava il paesino. Questo per evitare che il poveraccio, ormai fuori controllo o semplicemente ubriaco, turbasse la cerimonia con un “Viva l’anarchia!” o un “Matteotti!”. Adesso succede quando va ai convegni Berlusconi: acchiappano Ricca (quello del “Rispetta la legge! Buffone!”) e lo tengono discretamente da parte finché la visita di Sua Eccellenza è terminata.

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Torture. In Italia ci sono state a Bolzaneto – se lo ricorda più nessuno? – ma fra i politici non se ne parla: cerino acceso ai giudici, che sono pagati per questo, e poi via al dibattito sulle torture in Iraq-America (se di sinistra) o in Iraq-Saddam (se di destra). Non c’è neanche una legge contro le torture (non l’hanno voluta i leghisti, per delicatezza verso Kappler) perciò ogni volta i giudici debbono usare complicate metafore per dire che è stato torturato qualcuno.

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Futilità. Perché il congresso Ds (dei Sdi, dei Marg, dei C, dei Fed, dei Gad) in fin dei conti è inutile e se ne poteva anche fare a meno? 1) Perché qualunque cosa succeda siamo sempre obbligati a votare per loro, visto che l’alternativa è Berlusconi. 2) Perché il programma di governo in realtà ce lo costruiremo lungo la strada, vedendo-facendo: chiederlo adesso a loro è come chiedere a un vigile urbano di Trapani l’orario dei pub di Londra, dove passeremo il fine settimana. 3) Perché i problemi che dovrà risolvere il governo di centrosinistra (o qualunque altro governo fra due-tre anni) saranno completamente diversi da quelli che s’immaginano ora. Per esempio: che si fa, quando i marziani sbarcano a piazza San Pietro? (E questa è una delle eventualità meno pazzesche: ma potrebbe anche succedere che Linux scavalca Microsoft, che l’India ha più scienziati dell’America, che fallisce il dollaro, che arrivano i panettoni cinesi…).

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Bertinotti sarà il Bossi di Prodi? D’Alema, poveretto, dovrà fare il Fini? E chi farà invece il callido Follini?

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All’asta fra Polo e centrosinistra, i radicali. Chi offre di più se li prende. Come l’unica ragazza alla festa dei Commercialisti in Pensione, che però risultò essere – come da copione – una puttana.

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Giornalista ufficiale del congresso Ds? Diaco. E come faccio a prenderli sul serio su tutte le altre cose?

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Fratelli d’Italia. Franco e Riccardo Bossi (rispettivamente fratello e figlio di UmbertoBossi) sono stati assunti presso l’Europarlamento con la qualifica di assistenti accreditati, a 12.750 euri al mese. Di mestiere, Franco Bossi fa il venditore di autoricambi a Fagnano Olona e Riccardo Bossi, che ha solo 23 anni, il fuoricorso. “Ma non erano quelli che dicevano Roma ladrona?” commenta indignato un lettore. Tranquillo: meglio così. Vuol dire che in fondo sono italiani anche loro.

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Il ministro: “Tu sottovaluti il terrorismo”. Il giudice: “Contalo a un altro, idiota. Io ho ho visto i miei fratelli ammazzati, mentre combattevamo il terrorismo”.

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Ansa. < Il deputato regionale Vladimiro Crisafulli, leader ennese dei Ds, dopo il suo discorso nel congresso siciliano della Quercia, è sceso in platea e raggiungendo l’eurodeputato Claudio Fava, seduto in prima fila, lo ha abbracciato. I due dirigenti, quasi sempre in opposti schieramenti all’interno del partito in Sicilia, in piedi e rivolti verso i delegati, hanno alzato il pugno, tra l’euforia dei diessini che hanno salutato la pace ritrovata con un lungo applauso. Prima dell’abbraccio Crisafulli, durante il suo intervento, aveva proposto a Fava, europarlamentare ed ex segretario regionale della Quercia, “una moratoria”, alludendo ai contrasti e ai dissapori che raggiunsero il culmine in occasione delle scorse europee. Crisafulli era finito al centro della cronaca perché coinvolto in un’indagine su una cosca mafiosa ennese. La sua posizione è stata archiviata. A riprova del clima di serenità raggiunto, Fava, prendendo la parola, s’è “scusato per i toni accesi” che avevano animato la vigilia del congresso >

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Mah. Almeno potevano risparmiarsi i pugni chiusi. Di solito in questi casi bastano e avanzano i baci.

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Petrolio a Cuba. Riserve per cento milioni di barili scoperte da una compagnia canadese. Povero Fidel. Gli mancava solo questa per essere bombardato.

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Cronaca. Roma. Agente di Scotland Yard derubato di portafogli e distintivo da due zingarelle ai Fori Imperiali. Gli oggetti gli sono stati restituiti pochi minuti dopo da due carabinieri che avevano notato il colpo. Non è stato reso noto se il funzionario si trovasse a Roma da semplice turista o in missione per Sua Maestà.

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Cronaca. Weimar. Dieci ragazzi “di buona famiglia” hanno dato fuoco con molotov, lanciarazzi e bidoni di benzina a un piccolo campo di zingari vicino Ercolano. Le vittime designate erano ventisette, fra cui sette bambini. Il fuoco non si è sviluppato subito perché, dopo che i tetti erano statio cosparsi di benzina, la lanciarazzi non ha funzionato. E’ stato quindi necessario ricorrere alle molotov, il cui rumore ha svegliato gli zingari che sono corsi fuori. “Volevamo solo divertirci” hanno poi detto ai carabinieri i giovani fermati.

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Spot. “Noi stiamo con Falcone”.
< Siamo un gruppo di ragazzi e di ragazze che lottano ogni giorno nella propria quotidianità per combattere la società della menzogna, della paura, del pregiudizio, dei tanti silenzi.
Nasciamo da esperienze diverse e percorsi culturali diversi, ci accomuna la giovane età, il nostro rifiuto dei compromessi, la voglia di cambiare il mondo in maniera possibile.
Ci ispiriamo alle idee e all’azione quotidiana di Giovanni Falcone e di tutti quelle persone che si sono battute contro il regime mafioso, con carattere e con determinazione.
Abbiamo a cuore il bene della nostra nazione e del mondo, senza avere nel dna quel nazionalismo insulso e senza senso che accomuna molti politici e partiti.
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“Io sto con Falcone” era il titolo della manifestazione del 2004 in memoria di Giovanni, Francesca e degli uomini della scorta uccisi dalla mano della mafia. Noi eravamo lì. La nostra associazione nasce nel settembre del 2004 per volontà di parecchi ganzi giovani che dopo aver messo a soqquadro le istituzioni scolastiche e non, lottando per ripristinare legalità e diritti tra gli studenti, decidono di continuare a combattere i fenomeni di illegalità e di mafia .Il nome che abbiamo scelto, “Io sto con Falcone” , ribadisce in maniera netta e irrevocabile che noi siamo per la cultura della legalità, contro ogni mafia.
Non siamo un’associazione politica o partitica, ma non collaboriamo con chi scredita per tornaconto l’operato della magistratura, chi infanga o strumentalizza gli uccisi dalla mafia. Noi stiamo con Falcone, con Borsellino, con Impastato, con Dalla Chiesa, con Caponetto, con Ilda Boccassini, con Piero Grasso, con Libero Grassi, con tutti gli uomini e le donne che la mafia la combattono e le negano il consenso. Crediamo che il futuro di questo percorso e di questa lotta sia affidata a noi giovani, e che la nostra voglia di cambiamento arriverà ad abbattere il muro dell’omertà e a piegare i favoritismi Non siamo illusi, rivolgiamo il nostro sguardo ed il nostro operato ad un futuro che inizia da noi.
Bookmark: www.iostoconfalcone.it
Contatti: info@iostoconfalcone.it

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alessandro.paganini@iol.it wrote:
< “LIBERO” è diventato una galera. Navighiamo tra spazzatura, porno, e inaccettabili restrizioni. Questa casella (attiva dal 93) è stata abbandonata in segno di protesta. Per gli amici: mi trovate su cheapnet.it. Per gli spammers: vaffanculo. Per Infostrada/Wind: che brutta fine avete fatto fare a ItaliaOnLine >

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Un utente di Libero.it, dopo l’ennesima newsletter di Libero.it, wrote:
< La vostra newsletter è penosa, e mi dispiace che siate obbligati a farla. Il take su Melissa (“Diventa un attore anche tu”) è vergognoso. Mescolare come fate nelle vostre news cazzi e lanterne, gossip sull’attrice porno e solidarietà per lo tsunami è semplicemente da Metropolis o da 1984: pastone per i prolet, stronzate per gli stronzi. Quanto a “Libero che si fa in cinque per te”, Libero da più di un anno sta cercando di impormi per forza il suo accesso internet: se non lo prendo, sono obbligato a scaricare la mia posta via browser, perdendo il triplo del tempo. Se me l’aveste chiesto con le buone, magari l’avrei anche preso in considerazione; ma così, potete stare freschi. Se siete obbligati a imporre il vostro accesso per forza, vuol dire che questo accesso, tecnicamente, non dev’essere dei migliori. E se non è un granchè il vostro accesso, figuriamoci il resto. Conosco parecchia gente che ragiona così, che non si fida di Wind-Libero per questi precisi motivi. Forse, vi conveniva essere meno prepotenti e più professionali >

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nocina.net@libero.it wrote:
< La poesia dedicata ai folli, comparsa sulla Catena n. 268 non è di Logan Clash, forse lui l’ha tradotta, sicuramente lui te l’ha spedita ma per dovere di cronaca ritengo sia giusto dirvi che è stata ideata per una campagna pubblicitaria. E colgo l’occasione per esprimere la mia ammirazione di linguista per la creatività di coloro che lavorano in questo campo >

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Lia wrote:
< …Ma il vero luogo dell’orrore è Birkenau, questa vasta area quasi vuota, dove nell’assoluto silenzio puoi sentire quasi fisicamente la presenza di tutto il dolore, di tutta la sofferenza che quelle persone hanno patito, e non riesci nemmeno a capacitarti di come sia stato possibile che qualcuno lo abbia pensato, voluto, programmato…>

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Tito wrote:
< Abbiamo imparato qualcosa dopo Auschwitz? No, i genocidi si sono continuati a ripetere in Ruanda o a Srebeniza, le persecuzioni politiche anche. Abbiamo imparato qualcosa dopo Auschwitz? Si, abbiamo imparato ad usare le schede perforate Hollerith e i calcolatori, ad Auschwitz le utilizzavamo per sapere quale Ebreo, medico, tra i 35 e i 40 anni gasare, oggi per capire quale italiano, medico, tra i 35 e i 40 anni guarderà retequattro >

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Dibattito sul “giornale”.

marco.carnazzo@fastwebnet.it wrote:
< Non entro in merito sulla versione cartacea: non sono mai riuscito a leggere i giornali su carta:) (la carta la lascio solo ai libri). Anche se l’idea, avanzata da tuo lettore, di riprendere la newsletter e stamparla (con opportuni cambiamenti grafici) mi sembra buona.
La Catena e’ un ottimo punto di partenza. Ha tanti punti in suo favore:
– Arriva via mail, che considero il mezzo migliore per un giornale: un sito web confonde e non si fa mai seguire per intero. E la grafica di base e’ quella del mio mailreader, cioe’ quella che ho deciso io e non altri.
– La lunghezza, sia del singolo articolo che della catena in toto: e’ perfetta, ne’ troppo lunga ne’ troppo corta. E’ l’unica newsletter che ricevo che riesco a leggere interamente.
– La grafica: ASCII puro, quindi leggero (niente fronzoli).
– La periodicita’: ti da’ il tempo di leggerla tutta e di non dimenticarla. Non ti intasa la posta con troppe mail ma neanche passa troppo tempo da una catena all’altra.
Cio’ che manca alla Catena:
– Ovviamente altri giornalisti. Essendo fatta da una sola persona, non e’ esaustiva.
– Uno spazio piu’ adeguato per i commenti dei lettori e per le foto. Era ottimo ad esempio cio’ che faceva Enzo Baldoni dall’Iraq: una newsletter legata ad un blog.
– Un forum, una chat e/o una mailing list dei lettori [io preferisco la terza, ma faccio parte della “vecchia scuola informatica”:)]. Creare intorno a un giornale una comunita’ e’ una gran bella cosa. In fondo la funzione principale di Internet e’ beccare ragazze:D.
– Una segnalazione di eventi (culturali ma anche di cazzeggio), purche’ sia “localizzato” (a me interessano quelli che si svolgono in Emilia Romagna e in Sicilia; mi stanca ricevere anche quelle dalle altre regioni).
– Degli approfondimenti: biografie , dossier, articoli piu’ lunghi ecc., che da’ fastidio ricevere via mail ma che ogni tanto si e’ interessati a leggere sul web. Ad esempio: metti che leggo nella newsletter un tuo articolo su Ciancio… mi piacerebbe che in fondo all’articolo ci fosse scritto:
Per leggere il dossier ‘Ciancio, il Berlusconi siciliano’: http://blablabla2″
– La possibilita’ di personalizzare la newsletter: a me ad esempio interessano gli articoli su antimafia, nonviolenza e Linux, non ho il tempo di leggere quelli su antivivisezione, musica e cinema. Se li ricevessi tutti mi stancherei di fare la cernita e non leggerei piu’ niente.
Considerazioni piu’ generali:
– Mi piacerebbe che questo nuovo “giornale” sfruttasse cio’ che gia’ esiste. Sai molto meglio di me che probabilmente tanti sarebbero pronti a collaborare, ma nessuno sarebbe disposto a chiudere seduta stante il proprio sito per confluire nel nuovo progetto. Ma ormai tecnologia e standard (XML, RSS…) danno la possibilita’ di condividere articoli tra piu’ siti e tra piu’ media: sfruttiamo questa tecnologia:)
– Per la radio e i video online la banda larga non e’ ancora cosi’ diffusa da ritenerli dei media validi (Arcoiris e’ un’ottimo progetto, ma e’ inevitabilmente di nicchia).
Allo stato attuale penso sia piu’ conveniente essere “ospitati” da radio e/o tv gia’ esistenti (come fa ad esempio Peace Reporter).
– Sul contenuto vero e proprio… beh… dipende da chi ci sta dentro… Spero sia la voce del “movimento”, in tutti i suoi aspetti, dagli scout ai disobbedenti. Ma con toni leggibili anche dai “non addetti ai lavori”. Ma questa e’ discrezione del singolo giornalista >

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Libro di lettura (ad uso dei piccoli siciliani, e anche neri, marrocchini, africani, brasiliani e rumeni e di tutti gli altri Paesi).

< Oh fattorino in bicicletta
Ma dove vai con tanta fretta?
Corro a portare una lettera espresso
arrivata proprio adesso.
Oh fattorino corri dritto,
lì nell’espresso cosa c’è scritto?
C’è scritto mamma non stare in pena
se non ritorno per la cena;
in prigione mi hanno messo
perché sui muri ho scritto col gesso… >
[gianni rodari]

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< L’avvoltoio andò dal fiume
ed il fiume disse no:
“avvoltoio vola via,
avvoltoio vola via.
Nella limpida corrente
ora scendon carpe e trote
non più i corpi dei soldati
che la fanno insanguinar”. >
[italo calvino]

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< Ora prende” disse il vecchio
ad alta voce. “Voglia Dio che
prenda”. Invece non prese. Se
ne andò e il vecchio non sentì
più nulla. “Non può essersene
andato. Sta soltanto facendo
un giro. Forse ha già abboccato
una volta e se ne ricorda”. Poi
sentì il lieve strappo alla lenza
e fu la felicità. >
[ernst hemingway]

* * *

< Litigavano, urlavano, ad un certo
momento la ragazza si lanciò addosso
a uno dei giovani e cercò di picchiarlo
a pugni e calci. Urlava e piangeva, ma il
giovane la colpì con un pugno
al volto… La ragazza sbatté contro
il muro e scivolò in ginocchio, aveva
il labbro spaccato, tutto il volto pieno
di sangue, e quel giovane allora fuggì…. >
[giuseppe fava, ultima violenza]

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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)