San Libero – 219

23 febbraio 2004 n. 219

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Pianeta. La repubblica di Tuvalu è costituita da una dozzina di atolli corallini più o meno a mezza strada fra le Hawaii e l’Australia. E’ conosciuta soprattutto perchè il suo suffisso internet è .tv, percui se ti registri a a Tuvalu, avrai roba come www.new.tv, www.film.tv, www.my.tv, e così via: facile da ricordare, perfetto come immagine e senza “com”. Un paio d’anni fa c’è sbarcato un imprenditore americano, certo Garth Miller, e ha fatto un po’ di soldi accordandosi col governo locale e rivendendo in America un po’ di questi nomi di dominii. Poi non se n’è parlato più, e onestamente non esistono molte ragioni per cui ci si debba occupare di dodici isolotti con circa quindicimila esseri umani, cani e gatti compresi
Tuvalu tuttavia è entrata nella storia del pianeta, e temiamo che ci resterà molto a lungo, il 19 febbraio alle ore venti locali. A quell’ora una serie di ondate anomale hanno ricoperto tutte le isole, e le hanno tenute sott’acqua per più di un’ora. Poi l’oceano si è lentamente ritirato (i tetti delle automobili, i finestrini, e finalmente le ruote) e nel giro di ventiquattr’ore la situazione è tornata più o meno normale. Non ci sono state vittime perché le autorità, avvertite dai metereologi, avevano provveduto in tempo a far mettere la gente al sicuro nei piani alti. Per quell’ora tuttavia, l’intera repubblica ha vissuto appena sopra il pelo dell’acqua. E’ la prima nazione del pianeta Terra cancellata, sia pur provvisoriamente, dall’effetto serra.
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Le isole del Pacifico, secondo i primi navigatori (Bouganville, Cook) erano una specie di paradiso terrestre abitato da felici indigeni che non facevano altro che mangiare, prendere il sole e fare l’amore tutto il giorno (e la notte). I marinai occidentali hanno portato loro la sifilide. I missionari, la posizione del missionario. I governi, i gendarmi, gli hamburger e le guerre. Tutto questo per dire che se una fine del mondo ha da esserci, pare tristemente appropriato che debba cominciare proprio là.

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L’ora di italiano. “Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi…”. Un momento: che vuol dire “presidente del Consiglio”. Chi è Berlusconi, lo sappiamo: ma di che consiglio si tratta? È una cosa politica, vero? Io guardo la televisione (tranne il telegiornale), a volte trovo Leggo in treno, ma poi tempo per leggere non ne ho. E anche se l’avessi, dovrei perdere troppo tempo, a ogni riga, a farmi spiegare tutte le parole difficili: finanza, verifica, rimpasto, maggioranza, opposizione… Che vogliono dire?
Ok, tu sorridi. Ma un terzo degli italiani è così (un terzo che non sta in internet, naturalmente). Ventidue milioni e mezzo di cittadini sanno leggere sì, ma non fare il riassunto di una frase. Capiscono un “divieto di sosta” (anche perché c’è il logo) ma non un “obliterare il biglietto prima di salire sul mezzo”. Le cifre del vero e proprio analfabetismo di ritorno (difficoltà anche solo a leggere) sono meno precise, ma si può valutarle fra il dieci e il venti per cento della popolazione: sono cifre che crescono, comunque (per strana coincidenza, la regione con la maggior percentuale di laureati, la Calabria, è anche quella con più analfabeti: i due estremi). La popolazione è sempre più alfabetizzata sul piano televisivo, distingue fra Bonolis e Ricci, fra la Carrà e la Cuccarini; ma lo è sempre meno sul piano della scrittura. In una qualunque discussione di bar, troverete sempre qualcuno che sa (per esempio) che Emilio Fede è di destra e Santoro di sinistra; ma solo alcuni hanno sentito parlare di Montanelli, e nessuno di Pintor o di Pansa.
Così, in questo momento, noi – qui ai giardinetti – stiamo parlando solo fra una parte della gente che ci è vicina. Un sacco di gente entra ed esce dal giardino, magari passa proprio davanti alla nostra panchina, e resta astralmente lontana da noi, come fra terrestri e klingoniani. Teniamone conto, quando parliamo di politica: ci sono due partiti in realtà, il Partito dell’Alfabeto e quello senza. Se apparteniamo al primo, non consideriamoci autosufficienti, nè “importanti”.
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La politica consiste essenzialmente nell’alfabetizzare la gente. Non educare, che è un’altra cosa. Nessuno può insegnare a un altro, senza essere presuntuoso, dei contenuti: i contenuti seri, non strettamente specialistici, si scoprono da sè, e analfabeta non vuol dire affatto stupido nè ignorante. Si possono insegnare invece le tecniche per tirar fuori i *propri* contenuti: che sono sempre immensi, in ogni essere umano. La vecchia sinistra, nel sud, insegnava a leggere e scrivere nelle sezioni, metteva i compagni in grado di leggere l’Unità ma anche Manzoni, Grandhotel, l’Origine della specie e la Gazzetta. La Dc, alla tv, aveva il maestro Manzi. L’Italia nel suo insieme, cattolici e communisti, aveva Don Milani. Tutti i “politici” di base di allora, dal parroco al segretario di sezione, erano essenzialmente dei maestri di scuola.
Adesso, il messaggio va solo a senso unico, nessuno insegna più alcuna tecnica, s’impongono dall’alto direttamente i contenuti. E tutto ciò è sistematico, è un’ideologia. Dall’eliminazione della scuola pubblica al misero cinque per cento (scandalo fa le nazioni) stanziato per l’istruzione, tutto va coscientemente e cinicamente nel medesimo verso: disalfabetizzare le classi povere, rendere un privilegio lo strumento-lingua italiana. A volte, fra le maglie del Sistema di Dealfabetizzazione, qualcosa riesce a passare, clandestina: il rumeno che legge attentamente, faticosamente ma la legge, la pagina sportiva sul metrò; il ragazzino che, provando e riprovando, è riuscito a mandare alla sua ragazzina un sms da cui forse lei capirà quanto lui le vuol bene. Il che è già fare una poesia, anche se lui lo ignora. La Lingua Italiana, passando sul ragazzino e sul rumeno, li guarda affettuosamente e sorride: come quando, in qualche rozzo villaggio del medioevo, qualcuno improvvisamente vergò “Adalbertos komis kurtis…”.

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L’ora di latino. Gli Dei greci erano persone abbastanza comuni, solo un pò più importanti. La loro principale virtù era di non esistere, ma la gente era abbastanza educata da rispettarli lo stesso. Insomma, se eri un greco, di Zeus e di Apollo potevi tranquillamente fare a meno: comunque, non te ne dovevi spaventare. L’unica cosa da temere veramente era la “hybris” (presunzione): ma questa colpiva gli dei esattamente come te. Per i romani, invece, gli Dei esistevano veramente: non Giove e Marte (ai quali facevano finta di credere per fare i progressisti) ma tanti deuzzi piccoli e incazzosi dei quali uno serviva a proteggere la porta di casa, un altro a non fare scappare i soldati, un altro a far spuntare i dentini al bambino… Insomma, Dei burocratici e seri e molto ma molto permalosi: Dei da starci in campana perché se s’incazzavano portavano *molta* sfiga.
I greci, per decidere gli affari loro, bastava che si riunissero in assemblea: chi è favorevole? chi è contrario? Ok, approvato. Eleggevano qualcuno che badasse all’esecuzione di quanto deciso e poi se ne potevano tornare a casa tranquilli, dopo avere inventato la democrazia. Cioè semplicemente il modo di mandare avanti tutti insieme una città, una “polis”.
E i romani? Loro, poveracci, ogni volta dovevano trovare qualcuno che, parlando con gli dei, li convincesse a comportarsi da gentiluomini e non inondarli di sfiga. L’elezione non serviva a scegliere un sindaco, ma uno specialista anti-sfiga. Questa capacità di tener buoni gli dei si chiamava “imperium”: nessun politico ne poteva fare a meno, pena una colossale ondata di sfiga su tutta l’urbe. Capirete che i berlusconi e i d’alemi di quei tempi sgamarono subito che, per farsi gli affaracci loro, bastava che s’inventassero auspici sfavorevoli (“San Quirino è incazzato perché i sindacati fanno troppo casino”) e avevano partita vinta.
Dal modo di fare dei greci è derivata la “politica”, che è una faccenda chiara e cittadina. Da quella dei romani l'”impero”, che non è affatto chiara (con tutti quei misteri di mezzo) e non è per niente cittadina. E siccome d’imperatori e d’impero, da un pò di tempo, si torna a parlare fin troppo spesso, ci conviene decidere una volta per tutte se preferiamo essere greci o romani.
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Questa faccenda “classica” di Atene e Roma, che noi europei abbiamo digerito da tanto tempo da trovarla ormai noiosa, è invece attualmente al centro del dibattito “alto” fra i politici americani: che sanno tutto di Pericle, di Silla, del post-Cartagine, di Ottaviano prima e dopo la presa del potere, e si compiacciono di citarli spesso e con gran serietà. Due temi da seguire con attenzione, per quanto possibile qui da noi: la democrazia “comunitaria”, di dichiarato modello greco, substrato ideologico (non nuovo: Jefferson, Whitman, Thoreau) di quasi tutto il no global americano, trasversalmente fra sinistra e destra; e il dibattito fra impero “marittimo” (Mahon, ma in un certo senso già Monroe) e impero “alla romana” (Luttwark, e più recentemente Krauthammer) che è ormai denominatore comune nel nuovo ceto politico americano. Un dibattito decisamente di destra, a volte di destra estrema (Wolfowitz) ma più frequentemente con toni realistici e moderati, in cui però il concetto di impero in sè non viene più messo in dubbio da nessuno. Differenza con l’ideologia britannica dell’ottocento, in cui la parola “empire” veniva translata in “commonwealth” e non (salvo che fra i poeti) in “imperium”.

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Giornalismo 1. Il giovane giornalista Simone Falanca pubblica un libro (Alfa e Beta, Frilli Editori) sulle indagini preliminari – poi archiviate – della procura di Caltanissetta in relazione alle stragi del ‘92. Il libro è in libreria da tre mesi ma non viene recensito dai mezzi d’informazione: come se non esistesse. Sentiamo che ne pensa l’autore:
< A dicembre ho pubblicato un libro-inchiesta sulle indagini delle procure di Caltanissetta e Firenze che indiziarono politici eccellenti di essere fra i “mandanti esterni” delle stragi di mafia del 1992. Entrambe le inchieste sono state archiviate per decorrenza dei termini di tempo. Sia i giudici di Firenze che quelli di Caltanissetta avevano parlato nei decreti di archiviazione di “rapporti continuativi e frequenti” tra uomini di Cosa Nostra e uomini Fininvest, fino a Berlusconi e Dell’Utri. Il mio è rimasto un libro-fantasma. Non ho la presunzione di aver scritto chissachè, ma ero convinto che un po’ di visibilità l’avrebbe avuta. Lo ammetto, gli argomenti del mio libro sono un po’ forti ed ero consapevole del fatto che a qualcuno avrebbero potuto far storcere il naso. Perciò ho sottoposte al vaglio dello storico Nicola Tranfaglia che li ha condivise e ha deciso addirittura di scrivere la prefazione.
Allora perchè il silenzio dei giornali sia di centrodestra che di centrosinistra? Chi ha posto il veto su questa inchiesta? Ne ho parlato con Frilli, l’editore, e neanche lui riesce a capacitarsi di questo sistematico silenzio. Ho cominciato allora a chiedermene il perché. Forse la mia colpa è stata quella di pubblicare *integralmente* il decreto di archiviazione del Gip Tona, che riassume dieci anni di indagini e solleva molti interrogativi. Forse di inquadrare gli omicidi Falcone e Borsellino in un quadro internazionale in cui la mafia esegue anche ordini impartiti altrove. Forse di collegare la stagione delle autobombe del ’93 al proliferare delle fantomatiche leghe del Sud (la maggior parte fondate in una quindicina di giorni da Gelli e Delle Chiaie). Forse di parlare di una possibile strategia globale dietro le bombe: la politica estera dell’Italia doveva restare fortemente filo-americana, e quindi bisognava sostituire la Dc, implosa dopo le indagini di Mani Pulite, con una nuova forza politica che ne prendesse il posto. Da far nascere a qualunque prezzo >
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Giornalismo 2. Su Panorama in edicola, profilo di Berlusconi con aria fiera e titolo da manifesto elettorale “La forza dei fatti”. E congrue articolesse nell’interno. Ognuno naturalmente è libero di avere le idee che vuole: ma una cosa – stilisticamente – è fare un giornale e un’altra fare comizi per un partito. A me, in trent’anni, non è mai saltato in mente di fare copertine “vota questo” o “vota quello”. “Vota Pci” sull’Unità (organo del partito) lo puoi scrivere, ma su Avvenimenti (giornale d’opinione) proprio no. Non tanto per una questione di contenuto (magari Avvenimenti poteva essere, e di fatto era, molto più communista dell’Unità) quanto di orgoglio nostro, di stile. Ci sarebbe scocciato moltissimo passare, anche davanti a un solo lettore, per dei propagandisti servili. Adesso,uno pensa allo spigliato e bellissimo Panorama di quando si era ragazzi, a quelli che ci lavoravano (e da cui s’imparava), al giornalismo.

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Charles. Io sono interista (o meglio lo ero quarant’anni fa) ma della Juve salvavo Omar Sivori, matto argentino che segnava attraverso le gambe dei terzini, e “Long John” Charles, che quando buttava a terra un avversario si fermava, stoppava il pallone e – “sorry” – lo aiutava a rialzarsi prendendolo per la mano. Non erano quotati in borsa, e neanche sapevano che cosa vuol dire.

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Poeti. Davvero, sono i poeti a capire prima. Quei tre versi di Evtushenko – “E se oggi la Russia intera/ come il sottomarino ferito/ non potesse più risalire in superficie dall’abisso?” – chiudono tutto un dibattito per un’intera generazione. (La Russia, nella sua storia, ha questo toccante leitmotiv marinaro, di tragedie anticipatamente concentrate nella metafora d’una nave. La corazzata che parte da Pietroburgo e circumnaviga funereamente Europa, Africa e Indie per farsi colare a picco al largo del Giappone: con l’equipaggio che per mesi ha lustrato allegramente gli ottoni in attesa della battaglia, e l’ammiraglio taciturno e pensoso che invece già sapeva. L’impero più grande del mondo, la prima volta, terminò così: e torna a ripetersi oggi, come un’immensa Atlantide che a intervalli periodici riemerga dall’oceano e riaffondi.

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Il gentiluomo: Tutto ciò che mi accade, è normale. Il fanatico: Tutto ciò che non è normale, è anormale.

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Corpi estranei. Qualche tempo fa la responsabile europea della Commissione sull’Ambiente, Margot Wallstrom, ha voluto misurare il proprio personale tasso d’inquinamento: non come esponente politico ma come persona qualunque, come una normale cittadina che vive in Europa. Dalle analisi mediche sono emerse tracce, nel corpo della signora Wallstrom, di ben ventotto elementi potenzialmente tossici: fra cui tracce il Ddt, teoricamente bandito dall’Europa fin dall’83.

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Brasile. Uccisi da un gruppo armato tre funzionari delle squadre anti-schiavismo del governo Lula. I killer hanno fermato la loro automobile in un luogo isolato e hanno aperto il fuoco. Il fenomeno della schiavitù interessa in Brasile diverse decine di migliaia di persone: funziona attraverso i debiti che i contadini delle zone più povere sono obbligati a contrarre coi proprietari delle aziende agricole (fazenderos), che sfruttano gratuitamente il loro lavoro fino alla (rarissima) estinzione del debito. Per contrastare questo fenomeno il governo ha istituito delle speciali squadre di pronto intervento, che nel giro di un anno sono riuscite a liberare quasi cinquemila schiavi.

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Europa. In povertà il quindici per cento della popolazione secondo l’ultimo rapporto Caritas. Le cose vanno anche peggio per i minorenni, fra cui la povertà colpisce un ragazzo su cinque. Disparità fra europei storici e “nuovi europei” dell’Europa orientale, dove il crollo del comunismo ha coinciso con l’abbattimento delle minime garanzie sociali e un aumento delle fasce di povertà. “Il circolo vizioso della povertà – commentano alla Caritas – si riproduce attraverso le generazioni”.
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Il vigilante davanti alla banca serve a evitare che la banca, precipitandosi fuori, si metta a rapinare i passanti.

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Confessioni. Non è che sono basso di statura. È che nel mio pianeta la gravità è molto meno forte che qui su Terra.

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Quel che succede, in realtà, è che stiamo ridefinendo il concetto di essere umano. Chi consuma è umano. Chi non consuma no.

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Joseph Blatter, presidente Fifa: “Se vi trovano positivi e vi squalificano, prendetevela con le vostre società, a molte delle quali interessano solo le loro quotazioni in borsa”.

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Cronaca. Roma. Un giovane dell’apparente età di venticinque anni, di nazionalità rumena, si è arrampicato in cima al Vittoriano minacciando di gettarsi di sotto. Dopo alcune ore, i carabinieri sono infine riusciti a convincerlo a scendere e a desistere dalla protesta. Il giovane, regolarmente immigrato in Italia, aveva perso pochi giorni prima il lavoro che gli dava diritto alla residenza e temeva di essere dunque espulso ai sensi della Bossi-Fini. La Romania è attualmente il primo Paese di origine dei lavoratori stranieri nelle grandi città italiane; seguono Albania, Marocco e Ucraina. Cent’anni fa la classifica vedeva invece ai primi posti Veneto, Abruzzo, Campania e Sicilia.

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Spot. “Anfora” è una raccolta di poesie scritte dai detenuti dell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto, arrangiate da Orazio Carnazzo e suonate dal gruppo musicale “Borgo Antico”. È un tentativo di portar fuori dalle sbarre la voce di persone che, come tutti, gioiscono, soffrono, esprimono emozioni; e di sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema, non affrontato seriamente dalle istituzioni e purtroppo non ancora risolto, dei manicomi giudiziari in Italia. Gli organizzatori sono i circoli Arci “Macondo” e “Papillon”.
Info: orazio@oraziocarnazzo.tk
Bookmark: (per scaricare l’MP3);

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Er Ciriola <3scalini@liberoprovv.it> wrote:
< “I politici sono tutti ladri”. Un momento: non è bello insultare così i ladri. Anche se uno ha sbagliato, non è un buon motivo per dargli del politico cosìì indiscrinatamente >

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Paolo Ribeca wrote:
< “Un paese simpatico, tutto sommato. Perciò basta aspettarlo, aver pazienza e volergli bene”. Secondo me una delle cause più rilevanti dei mali dell’Italia è invece proprio la percezione da parte dei suoi abitanti (decisamente falsa da un punto di vista oggettivo) che l’Italia sia un paese “simpatico”, fatto di persone che alla fine “ci arrivano”.
Pensa davvero che l’ottica del “tutto si aggiusta” e del “in fondo in fondo troveremo una soluzione” sarà davvero abbastanza per tirarci fuori dai guai?
Pensa davvero che un soprassalto dell’ultimo momento porterà la Sicilia, dopo 150 anni di stato nazionale e di interventi speciali, ad avere niente mafia e degli acquedotti funzionanti? Pensa davvero che almeno 30 anni di assenza totale della classe politica (e di investimenti a lungo termine nei settori dell’economia, dell’energia e della ricerca) potranno essere recuperati con una brillante improvvisazione?
No, i paesi che “ci arrivano” sono la Francia o la Germania, dove i treni arrivano in orario senza bisogno di un Inviato della Provvidenza che li faccia arrivare in orario, e dove il governo governa senza bisogno di un Unto del Signore che gli dia un’ispirazione.
Gli italiani hanno esattamente ciò che si sono meritati con le loro scelte, niente di più e niente di meno (e Berlusconi rientra perfettamente nelle categoria).
Con la solita stima, a presto >

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cciovi@yahoo.it wrote:
< “Il comunismo proibiva […] la gente rischiava la pelle […] i comunisti pattugliavano i confini con mitragliatrici e cani […] alzarono addirittura un grandissimo muro – sotto cui caddero decine di fuggitivi” Finalmente qualcuno (che non sia Berlusconi) dice che il comunismo non è stato né bello né buono. Ci sono ancora partiti che esibiscono ancora orgogliosi la face e il martello, uno di essi auspica addirittura la rifondazione del comunismo. Qualcuno è andato a stringere la mano in segno di solidarietà ad un tiranno che praticava la pulizia etnica a danno degli albanersi!. Scrivi: “È comodo essere occidentali coi banchieri della Parmalat, e “comunisti” coi lavoratori che chiedono la libertà di espatriare.” Avevo sentito usare appellativi di tutti i tipi, ma dare del comunista (anche se tra virgolette) a tizi come Bush, Berlusconi o Bossi ci vuole un bel coraggio “intellettuale” (anche questo tra virgolette) >

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redkemal wrote:
< Quello che hai scritto sul comunismo è vergognoso! Il comunismo non è il contrario di libertà….anzi. Leggi Marx e un buon libro di storia e capirai! >

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redrage@tin.it wrote:
< Un proverbio di Modica, paese ormai città nei pressi di Ragusa, dice che durante le feste carnevalesche bisognerebbe guardarsi dalla satira dei poeti! ” ‘A sdirriminica vàrdati cà u pueta sbuòmmica!”
Alludendo all’usanza delle satire popolari, quando improvvisate da un poeta diventavano taglienti ed aggressive. Non c’era frizzo, ingiuria o facezia che il poeta non si permettesse contro gli amministratori della cosa pubblica, i rappresentanti del governo, i magnati, i padroni in genere. E guai a chi se ne risentiva. Il poeta popolare, insomma, era intangibile per il volgo e poteva dirla a chicchessia purchè si trattasse di verità. Una storiella tradizionale legata ad un villano, che incontrando Gesù lo riconobbe e gli raccontò la sua vita e le prepotenze che subiva da un signorotto suo vicino, pregandolo di potere svergognare lo stesso senza incorrere in alcun pericolo per la sua persona. Gesù rispose che per fare questo bisogna essere poeti, perché solo essi possono affermare verità senza che alcuno li molesti. Così da allora il villano compose poesie terribili contro il signorotto, il quale dovette riderci su senza fiatare. Stammi bene >

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marco@ufic.tk wrote:
< … l’arcobaleno, bandiera della mia nazione. >

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giovanni_pesce@libero.it wrote:

< a noi ci piace il vento tiepido di maggio che lo prendi tutto in faccia
ci piace la birra fresca con le goccioline sopra
ci piace andare a zigghe&zagghe
e pedalare in tondo intorno alle aiuole, ululando, la sera
ci piacciono le traiettorie curve, ben pennellate
ci piace inventarci una nuova città
ci piace milano che diventa come amsterdamme
ci piacerebbe il monte stella al posto del palazzo di giustizia
in generale, ci piace andare in bici la sera >

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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)