San Libero – 21

È morto, in miseria, Philip Katz, l’inventore di Pkun-Zip, uno dei primi programmi per compattare files e farli quindi viaggiare su rete. È stato fra le quindici-venti persone grazie alle quali l’internet, tecnologicamente e culturalmente, si è sviluppato come una cosa di tutti e con come un lusso per pochi. Ha lavorato per te e per me, non s’è quotato in borsa ed è stato utile agli esseri umani.
Questa è politica, amico. Quella che segue invece è solo cronaca italiana.


“Sono tornati i socialisti, signora mia. Amato, Del Turco, Intini e Nesi al governo, Di Pietro a casa”… Beh, di tornare son tornati, non solo al governo ma pure all’opposizione: Berlusconi è ormai il principale azionista oltre che di Mediaset e Forza Italia anche di Leganord più un diritto di prelazione su Alleanza. Il Vaticano è ancora in mano ai cattolici, per ora, ma bisognerà vedere il prossimo papa. Il dollaro europeo non è decollato, l’america se n’è mangiata il dieci per cento nel giro di quattro mesi: a parte questa e altre piccole cose, tutto va bene.
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Non è un governo Amato, per la verità, ma un governo Intini. Per Amato ci potevano essere tante ragionevoli ragioni (meglio Amato che le elezioni, Amato gran commì, Amato salverà l’economia), ma per Intini non ce n’è proprio nessuna: Intini non serve evidentemente a nulla, salvo che come simbolo; come segnale. Chi lo dà e a chi lo dà, chi è costretto a subirlo, e perché mai?


Un italiano su tre non vota più, e fra quelli che votano parecchi danno scheda bianca o nulla: quasi ventimila, ad esempio, a Catania, su un sessantotto per cento di votanti (aumenta invece, a Catania come dappertutto, il numero dei partecipanti al Superenalotto). Nei paesi più avanzati, si fa notare, questo è normale: negli Stati Uniti ad esempio vota solo metà dei cittadini e i partiti sono due, uno di centro e l’altro di destra, più i fondamentalisti biblici e le associazioni gay. Per cui l’astensionismo degli elettori, lungi dall’essere un gesto di protesta o (come ai tempi della Repubblica) segno di scarso civismo, oggi può essere considerato un inconsapevole atto di adesione a un modello politico più trendly e occidentale. Appassionarsi alla politica non è più politicamente corretto, oramai: come le gitanes e i maccheroni, è un rimasuglio (tollerabile) di folklore latino.


(Votare, d’altra parte, non è così semplice quando devi scegliere fra essere licenziato con un calcio nel sedere o restare gloriosamente in mezzo alla strada in nome della nuova o della vecchia economia).


Sta restando deserta la piazza.


Kentucky. Phil Givens, imputato di omicidio di primo grado. La Corte è divisa, sei contro sei. “Tiriamo una monetina?”. “Ok”. Esce croce. Colpevole, condannato (la moneta, naturalmente, era un classico dollaro d’argento),


L’internet è nato col “gratis”. Vedi Netscape. Tutto ciò che non è gratis, prima o poi non funziona, Ma, fisiologicamente (cioè lasciando stare le forzature, le promozioni, le operazioni di giungla ecc. ) può esistere una relazione fra Rete e denaro?Alcune innovazioni tecnologiche, a suo tempo, hanno abolito il denaro; o meglio, la forma che il denaro aveva avuto fino a quel momento. Nell’isola di Maurora, ad esempio, l’invenzione della piroga fece crollare verticalmente il valore delle conchiglie su cui l’economia dell’isola fino a quel momento s’era retta: visto che nel vicino isolotto di Bororao, alla portata oramai di chiunque, la spiaggia ne era letteralmente lastricata (È vero che gli stregoni di Maurora, nel giro di alcuni anni, riuscirono a trasferire le loro ricchezze nella new economy del dente di pescecane, unità monetaria basata proprio sull’uso della piroga: ma non è detto che tutti gli stregoni siano abili come quelli di Mururoa).


Stava buffamente cercando, a cinquant’anni, di recuperare dal padrone della locanda le proprie foto di quando ne aveva venti, che quello s’era preso in pegno con tutta la bisaccia.


Quanto costa la benzina in Florida? E in Italia? Come mai nei paesi che hanno marines la benzina costa la metà che nei paesi che non hanno marines?


Il Giornalismo in cinquanta parole
Audience. Non c’entra un cavolo col giornalismo e ce la metto solo per motivi alfabetici. Anzi, quasi quasi ora la levo. Cominciamo dalla prossima. Via.
Biagiboccabrera. Famoso giornalista italiano dell’altro secolo. Di solito firmava con tre firme differenti. Era governativo, vanitoso, invidiosissimo e scriveva per i lettori.
Biondino. “Voglio fare il giornalista”. Ok. Per qualche anno non prenderai una lira, farai gli ospedali, i commissariati e in genere tutto ciò che ai giornalisti scoccia fare. Offrirai da bere per la tua prima firma (dopo sei mesi circa, se il capocronista è un buono), subirai un casino di scherzi idioti e sarai concupito dalla caposervizio cultura, che però ha cinquant’anni. Al quarto anno: sposerai la figlia dell’editore e diventerai professionista; o cambierai mestiere; o sarai convocato dal direttore che con aria benefica ti offrirà quattrocento milalire al mese. Adesso comunque ha cambiato nome e si chiama steggista.
Buffet. In questo momento nella tua città c’è almeno un convegno su qualche tema relativo all’informazione, quasi sicuramente con un ottimo buffet. Questa dritta è gratis.
Carriera. Certo. Giusto. Proprio così. È esattamente ciò che stavo per dire.
Carta. La differenza fra il giornale di carta e quello in rete è che quest’ultimo non lo trovi mai, diligentemente tagliato in quadrati, nelle toilette dei bar di periferia.
Corporazione. Residui tardo-medievali come l’Ordine dei giornalisti si trovano oramai solo fra i giornalisti. Tutti le altre categorie sono già alla fase, post-sindacale, della deregulation. Fatevi spiegare che cosa vuol dire (prima chiedete il permesso al padrone, però: non si sa mai).
Cronista. Quello che andava a piedi a vedere quel che succedeva. Duemila lire una foto, cinquemila un pezzo. Verso i quarant’anni gli facevano il contratto e smetteva di andare in giro.
Culodipietra. Caposervizio, caporedattore, ecc. ; basso stronzo e tarchiato. I giornali li facevano i culidipietra e i biondini.
Direttore. Per essere direttori bisognava essere anziani e con cravatta (sempre), autorevoli (a volte) o lecchini (spesso). In ogni caso, bisognava essere giornalisti. Adesso quest’ultima qualifica non serve più. il direttore è un manager con l’hobby del “signora mia”.
Donne. Tutte puttane. Servono essenzialmente a fornire le tette da mettere in copertina. Se in tv, a sculettare.
Dtp. Desktop publishing, vale a dire impaginazione a computer. La massima occasione perduta dai giornalisti. Il padrone, quindici anni fa, spendeva quattrocento milioni per impaginare un giornale. Il giornalista avrebbe potuto farlo (macintosh+laserwriter) con dieci. Ma siccome era ignorante non se n’è accorto mai. E così i giornali hanno continuato a farli i padroni.
Editore, editor, editoriale. L’editore è il padrone del giornale. Di solito fa un’altra industria e il giornale gli serve per farsi bello con gli amici. L’editore ideale, in Italia, deve avere perlomeno protetto qualche mafioso. Editor, in origine, era invece il proprietario-redattore (e possibilmente tipografo) del giornale. L’editoriale una volta lo scriveva l’editor, oggi lo scrive – per interposta persona – l’editore.
Formato, format, formato. Formato di una pezza di stoffa, di un quadro, di un foglio, e quindi per estensione di un giornale. Estendendo ancora, ma senza più artigianato e dunque barando (si usa la parola americana quando si vuol segnalare che si sta barando), il “format” di una trasmissione tv. Infine il formato di un file (Word, Gif, Tiff… ). di nuovo per una cosa artigianale, e dunque di nuovo in italiano.
Fotografo. Il proletariato del giornalismo.
Free. Libero o gratis, che in inglese è la stessa cosa (in italiano, “gratis” è di serie B e “libero” si usa solo negli editoriali).
Giornale. Quella cosa che vien data in omaggio con le videocassette, oppure con le patatine al macdonald. In Italia, nel giro di pochi anni, i giornali hanno perso un milione e hanno trovato duecento miliardi. Un milione di lettori e duecento miliardi di guadagni in più per gli editori.
Giornalista. Apparecchio per produrre o non produrre informazione. Il caposervizio ha pieni poteri sul giornalista. Il direttore ha pieni poteri sul caposervizio. L’editore può mandar via in qualsiasi momento, senza bisogno di alcuna spiegazione, il direttore. Questa struttura democratica, che nelle miniere di zolfo e nelle fazendas da tempo non è più in vigore, vige tuttora nel mondo dell’informazione e trova il suo limite solo nelle fraternità corporative, sempre più sbiadite a mano che i giornalisti anziani se ne vanno.
Haccattiemmellista. Quello che programma in Html, il (semplicissimo) linguaggio-base dell’internet. “Ho fatto la scuola di giornalismo e ora faccio l’haccattiemmellista a vuvuvù cuneo it”. Ottocentomila al mese, e in realtà niente contratto.
Internet. In italiano con la maiuscola, perché è una cosa importante: si va in Internet come una volta si accendeva la Televisione. In realta è un minuscolo the internet (i giornali, le radio, le tv e l’internet).
Inviato. Barzini a cavallo fra le fortificazioni di Port Arthur. Hemingway a Madrid. Oppure Gambino a Timisoara (Gambino chi? Uno che ha rischiato la pelle almeno quanto Barzini ed Hemingway. E poi è ingrassato).
Journalist. Anche questo ce lo metto per ragione alfabetiche, ma in realtà ho paura che col giornalista una differenza ci sia. Però siccome sono un giornalista non voglio approfondire.
Lavoro nero. Nel giornalismo non esiste più, per legge. È tutto regolare.
Lettore: Uno che avrebbe a che fare coi giornali, e che purtroppo dai direttori-manager viene confuso sempre più col consumatore (che invece è tutta un’altra cosa).
Lewinsky. Il caso Monica Lewinsky non è nato sui giornali, ma sull’internet, ed è cresciuto fin quasi a mandare a ramengo l’imperatore degli stati uniti. Il villaggio globale è cominciato così, con una storia orale.
Magazine. Un settimanale in inglese (da noi, tecnicamente, sarebbe un “maschile”). Ma con un’aria di vecchia tipografia, di copie ammonticchiate in magazzino, di fatti e fattarelli accumulati artigianalmente insieme, di Ben Franklin insomma, che manca completamente ai nostri “maschili” (roba, quando c’erano i barbieri, da barbiere).
Manager. Chiunque faccia i soldi coi soldi degli altri. Nei giornali sono più giovani dei redattori, e molto più spocchiosi (i redattori tuttavia sostengono di aver scopato, ai loro tempi, molto di più). I manager vecchi si chiamano padroni e vengono trasformati dopo la loro morte (che, incartapecoriti come sono, è molto difficile da accertare con esattezza) in leggende per giornalisti masochisti.
Massmidia. Va bene, mi arrendo: massmidia. Dall’americano mass, che vuol dire massa, e dall’americano midia, che vuol dire giornali, televisione, internet, popcorn e quant’altro.
Mestiere. Il giornalista è un mestiere, con in più lo sconto sul treno. Quindi i giornalisti non vanno chiamati dottore.
New economy. A me finora non m’è arrivata neanche una lira.
Nicchia. Devi inseguire ogni singolo coglionazzo e vendergli la sua singola Coca-Cola con la sua singola lattina personalizzata.
Notizia. Nell’ordine alfabetico, la notizia viene prima dell’opinione.
Opinione. Nell’ordine alfabetico, viene prima della notizia. L’opinione pubblica è l’opinione delle circa duemila persone la cui opinione ha importanza.
Opinionista. Persona ufficialmente abilitata ad avere un’opinione.
Porno. Tutte le nuove tecnologie cominciano col porno: la videocassetta, la religione, il settimanale, l’internet.
Portale. L’equivalente sull’internet del grosso e noioso quotidiano tradizionale. Però il portale è riuscito a diventare grosso, noioso e tradizionale nel giro di sei mesi.
Prensa. È il modo migliore di dire “la stampa”. El Espectador colombiano, “Missing”, I Siciliani (quest’ultimo non era scritto in spagnuolo, ma se lo sarebbe meritato).
Professionalità. Saper fare secondo norme ufficialmente riconosciute qualcosa di cui non ce ne frega niente. Il contrario di mestiere.
Promozione. Fra tutti coloro che continueranno a leggere queste stronzate verranno sorteggiate MILLE lire.
Pubblicità. Sei TU l’unico genio che capisce perché bisogna leggere queste stronzate. Solo tu sai che esse ti garantiranno un infallibile successo con le DONNE. Non chiedermi come, figliolo. È un segreto di noi pubblicitari. Fidati. E và avanti.
Pubblicità e politica. A proposito: che ci fai con le donne, senza quattrini? Vota per me e ti renderò anche ricco.
Quotidiano. Un giornale che esce ogni giorno. Che cos’è oggigiorno un giorno? Come fa una cosa che succede ogni giorno a succedere una sola volta al giorno?
Redazione. L’unico ufficio in cui non c’è una macchinetta del caffè. Se c’è la macchinetta del caffè sta cessando di essere una redazione (poi vi spiego perché: ma è scientifico, badate)..
Service. Se tu mi fai la piramide e io ti pago, è lavoro dipendente. Se tu mi fai la piramide e io ti frusto, è schiavismo. Se qualcun altro ti frusta al mio posto e poi mi porta i pezzi di piramide da assemblare, allora abbiamo fatto un service.
Sindacato. C’è persino fra i giornalisti, che è tutto dire.
Soldi. Questa in realtà è l’unica voce del mio dizionario che DEVI assolutamente leggere perché ne vale proprio la pena: xyx5z xy8 wz401 x88yww 9zy hk724 w129x xZz12 x987 xz09b wVyC4 whKlop bibìbubù (testo criptato, password a pagamento).
Stampa. “È la stampa, bellezza”. Cos’altro ci può essere da dire?
Target. Tutti coloro che si difendono disperatamente da te non comprando il tuo giornale.
Tecnologie. Nuove quelle di vent’anni fa.
Telecomando. I giornalisti si credono furbi perché nei giornali non c’è (apparentemente) il telecomando.
Telegrafo. Il telegrafo costa, e quindi devi scrivere magro, il telegrafo è fragile, e quindi è meglio che le cose essenziali le dici subito all’inizio, prima che la linea caschi. Le due cose più belle dello stile giornalistico non sarebbero mai nate se nell’Ottocento ci fossero stati i telefonini.
Tv. È l’unica a riportare fedelmente la realtà. Che riporta sempre più fedelmente la televisione.
Vortale. Un Portale Verticale. Non lo sapevi, eh? È che sei un obsoleto. Tua moglie non te lo dice solo perché le fai pena, e anche perché oramai anche lei ha la sua età.


“Felice chi è diverso essendo egli diverso.
Ma guai a chi è diverso essendo egli banale”
(Sandro Penna)