San Libero – 183

16 giugno 2003 n. 183

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Giustificasione. “Mercoledi 11 giugnio non ho andato a squola a riparare il cattivo voto perche ho stato col mio paparino a fare una gita in Israele ed Egitto. Spero che la maestra Bolcasini non si arrabi per cuesto e prometo che vengo a farmi interogare domani e stavolta non e una buggia”.

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Cronaca rosa. “Ha raggiunto Napoli lo yacht Al Said, un centoquattro metri di proprietà dello sceicco Quabus bin Said Al Said, sultano ereditario dello Oman, dove esercita il potere assoluto. Lo sceicco, che è una persona molto cortese e aveva proprio il capriccio di visitare Napoli, adesso è in giro fra Capri, Ischia e la costiera amalfitana. A Napoli ha lasciato un ottimo ricordo: festa con musica, regali per tutti i napoletani che sono venuti a bordo, ristrutturazione a sue spese di una banchina del porto, e moltissimi fiori (lo sceicco ama i fiori), fiori freschi ogni giorno, cinque o seimila euri di fiori alla volta: una bazza per i fiorai. Non si sa dove andrà dopo”.
Questo, tecnicamente, è un “pezzo di colore” ed è stato pubblicato con molto garbo dai vari giornali napoletani e, nelle pagine interne, da qualcuno nazionale. Non è una gran storia (sempre meglio una guerra o almeno un bel terremoto) ma è buona per un’apertura estiva, se fatta bene e con abbastanza particolari. Eppure è una storia tragica, la più tragica di tutte.
Lo sceicco di Oman, tecnicamente, è una figura del quindicesimo o sedicesimo secolo. Facevano un po’ di pirateria su navi a vela; quando riuscivano ad acchiappare un carico un po’ consistente, se lo andavano a vendere nella città più vicina (a molte centinaia di miglia) per qualche tappeto o qualche cammello. Nel frattempo, in Europa passavano la Riforma, l’Illuminismo, la rivoluzione francese, i sindacati, le macchine a vapore. Nell’Oman restava sempre lo sceicco. Bambini analfabeti, donne velate, uomini baffuti: tutti senza un diritto in più dei cammelli, perché tutta la sabbia era di proprietà personale dello sceicco. Le cose cioè che la storia, in tutto il mondo “normale”, spazza via. A un certo punto però la marina inglese decise di cambiare mezzo di propulsione: al posto del vecchio carbone, un liquido maleodorante che da quelle parti si trovava. Era il 1904 e questa, come tecnologia, era l’ultima novità e si poteva sperare che sarebbe durata per almeno vent’anni.
Invece è durata un secolo, e dura ancora. Il petrolio è ancora la risorsa più importante del mondo. Grazie al petrolio, abbiamo dovuto accettare fra noi, come una persona civile, un tipo come lo sceicco dell’Oman, sorridergli quando passa e metterlo sui giornali. Donne, uomini, bimbi e cammelli sono rimasti proprietà dello sceicco come prima. Su questo, naturalmente, hanno costruito tutta una politica e una religione. Noi ne facciamo parte esattamente come lo sceicco, nel momento in cui abbiamo bisogno di lui e lo accettiamo come interlocutore.
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Non voglio parlare dei bambini “palestinesi” e “israeliani” che in questi stessi giorni vengono selvaggiamente macellati dai maschi adulti israeliani e palestinesi in nome di una politica che ormai non ha alcun nome. Ma la colpa finale è sicuramente dello sceicco. E’ stato lui a rubare le risorse che avrebbero permesso a tutto il mondo arabo di vivere in pace e di progredire civilmente. Non è vero che è una guerra di religione. E’ una guerra di miseria. L’ebreo prende la poca acqua e i pochi ulivi del palestinese, il palestinese lo uccide, e lui lo uccide a vicenda; uccidersi è il solo bene che ai popoli impazziti ormai resta. Ma poteva non andare così. Potevano esserci risorse per tutti, c’erano risorse per tutti: per i palestinesi, per gli ebrei, per gli arabi delle città e del deserto, per i profughi della feroce Europa. Potevano avere acqua tutti, tutti istruzione, tutti vita normale; non avrebbero mai pensato – se avessero avuto queste cose – che l’unica cosa possibile fosse uccidere e morire. Invece, tutto è stato rubato. Lo sceicco, coi suoi complici delle compagnie petrolifere, l’ha afferrato per sè, per farsi lo yacht e i giri a Napoli, e per gli altri non è rimasto niente. Nient’altro che l’odio-capro espiatorio, degli arabi per gli ebrei e viceversa.
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Io mi auguro vivamente che gli assassini di stato israeliani riescano ad assassinare (se riuscissero a farlo senza massacrare, ma se ne fregano, tanti bambini innocenti) i capi del terrorismo di Hamas. Mi auguro anche che i terroristi islamici riescano, prima o poi, ad assassinare i capi del terrorismo israeliano (se per una volta decidessero di risparmiare almeno i bambini degli scuolabus ebrei). Vorrei che questi inconcepibili assassini, vergogna dell’Islam e obbrobrio d’Israele, riuscissero finalmente ad assassinarsi individualmente fra di loro, a liberare dal loro puzzo orribile la terra, a marcire col loro odio da soli; vorrei vedere finalmente le loro budella al sole e i bambini palestinesi e ebrei, liberi dai loro mostri, che ballano gioiosamente attorno ad esse. Vorrei imbestialire come loro, se questo servisse a liberarne il pianeta. Vorrei…
Ma questo che io vorrei, essi lo fanno già, senza paura. Sono già diventati delle bestie, e non hanno spostato d’un millimetro nulla. Sono semplicemente morti più bambini. L’imbestiamento è futile, oltre che disumano.
Allora, a malincuore, bisogna che anch’io ritorni a ragionare. Neanche il mio odio – come il loro – può servire a qualcosa. L’unica che può servire è la ragione. Analizzare freddamente, trovare la radice delle cose. La radice è il petrolio. Finché ci sarà petrolio, finché il mondo andrà a petrolio (non per necessità tecnologica, ma solo per far comodo alle multinazionali e allo sceicco), nessuna risorsa vera andrà agli arabi e l’odio si evolverà continuamente. Il piccolo Abdullah e il piccolo David moriranno e se non moriranno diventeranno assassini. Diventeremo delle bestie tutti, compresi tu ed io.
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E in tutta questa tragedia, noi mandiamo un Berlusconi.

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– Come sta, signora Guerra?
– Beh, ha visto i risultati delle elezioni in Friuli…
– No, no, mi scusi signora, non lei… Io intendevo la signora Guerra… l’altra…
– Diceva a me? (dal fondo viene avanti la classica Guerra con occhiaie scheletriche, veste nera e falcione) Io sto benissimo! Scoppio di salute! Mi vogliono bene tutti quanti! Pensi che gl’italiani – che cariniii! – quest’anno mi hanno venduto quasi il sette per cento di armi in più!
– Ah… immagino che ne sia contenta…
– Certo che sono contenta! Come crede che camperei altrimenti? Fiat, Oto Melara, Galileo, Bnl, Banca di Roma, Alenia, Galileo… Un appalto al giorno leva i guai d’attorno… i guai per noi povere guerre, dico… staremmo fresche se per campare dovessimo aspettare i giovani entusiasti come prima… adesso appena sentono parlare di guerra scappano tutti, in Italia… Meno male che ci sono le banche. Lei per caso ha qualche… non so, qualche vicino antipatico, qualcuno che… (sorride benevolmente) Sa, siccome lei è italiano quest’anno le faccio uno sconto particolare…
– Beh veramente…
– Ci pensi! (altoparlante: “Signora Guerra desiderata in Direzione!”) Mi scusi, devo andare!
Arriva un magnifico cavallo scalpitante, quello della pubblicità Shell. Gli salta in groppa e se ne va tutta allegra. Dissolvenza su Guerra che agita la falce euforica mentre il cavallo sfuma nel classico scheletro equestre medievale. Sullo sfondo, in rapida successione, stemmi e loghi: Alenia, Banco Roma, Fiat, Gengiz & Figli, Sacro Romano Impero, Oto Melara, Tamerlano, Shell. E Carmina Burana, tanto per fare atmosfera.

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Neolingua. Il Ministero delle Riforme (per abolire le riforme fatte in passato).
Il Ministero della Pace (missioni di “peacekeeping” con sbarchi e bombardamenti).
Il Ministero della Verità (“i magistrati ci perseguitano”, ripetuto da sei televisioni e venti giornali).
Il Ministero delle Pari Oppurtunità (gestisce veline, giornalisti e case chiuse).
Il Ministero della Fortuna (bingo, grande fratello, lotto e schedine varie).
Il Ministero del Lavoro Gioioso (il termine welfare ormai riguarda le condizioni psicologiche dei lavoratori) e, dipendente da esso, l’agenzia “Gioia Nel Lavoro”.
In Inghilterra c’è il Partito Lavoratorista, gestito da manager per conto dei datori di lavoro. In America il Partito Repubblicano, che però è ereditario di padre in figlio.

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Resistenza. Secondo gli ultimi rilevamenti Inps (su un campione di su 41mila seicento dati), solo un’azienda su due (in Sicilia una su tre) paga regolarmente i contributi ai lavoratori. La resistenza a lasciarsi sfruttare dai lavoratori è particolarmente forte fra le aziende milanesi.

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Guardoni. Telecamere nascoste negli spogliatoi di una ditta di pulizie a Monselice (Padova). Servivano ai datori di lavoro per controllare a loro insaputa le quaranta dipendenti della ditta.

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Profughi. Secondo Medici senza Frontiere in Italia di fatto è escluso il diritto d’asilo, che pure sarebbe teoricamente previsto dalla Costituzione. Su 9620 domande di profughi politici, nel 2001, ne sono state riconosciute meno di duemila; parte dei respinti sono già stati uccisi nei paesi da cui fuggivano e in cui sono stati rispediti dagli italiani; le procedure per i rifugiati politici oggi sono ancora più rigide che nel già durissimo 2001. Continua intanto la contesa fra Marina, Finanza, Guardia Costiera e Carabinieri su chi deve far la guerra ai profughi per mare: ciascuno rivendica l’onore della vigilanza costiera (la Marina per le sue gloriose tradizioni, la Finanza perché è brava coi motoscafi, la Guardia Costiera perché deve guardare le coste e i Carabinieri perché, oramai che sono autonomi, debbono occuparsi di tutto). Nel frattempo, il Sisde prevede “due milioni di clandestini” in arrivo per l’estate: speriamo che fra Finanza, Marina e tutto il resto ce la facciano a farli fuori mentre noi siamo in vacanza alle Maldive, in modo da non trovar disordine al rientro. (Ma non si farebbe meglio ad andarli a bombardare direttamente all’origine, prima che mettano piede sulle navi? Che so io, in Burkina Faso, in Bangladesh, in Marocco? Così si risparmierebbe un po’ di lavoro a quei poveri marinai, e non credo che nessuno obietterebbe nulla, di questi tempi).

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Elezioni. Nessuno a parole le vuole, e anzi si cerca di parlarne il meno possibile. Storace, coi militanti, s’è lasciato scappare un “Elezioni a novembre”: ma solo alla regione Lazio, se quei fighetti di Forza Italia continuano a farsi i cazzi loro come ora (sempre alla regione Lazio).
Pericoli da evitare: 1) non riprendiamoci Bossi (conosco i miei polli); 2) cerchiamo di fare le persone serie e di non fare altre cocilovate.
Una la stanno preparando per le elezioni europee, dove corre voce di una candidatura (nel centrosinistra) della povera Lucia Annunziata, che sembra trovarsi leggermente a disagio nel suo ruolo di spaventapasseri alla Rai ma vuole qualche contropartita adeguata per togliere il disturbo. Personalmente, ritengo che l’Annunziata dovrebbe semplicemente dimettersi, dedicarsi per qualche anno a studi di esegesi biblica e restituire alla collettività i megastipendi che s’è decretata (nell’occasione, potrebbe mettere una buona parola per far finalmente pagare i collaboratori delle testate da lei dirette). Stesso consiglio per l’altro valoroso garante della democrazia in Rai, il presidente della commissione di vigilanza Petruccioli, che esce dalla sua cripta solo per prendersi le sue (laute) competenze ogni ventisette. Anche per lui, studi biblici e restituzione delle indennità percepite.
Patti chiari e amicizia lunga: alle politiche, si vota per chiunque ci metteranno davanti purché mandi via Berlusconi (personalmente, sto già facendo un training autogeno per persuadermi a votare quel gran difensore dei lavoratori che è Prodi). Ma a tutte le altre elezioni, o candidati decenti o scheda bianca.

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Referendum. Com’è andata a finire? Io, al momento in cui scrivo, non lo so. Adesso che posso dirlo senza interferire, comunque, per quanto mi riguarda non ho votato (non avevo i soldi per arrivare fino al mio seggio elettorale in Sicilia). Comunque, mettiamoci una pietra sopra e non parliamone più. Un meno nel registro a Bertinotti per aver pannellato a freddo, un meno a Fassino per non aver mostrato troppo disagio seduto sullo stesso banco di Confindustria. Va bene: a settembre, esami di riparazione per tutt’e due.

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Europa. Sarà lunghissima e noiosa – un guaio quando vi toccherà studiarla a scuola – la costituzione europea; la concisione di altri tempi (“Tutti gli uomini nascono liberi e uguali”) è stata giudicata inopportuna, anche perché stavolta non si prevede di farne volantini. Dopo un lungo dibattito è stato altresì deciso di escludere tutti i parenti non sposati in chiesa (a cominciare dal povero Voltaire) dalla galleria degli antenati. Un pudico accenno alle “radici religiose” ricorda l’antisemitismo “cristiano” (dal tredicesimo al diciannovesimo secolo), l’inquisizione religiosa (dal quindicesimo al diciottesimo) e la caccia alle streghe (le ultime furono bruciate nel Settecento) che per un certo periodo furono effettivamente comuni a tutta l’Europa civile, sia cattolica che protestante.

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Pro-fes-sio-ni-sti. “Agenti di cambio, agrotecnici, architetti, pianificatori territoriali, paesaggisti, conservatori, architetti, assistenti sociali, attuari, avvocati, biologi, chimici, consulenti del lavoro, dottori agronomi e forestali, zoonomi, biotecnologi, dottori commercialisti, farmacisti, geometri, giornalisti, infermieri professionali, assistenti sanitari, vigilatrici d’infanzia, ingegneri civili e ambientali, ingegneri industriali, ingegneri dell’informazione, medici chirurghi, odontoiatri, notai, ostetriche, periti agrari, periti industriali, psicologi, tecnici di radiologia, ragionieri, spedizionieri doganali, veterinari…”.
Sono solo alcune delle categorie di cui dovrebbe occuparsi (se il governo non scappa prima) un’apposita legge, la “riforma Vietti”: fra di loro hanno in comune il fatto di essere esercitate da “professionisti” e quindi di essere accompagnate da appositi “ordini professionali” che debbono… Garantirle? Controllarle? Impedire sguardi estranei sulla corporazione? Boh. Non s’è mai capito bene, e non credo che si capirà meglio stavolta. Quanto al giornalismo, ho notato che di solito sono più seri quelli che lo considerano un mestiere di quelli che lo considerano una professione. Per fare il ciabattino (mestiere) non c’è bisogno di essere iscritti a un Ordine. Per fare l’astrologo (professione) invece sì.
E il giornalista che cos’è, un astrologo o un ciabattino? Taglia e cuce pezzetti di verità, oppure imbonisce il pubblico coi misteri della luna e le stelle? Ognuno a modo suo. Ma bisogna continuamente controllare la corporazione degli Astrologhi, che non cerchi d’imbavagliare i poveri ciabattini per poter vendere la luna in esclusiva e in santa pace.

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Cronaca. Torre Annunziata. “Trentacinque anni che faccio il carabiniere e devo prendere ordini da un bambino!”. Il giovanissimo ufficiale (sottotenente G.D.) non ha gradito lo sfogo dell’anziano maresciallo che aveva appena escluso da un servizio, e gli ha fatto rapporto. Di grado in grado, il fascicolo (“ingiuria”, “lesione della personalità” del superiore) è finito in Cassazione, dove al sottufficiale è stata confermata una condanna a due mesi di reclusione.

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Cronaca. Roma. “Russa”, nel loro codice, voleva dire semplicemente puttana: ce n’erano una ventina disponibili sull’agenda di Alessandro Martello, il giovane procuratore palermitano (nel senso che procurava donne e coca ai Vip) di casa nei ministeri grazie all’amicizia di politici che di lui – giurano – non avevano mai sentito parlare. Come Gianfranco Micciché, viceministro dell’economia, che l’estate scorsa dovette spiegare ai carabinieri che lui dal giovane Martello s’era fatto fare solo qualche campagna elettorale.

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Cronaca. Brillante operazione delle Forze dell’Ordine a Roma. Un blitz interforze, con unità cinofile e quant’altro, ha sorpreso alcune decine di immigrati che avevano organizzato addirittura una partita di calcio (undici contro undici, più i tifosi) nel parco di Colle Oppio. Le due squadre e gli spettatori sono stati caricati sulle pantere e portati in questura; presi e multati anche tutti i venditori ambulanti che hanno avuto la sfiga di trovarsi in giro a quell’ora. In questura, quasi tutti i fermati sono risultati “regolari” e quindi rilasciati alla spicciolata, senza tante scuse. La palla è rimasta là ferma in mezzo all’erba.

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Cronaca. Roma. Una donna moldava, Aurelia Bulicano di 32 anni, ha rischiato di essere travolta dal metrò alla stazione Termini per un improvviso malore che l’ha fatta cadere sui binari proprio mentre stava per arrivare il convoglio. E’ stata salvata da due giovani che a rischio della vita si sono gettati sul binario e l’hanno tirata via: appena in tempo, perché il treno li ha mancati di pochissimo e solo poi s’è fermato. Dei due, uno si chiama Maurizio Graziosi, è della Magliana, ha trent’anni e fa il vigilante precario presso un istituto. L’altro, senza accettare ringraziamenti, s’è dileguato in silenzio e di lui si sa solo che è un italiano.

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Angelo wrote:
< Montanelli diceva: “Berlusconi è una di quelle malattie che si curano con il vaccino. E per guarire da Berlusconi ci vuole una bella dose di vaccino Berlusconi. Bisogna vederlo al potere”. Purtroppo Montanelli aveva torto, noi Italiani ci siamo ammalati, ma la malattia si è rivelata diversa da ciò che ingenuamente pensavamo. Non un morbillo o una varicella ma un vero e proprio cancro che ha già attaccato molti organi vitali. O chi dice di avere la cura (Cofferati) si fa avanti in modo convinto o qua si rischia la metastasi >
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Lia Righi e Antonio Soligno wrote:
< Non sapevo della disavventura di Fulvio Grimaldi ed ero molto dispiaciuta di non vederlo più in televisione. Ogni tanto mio marito e io ci chiedevamo dove fosse finito. Mi piacerebbe fargli arrivare la nostra solidarietà, tanto più sentita proprio perché questo ultimo “sgarbo” gli arriva da un giornale considerato “compagno”. Puoi fargliela avere tu? >

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Massi wrote:
< Hai presente Prima Pagina, la rassegna stampa mattutina di radio3? La settimana scorsa c’era un giornalista che si chiama Virman Cusenza e stando alla sua scheda “ha iniziato la carriera giornalistica collaborando con Il Giornale di Sicilia e il settimanale I Siciliani”. Lo conosci? >
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Non mi pare. Forse avrà collaborato qualche volta (pagina 11, flash dalla regione?) ma non nelle redazioni nè fra i militanti (SicilianiGiovani e l’Associazione I Siciliani). Non capisco bene come faceva a scrivere contemporaneamente sui Siciliani e sul Giornale di Sicilia (che non era esattamente un giornale antimafioso).

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giovanni wrote:
< Seguo con attenzione la tua rubrica; a volte mi trovo d’accordo con te, a volte no. Io non sono più “communista” da 20 anni (ora ne ho 42), pur essendo stato iscritto alla Fgci per due anni, ma non per motivi di comodo (continuavo a dichiarami pubblicamente comunista anche nei primi due anni di frequenza dell’Accademia), ma semplicemente perchè ad un certo punto non mi ha più convinto la dottrina comunista nè la politica del Pci. Mi vanto però di non aver mai votato nè democristiano nè socialista. Partito Republicano e Rete si… e con convinzione (ora oscillo tra Ds e Di Pietro). Ma una cosa rimpiango del Pci, e del grande Enrico Berlinguer: l’orgoglio per la “diversità comunista” e la priorità della questione morale. E oggi, leggendo la tua rubrica, nella semplice ed efficacissima analisi del voto a Roma ho riletto quelle parole: “questione morale”. In un empito di entusiasmo (sono un ufficiale e non mi è facile espormi) ho scritto queste righe un po’ sconnesse per esprimerti la mia gratitudine e la mia approvazione. Hai perfettamente ragione, con la questione morale si vince, e purtroppo un signore coi baffetti credo che non l’abbia ancora capito >

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Alfredo Galasso wrote:
< Non so se sarà piazza Vittorio, ma una piazza anche più piccola dove incontrarci periodicamente per fare il punto e poi andare avanti, nella strada che è “l’unica salvezza”, Walter Veltroni farebbe bene a intitolarla a Dino Frisullo. Fallo, compagno Veltroni >

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Giuliano Poletti, dirigente della Lega delle Cooperative, wrote (a un giornale):
< Utilizzare l’espressione “coop rosse” induce a generalizzazioni fuorvianti e produce un grave danno all’onorabilità del mondo cooperativo… >
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Poletti si riferisce ai servizi sull’incriminazione di Antonio Fontana, un ex esponente del Pci siciliano risultato da indagini in combutta coi mafiosi. Il caso, di per sé, è abbastanza semplice: Fontana è un rinnegato come possono essercene dappertutto, fu espulso dal partito per ordine di Pio La Torre (fra i cui nemici, e forse fra i cui assassini, c’erano anche dei comunisti rinnegati come questo) e insomma in questo caso la sinistra non ha proprio nulla da rimproverarsi. Poletti però si duole del fatto che la Magistratura abbia dato all’inchiesta il titolo “coop rosse”. E qui c’è qualcosa da dire.
La Lega delle Cooperative, che in Emilia e Toscana ha una storia gloriosa e umana, e anche in questi anni si sta battendo per il commercio equo e solidale, in Sicilia s’è schierata in genere dalla parte del potere mafioso. Non perché abbia partecipato a omicidi – che nessuno le chiedeva – ma perché ha stretto rapporti d’affari con i peggiori imprenditori mafiosi, rinnegando le proprie origini e tradendo i militanti siciliani (quasi tutti di sinistra) che invece combattevano quegli imprenditori. In questo senso, morale e non giuridico ma umanamente immenso, essa si è fatta complice dell’isolamento e della morte di diversi antimafiosi. E adesso non ha alcun diritto di protestare nel momento in cui l’espressione “coop rosse” viene usata in Sicilia come un insulto.
Il mio giornale, I Siciliani, era una cooperativa aderente alla Lega. Siamo stati traditi e lasciati soli. E mentre lasciavano soli noi, facevano accordi e affari con i Cavalieri mafiosi. E questo non lo dimentico. Poletti se ne stia zitto, accetti umilmente ciò che i magistrati e i militanti di base ritengono di voler dire sulla moralità delle “coop rosse” in Sicilia e, se ne ha tempo, venga giù qualche volta a portare – umilmente – un fiore sulla tomba di Giuseppe Fava, giornalista e cooperatore della Lega in Sicilia, ucciso dagli imprenditori mafiosi con cui la Lega faceva affari. Non sono molte ormai le cose che riescono a farmi incazzare. La storia della Coop in Sicilia è una di queste.

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Memoria. Il 16 giugno 1996 è morto il professore Giuseppe D’Urso, che iniziò – con Giuseppe Fava – il movimento antimafia a Catania e fu il primo, in tutta Italia, a scoprire il legame fra mafie e massonerie. Lo ricordo qui, come ogni anno, con orgoglio per le cose che abbiamo fatto insieme e con pena per coloro che non se ne ricordano più.

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AntonellaConsoli <libera@libera.it> wrote:

Non voglio che per me si calpesti

< Non voglio essere un’amabile cialtrona
nè una guerriera senza uno spicchio d’amore
Non voglio collane di brillanti e noia
nè uomini che ronzano
come mosche sul carnaio
Non voglio che per me si calpesti
la timida perfezione d’una goccia >

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Perché tu li hai amati

< Tu che mi dai l’illusione
di amare,
essi ora amano
perchè tu li hai amati >

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Tutte le donne che dissero ti amo

< Tutte le donne che dissero ti amo
ad una ad una, silenziosamente,
lasciano che i ricordi
vadano a rinfrescare l’amore.
Qualcuna, delle tante, lo dirà ancora. >

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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)