San Libero – 124

Al peggio non c’è fine. Noi Berlusconi e Bossi, loro Le Pen e camerati. Noi con Bertinotti e D’Alema gli abbiamo regalato il senato, loro con una mezza dozzina di bertinotti e bertinottesse sono riusciti a buttare nel cesso un bel trenta per cento dei voti. Noi abbiamo dovuto votare Rutelli ma a loro, poveracci, per salvare la situazione gli toccherà votare Chirac.
Ora, apres le bertinottage, si torna a rivotare, e speriamo bene. Qualcuno dei coglionazzi locali continua a insistere che per noi grandi rivoluzionari in fondo Berlusconi o Prodi fa lo stesso, ma tutti i ragazzini di Francia sono scesi in piazza a difendere la vecchia cara Marianne, che in questi giorni e in queste piazze sembra proprio una ragazza di vent’anni.
Comunque, non è che abbbiano vinto i fascisti: i voti loro sono più o meno gli stessi di prima. Siamo noi compagni che abbiamo perduto, noi con più voti ma noi divisi e loro uniti. D’ora in poi, il primo che parla di dividersi, pesci in faccia e calci in culo. E allons enfants de les patries, le jour de la lutte est arrivee.
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Sono a Parigi in questo momento, da dei ragazzi della Sorbona (perchè ve lo racconto un’altra volta). Stiamo cercando di capire se sono io che debbo restare in Francia e chiedere asilo politico a loro o loro che debbono venire in Italia a fare la Francia Libera con Cofferati.

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Lo Stato. Nessuno ha mai osato accusare Agostino Cordova di essere un giudice politicizzato. Un giudice “sbirro”, piuttosto, lo definivamo i giovani cronisti dell’antimafia degli anni Ottanta e Novanta. Io me lo ricordo a Palmi, in Calabria, con quella faccia da mastino probabilmente buono, dalla parlata pesante, lo sguardo greve; ricordava vagamente Chinnici, ma senza l’ironia terragnola di Chinnici. Uno sbirro, un fanatico della legge scritta, un giustizialista, un qualunquista, un pazzo, uno che non guarda in faccia a nessuno – l’hanno chiamato in tanti modi, nemici e amici, Cordova: ma del “giudice politico” finora non gliel’aveva detto nessuno. Come dare del communista a Woytila o della persona perbene a Sgarbi.
Adesso, a dire che Cordova è disonesto – perchè questo, al di là delle metafore, hanno detto – sono i ministri. Ministri legalitari, tutti ordine e tricolore – per quanto colleghi di un avvocato di mafia come Taormina e di un sodale di mafiosi come Dell’Utri.
Essi sanno benissimo che cosa fanno accusando i giudici napoletani, e Mancuso e Cordova in primo luogo. Sanno benissimo di non esporli, isolandoli, a qualche articolo di giornale ma direttamente ai mitra e all’esplosivo della camorra, che in Cordova ha storicamente il suo nemico mortale.
Essi stanno isolando ed esponendo Cordova, esattamente come i loro predecessori fecero con Chinnici e con Falcone. Ma se ne fregano altamente, perchè in realtà essi non sono dei ministri della giustizia o dell’interno o di qualsiasi altra cosa, non sono dei funzionari pubblici al vertice dello Stato. Sono dei politicanti qualunque che, per una serie di circostanze, giungono a occupare poltrone dai nomi nobili e altisonanti di cui non comprendono e non possono comprendere il significato. Da quando il loro politico culo s’è assiso su quelle poltrone, hanno forse imparato a stare un po’ meglio a tavola, a frequentare pubblicamente meno mafiosi, a stringere la mano invece di fare il saluto romano. Ma per il resto, non sono cresciuti di un millimetro. È ancora la passione e l’opportunità della politica, nel senso più ideologico, a guidare i loro atti. Il senso dello Stato non li ha ancora sfiorati.
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“Ci sono dei giudici a Berlino” disse una volta un povero mugnaio a re Federico che voleva, illegalmente, imporgli delle angherie. E il re non osò insistere: la legge è uguale per tutti, superiore persino agli stessi re.
“Ci sono dei giudici in Italia”, è l’insegnamento altissimo che viene dai giudici napoletani. Nessuna illegalità e prepotenza, da chiunque sia compiuta, finchè ci saranno giudici in Italia, sarà impunita. La legge è uguale per tutti, per i manifestanti, per i poliziotti, per i capipartito, per i ministri, per tutti: chi sbaglia paga. Paga il ragazzo che ha sfasciato una vetrina a sassate, paga il celerino che ha pestato il sedicenne illegalmente fermato. Per entrambi, comprensione e attenuanti del caso e tutto il resto. Ma, prima di tutto, la legge.
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I fatti di Genova, politicamente, sono addebitabili al governo Berlusconi e al suo deplorevole ministro dell’Interno. Ma quelli di Napoli, non meno gravi e propedeutici ad essi, sono addebitabili a un governo di centrosinistra e al suo, non meno pessimo, ministro Bianco. Questo va sottolineato per due motivi.
Il primo – e qui parlo da giornalista – è che nel giudizio politico e morale su fatti così gravi bisogna prescindere dalla parte politica e fare nomi e cognomi dei responsabili, siano essi di destra o siano di sinistra.
Il secondo – e questo lo dico da uomo della sinistra italiana – che se a uno della mia parte politica vengono addebitati fatti così gravi, io esigo che venga emarginato dalla mia parte e non più riproposto a rappresentarmi. Io non voterò per il centrosinistra se esso ripresenterà il ministro Bianco, che – secondo i magistrati di Napoli – ha coperto gravi reati. Mi aspetto che il mio corrispettivo di destra non voti per Scajola, che a Genova si è macchiato di colpe eguali. Ma quello che farà lui è affare della sua coscienza. Io, di sinistra, mi prendo le responsabilità mie.
Io non voglio mai più vedere ragazzini immobilizzati e presi a scarponate in faccia da un figuro come il sedicente poliziotto Perugini: non lo voglio, nè in nome della destra nè in nome della sinistra, nè di D’Alema nè di Berlusconi.
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Mi era sembrato, a luglio, che l’aspetto più grave della violenza “poliziesca” non stesse tanto nel comportamento di funzionari e dirigenti (responsabili peraltro di non aver saputo o voluto fermare le violenze dei blackbloc) quanto in quello dei semplici agenti “di base”. Che, a un certo punto, hanno perso il controllo emotivo di sè e si sono comportati non come professionisti dell’ordine pubblico in servizio effettivo ma come una qualunque casuale folla armata in condizioni di stress. L’etica della curva sud, non quella della Polizia di Stato o dell’Arma dei Carabinieri. Questo si è verificato a Genova, e questo – a quanto risulta dalla Magistratura – si è verificato a Napoli. E ancora in questi giorni, la solidarietà dei cento poliziotti napoletani con i colleghi incriminati non è affatto un segno di spirito di corpo, ma di omertà. Questo (al di là delle prese di posizione irresponsabili di ministri e funzionari, che bisognerà prima o poi sanzionare civilmente e disciplinarmente) è il vero problema.
Come vengono reclutati i poliziotti italiani? Da quale società provengono? Con quali valori mettono piede alla scuola di polizia? Quali altri valori vengono loro insegnati? Ma vengono loro insegnati altri valori? Io ne ho conosciuto, di poliziotti, e ne ho conosciuti dove e quando fare il poliziotto significava rischiare la pelle per davvero. Io non riesco a immaginarmi un poliziotto della scorta di Falcone, o della Squadra Mobile di Palermo anni Ottanta, che prende a calci un ragazzino sedicenne fermato in strada.
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Quand’ero ragazzo io, e non c’erano ancora stati Falcone e Cordova e Borsellino, nessun magistrato – o quasi nessuno – incriminava i poliziotti che commettessero abusi. Ne ho fatti di cortei, io, e ne ho prese di legnate: alcune giuste, e altre no. Nè a me nè ad alcuno dei miei compagni sarebbe venuto in mente di rivolgerci ai giudici per avere giustizia. Ed era esattamente la situazione ideale per i propagandisti del passamontagna e della pi-trentotto.
Falcone, fra le tante cose che ci ha lasciato, ci ha lasciato anche questa, che la giustizia non appartiene nè al governo nè alle autorità: appartiene a tutti. Non c’è bisogno di vendicatori nè d’improbabili rivoluzioni, per fare giustizia: ci sono già i giudici, e di loro ci possiamo fidare.
Così, a te che stai leggendo e che stai cominciando :-) ad essere un compagno ora, posso dire tranquillamente che passamontagna e sassate sono roba da coglioni, che puoi fare politica senza sfasciare niente, che puoi veramente provare – ma seriamente – a cambiare il mondo. Perchè non sei mai solo, compagno. C’è sempre la legge, e una Magistratura serva della legge, che non ce l’ha con te ma anzi quando hai ragione ti difende.

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Il comunista. Festa nazionale domani in Sicilia per rendere grazie a Dio di averla preservata dal più tremendo pericolo che l’abbia mai minacciata nel corso di tutta la sua lunga storia: il communismo.
A un certo punto laggiù la situazione era infatti degenerata a un punto tale che il capo dei communisti siciliani – un uomo fosco e terribile, più volte arrestato per sovversione – poteva girare liberamente per tutta l’isola, proclamando l’esistenza di una setta chiamata mafia e usando questo spauracchio come pretesto per chiedere le misure più demagogiche che si possano immaginare.
Acqua ai contadini, lavoro ai disoccupati, costruzione di dighe coi soldi dello stato: il bengodi; in più, e sempre col pretesto di questa fantomatica “mafia”, pretendeva che chi avesse un po’ di soldi al sicuro dovesse andare dagli sbirri a spiegarne il perchè e il percome, quasi che uno non fosse libero di farsi i soldi a modo suo come e quando e dove e con chi gli piace.
Alla fine un gruppo di cittadini amanti dell’ordine e del libero mercato, esattamente vent’anni fa di questi giorni, decise di reagire e lo aspettò mentre se ne andava come ogni mattina al partito per organizzare chissà che nuove angherie; e lo ammazzarono come un cane. Ammazzarono anche l’altro communista che viaggiava con lui, e che aveva cercato di difenderlo fino all’ultimo fiato.
Così, eliminata la tirannia communista, la terra di Sicilia rimase fiera e libera sotto il governo democratico di Lima e Ciancimino. Altri communisti seguirono, macari mascherati da giudici e persino da carrubbinieri; ma la Sicilia perbene continuò a vigilare.
È grazie al coraggio di quei cittadini benemeriti che non esitarono a impugnare le armi contro i communisti che noialtri siciliani godiamo oggi dell’attuale benessere e libertà e possiamo andare liberamente a mendicare davanti all’anticamera dei successori di Lima e Ciancimino.

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L’articolo 19. Sono ben nove le aziende del Veneto che – con un totale di ventuno lavoratori impiegati – hanno aderito alla richiesta del governo di uscire dal lavoro nero e passare, con una serie di facilitazioni e di incentivi, all’economia legale. Altre sei aziende si sono messe in regola in Friuli (dodici lavoratori), dodici in Lombardia (quarantaquattro dipendenti), cinque in Emilia-Romagna (sei dipendenti in tutto), e così via. In tutta Italia, i lavoratori “liberati” dal lavoro nero sono poco più di quattrocento. Secondo i programmi del governo, avrebbero dovuto essere novecentomila.
Il Fondo monetario internazionale, intanto, comunica ufficialmente che in Italia il lavoro nero riguarda circa un terzo della produzione nazionale: di un lavoratore su tre, e forse uno su due, non c’è traccia nei bilanci ufficiali della nazione e lo stesso vale, naturalmente, per i loro datori di lavoro.
Fanno tanto casino sull’articolo diciotto, ma in realtà quello che gl’interessa veramente è l’Articolo Diciannove: “trafficare e guadagnare senza tasse e senza prove”.

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Sicilia. Un esponente del centrosinistra di San Giovanni la Punta (Catania) ha fatto pervenire al Csm, a Ciampi e all’Antimafia un dossier su collusioni mafiose a Catania e in particolare nel suo comune, alla periferia della città. La storia è sempre quella, che i nostri lettori conoscono già da più di un anno e la stampa ufficiale continua ad ignorare, dei rapporti fra imprenditori mafiosi ed esponenti politici, con la copertura – secondo quanto si afferma nel dossier, e quanto già prima denunciato dai magistrati Scidà e Marino – di uomini di legge catanesi. Uno di questi, il procuratore Gennaro, avrebbe acquistato una villa da un imprenditore mafioso, tale Rizzo (poi ucciso in circostanza oscure); l’acquisto sarebbe stato occultato mediante l’utilizzo come intermediario dell’ex proprietario del terreno, tale Arcidiacono, al quale sarebbe stato chiesto di interporsi affinchè il passaggio di proprietà non avvenisse direttamente fra la famiglia del mafioso e quella del magistrato. Nel dossier sono anche contenute accuse nei confronti di un altro magistrato, Caponcello, al quale viene attribuito un tentativo di intimidazione nei confronti di un testimone della vicenda.
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Nel quadro delle indagini sull’omicidio Rizzo, il sostituto procuratore Marino aveva tratto in arresto uno degli imprenditori più potenti della Sicilia, l’industriale dei supermarket catanese Scuto. L’arresto era stato invalidato dai superiori della Procura, e a carico di Marino erano state chieste sanzioni di vario genere. In difesa del giudice era intervenuto l’anziano collega Scidà, con l’unico risultato di vedersi minacciare a sua volta il trasferimento forzato dalla città (impedito dalla mobilitazione delle associazioni antimafia). L’arresto di Scuto era poi stato confermato dalla Procura Generale, confermando in pieno le indagini di Marino. Scuto, nonostante il sostegno delle principali forze politiche e della stampa cittadina, si trova attualmente in carcere per associazione mafiosa e altri gravi reati.
Tutta questa storia è avvenuta nel silenzio generale, sia delle forze politiche (con l’eccezione dei parlamentari Vendola di Rifondazione e Neri di An: quest’ultimo, “trombato” dal suo stesso partito) che di tutti i mezzi d’informazione (con l’eccezione di Clarence e de Il Nuovo); il sistema politico-imprenditoriale emerso in quest’occasione a Catania ha avuto l’appoggio unanime (e non solo locale) sia della destra che del centrosinistra. Nelle file di quest’ultimo, tuttavia, i casi di coscienza non sono stati pochi, e culminano adesso con la presa di posizione dell’esponente di San Giovanni La Punta.
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L’impero di Scuto, adesso, è praticamente in vendita al migliore offerente. La settimana scorsa, esponenti del gruppo Fiat (che ha già numerosi interessi in Sicilia) sarebbero scesi a Catania allo scopo di sondare le condizioni per l’acquisizione del gruppo. Secondo alcune fonti, una parte dei sondaggi sarebbero stati curati personalmente dal senatore Giovanni Agnelli, che si sarebbe incontrato localmente con l’editore-imprenditore locale (e suo socio in affari) Mario Ciancio.

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Fratelli d’Italia. Ah, Bergamo adesso si chiama Berghem. Contenti loro.

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Frasi storiche. “Noi tireremo diritto”.

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Boh. Secondo l’associazione dei chirurghi estetisti, recentemente a congresso, in Italia una donna su tre ricorre o intende ricorrere ai benefici della chirurgia estetica. In questo momento la più ricercata è la rimodellazione dei glutei.

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Profitti. Nel mese di aprile, son calati. La confindustria: accidenti allo sciopero e al venticinque aprile.

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Fiducia. “Fidaty”: è il nuovo slogan pubblicitario di un supermercato e vuol dire semplicemente “fidati”, come ai tempi delle botteghe con l’insegna fatta a mano. La ypsilon finale, però, rende il messaggio più trendly e ammericano, e più pervasivo.

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Pianeta. Secondo lo specialista Evelino Antinori, in questo momento sarebbero già almeno tre i casi di esseri umani artificiali in avanzato stato di gestazione.

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America 1. Il ragazzino che, espulso dal ginnasio, prende un fucile a pompa torna al ginnasio e fa una strage. Solo che stavolta è successo in Europa.

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America 2. Armi libere per tutti, propone il ministro della Difesa (personale?) Martino. Si armano i delinquenti? E noi armiamo tutte le persone perbene. Negli Stati Uniti, dove mitra e pistole sono in vendita nei supermercati, il tasso di omicidi è il più alto del mondo occidentale.

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Sharia. Violentata, messa incinta e dopo nove mesi portata davanti all’assemblea degli uomini del villaggio, che l’hanno condannata a morte – in quanto “adultera” – per lapidazione. Stavolta succede in Pakistan.

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Le sette sorelle. Quelle della bioteconologia sono: Basf, Bayer, Aventis, Syngenta, Monsanto, Dow e DuPont: due tedesche, una francese, una svizzera e tre americane. Quella che ha guadagnato di più l’anno scorso è stata la Syngenta: 5,4 miliardi di dollari, per lo più in insetticidi e sementi trattate. Aventis e Bayer, che si stanno fondendo, insieme supereranno i 6 miliardi nel 2002 e passeranno in testa. Altre fusioni in vista sono quelle fra Basf e Cyanamid, in espansione (+53%) nel settore degli insetticidi, e fra Dow e Rohm & Haas (+11 per cento). In calo la Monsanto, che perde il 3,3% e si ferma ad appena 2,4 miliardi di dollari.
Info: Fabio Quattrocchi, fabiocchi@inwind.it

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Droga 1. È stimato attorno alle 2.700 tonnellate il quantitativo di papavero da oppio che si prevede di raccogliere in Afganistan nell’anno in corso.

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Droga 2. A Vienna, alla conferenza annuale delle Nazioni Unite sulla droga, i rappresentanti di Libia, Sudan e Stati Uniti hanno raccomandato l’abolizione di qualunque politica tendente alla depenalizzazione della canapa indiana.

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New Economy. Una nuova tecnica per dondolare l’altalena (da sinistra e destra e non da avanti a dietro) è stata scoperta dal giovane Steven Olson di Mittletown, Minnesota. Con l’assistenza degli avvocati di famiglia il giovane Olson, che ha sette anni, ha regolarmente brevettato presso le autorità competenti il procedimento: d’ora in avanti, per dondolarsi sull’altalena lateralmente bisognerà pagare una royalty alla Olson Inc.
(Nell’ottobre dell’anno scorso era già stato regolarmente brevettato “un metodo per indurre i gatti a giocare, dirigendo un fascio di luce invisibile generata da un laser sul pavimento o muro in prossimità del gatto e quindi muovendo il laser creando sbalzi di luce mobile in modo tale da affascinare il gatto o qualunque altro animale con istinti predatori”).

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Auschwitz. Aperto un centro commerciale nel luogo dove, ai tempi del lager, si vaporizzava la gente. La discoteca, due anni fa, l’hanno chiusa.

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Cronaca. Roma. Ricoverato con lesioni guaribile in quindici giorni un ragazzo di Spinaceto che s’era interposto come paciere in una lite fra quattro anziani abitanti del quartiere.

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Persone. Michele Trompello di Resuttana (Sicilia), il lavoratore morto in Lombardia per salvare un bambino.

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Persone. Amos Luzzato, presidente dell’Unione delle Comunità Israelitiche italiane: “Siamo andati in Palestina perchè in Europa non eravamo sicuri della nostra salvezza fisica dopo i pogrom del nazifascismo. Abbiamo pensato di essere uun popolo senza terra che andava in una terra senza popolo. Senza conoscere nulla degli arabi. È il mio mea culpa, se volete. E loro, gli arabi, non capivano che non potevamo essere paragonati ai colonialisti, che eravamo un popolo cacciato. Qui è nata la tragedia”.

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Giuseppe B. wrote:
< Lea ha scritto: “Il popolo israeliano ha subito per anni la vostra pretesa di essere antisionisti e non antisemiti, quando il sionismo è nato fra quei compagni del Bund che tu non puoi non conoscere. Il popolo israeliano ha subito per anni, e anche oggi, questa vostra scusa dell’appoggio americano, quando tutti sanno che al tempo della Shoah anche gli americani sapevano e non intervenivano, quando tutti sanno che il petrolio lo possiedono le satrapie saudite che odiano Israele, non Israele”.
Spero che questo non voglia dire che Israele non ha avuto l’appoggio degli Stati Uniti. Sarebbe come dire che gli Stati Uniti non possono aver finanziato, armato, addestrato i vari golpisti sudamericani ed i terroristi afgani perchè sono un Paese democratico. Spero che questo non voglia dire che l’arbitro “imparziale” dei vari incontri di pace non fosse tutt’altro che imparziale. È stato Barak stesso ad affermare che lui stesso, se fosse nato Palestinese, sarebbe diventato terrorista, perchè svegliarsi ogni mattina con un tank davanti alla porta non lascia molte altre scelte.
Ma tutto questo non vuol dire che i (capi) Palestinesi non siano responsabili. Non vuol dire assolutamente nulla. Perchè non ha più senso parlare di colpevoli ed innocenti, vittime e carnefici. Non vi è guerra, nè terrorismo in Palestina/Israele. Vi sono solo animali assetati di sangue che sfogano i propri istinti sfruttando a fondo l’unica risorsa che dovrebbe distinguerci dalle bestie – l’intelligenza.
Quanto hanno in comune i fondatori dello Stato d’Israele con i Hassidim? I Hassidim sono antisionisti. Sono pertanto antisemiti?
Io posso affermare con certezza di non essere antisemita. Non ho nulla contro gli ebrei, come non ho nulla contro i neri, i gialli, i rossi. Non ho preconcetti razziali o cromatici o religiosi. Giudico, e condanno o assolvo, in base alle azioni. Ci fossero stati, che so, i portatori della cultura dell’Esperanto al posto degli ebrei, gli scandinavi al posto dei palestinesi, la mia opinione sarebbe esattamente la stessa. Perchè Lea (e non è l’unica) ritiene che le due cose (antisemitismo, antisionismo) non possano essere distinte? >

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30 aprile 1982.
A Pio La Torre e Rosario Di Salvo.

Simonide<sikelianoi@eleutheros.el> wrote:

< Dei morti alle Termopili la sorte
è bella e fortunato fu il destino,
un altare è la tomba ed il ricordo
non un lamento ma di lotta un canto.
A questa veste funebre nè il tempo
nè l’abbandono toglieran splendore:
vive in questo sepolcro e gli è compagno
l’onore di Sicilia. Così attesta
Pio, capo comunista. Lo conferma
Rosario che con lui cadde lottando >