San Libero – 117

Francesca (una volontaria del “progetto Go-El”) wrote:
< Gerusalemme, 6 marzo 2002. Ci stiamo abituando al rumore degli spari, delle bombe, degli F16, degli Apaches, ai linguaggi militari, a contare i morti, ai check ai kamikaze… Andiamo a letto con la testa stanca e confusa piena di rumori sogni e parole strane… Ci stiamo abituando a convivere con la paura … ad essere bloccati dal megafono della polizia in una strada centrale di Gerusalemme (come è successo oggi) che ci penetra nelle orecchie e nelle viscere “c’è una bomba”, a guardare il cielo come se fosse un war-film americano (come sta succedendo ora) con luci intermittenti e boati improvvisi mentre chi ti sta vicino ti dice “They’re bombing” .
Come ci si può abituare a tutto questo? Ci sia abitua, ve lo assicuro, perchè il senso del fluire della vita è più forte e riesci a ridere parlare mangiare dormire anche in mezzo a tutto ciò. Assuefazione.
Io so che tornerò presto in Italia e tutto questo sfumerà sempre di più, ma non voglio non voglio dimenticare. Vorrei che tutti voi che leggete poteste essere qui per capire, mille letture non valgono un solo giorno vissuto qui, dove tutto si amplifica, dove anche la gente non parla che di guerra e non ti dice mai cosa ha visto al cinema, quando si innamora o robe di questo genere.
E quando TUTTI, israeliani o palestinesi che siano ti dicono “Solo l’Europa può fare qualcosa” tu ti senti ancora più uno schifo perchè hai la netta percezione che la “tua” Europa non fa proprio un bel niente e ti senti uno schifo perchè sai che tornerai nella tua comoda casa e in qualche modo li stai ingannando anche con la tua presenza qui che li illude. >
Per contatti: fra@bbs.olografix.org,info@peacelink.it

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Stefano wrote:
< Salve, sono uno studente e mi chiamo Stefano. Volevo porti un paio di quesiti: se l’afghanistan fa comodo agli stati uniti per via del prezzo del petrolio agevolato e se gli stati uniti stessi si sono schierati a favore loro contro l’invasione Urss, perchè è successo il fatto dell’undici settembre? Grazie mille! >
* * *
Caro Stefano,ti rispondo dopo sei mesi perchè erano il minimo di cui avevamo bisogno per capire che cos’era successo. In Afganistan, per esempio, alla fine non è successo niente. C’era un governo tribale messo su dagli americani (i talebani) e ora c’è un altro governo tribale messo su dagli americani. C’era Bin Laden che preparava attentati da qualche parte, e ora c’è Bin Laden che prepara attentati da qualche altra parte. È aumentato il controllo americano sulle vie del petrolio nella zona, ma prima o poi sarebbe aumentato lo stesso anche senza la guerra. Alcune donne, adesso, possono andare in giro senza burqa (e questa è l’unica cosa buona che è venuta fuori da tutta la faccenda) ma per la maggior parte di loro la libertà è ancora molto lontana. L’unica novità è costituita da quelle migliaia di persone morte sotto i B52 (il numero esatto non lo sapremo mai), ma non è una gran novità: i poveri sono stati ammazzati sempre, da quelle parti del mondo, e qualche migliaio in più o in meno, se non c’è la televisione, non fa differenza.
Tutto quello che è stato ottenuto dagli americani (controllo strategico del petrolio, accordo con la Russia, ecc.) in realtà avrebbe potuto essere ottenuto, o era già loro, senza guerra. Tutto ciò che l’opinione pubblica chiedeva veramente (cattura dei terroristi, eliminazione di Bin Laden) non è stato ottenuto, e forse non è stato nemmeno cercato. Tutto ciò che l’opinione pubblica non percepiva ancora, ma che gli analisti politici individuavano con precisione (responsabilità del Pakistan, importanza dei traffici di droga, ruolo del governo saudita) è stato accuratamente nascosto: i generali pakistani sono stati protetti, i trafficanti di droga sono stati promossi ministri, il regime saudita è stato confermato alleato.
Eppure in realtà neanche questo, in fondo, conta. Ciò che conta veramente, e che fa di questi sei mesi una svolta globale nella storia del mondo, è ciò che è avvenuto *dentro* ciascuna di quelle due o trecento milioni di persone (maschi, adulti, occidentali, bianchi) che in realtà decidono – come opinione pubblica, o con le istituzioni – le sorti del pianeta.
Ciascuna di queste persone conta davvero: siamo l’elite delle elites di questo mondo, non masse di emigranti o straccioni del terzo mondo. Dopo millenni di evoluzione, dopo Platone, Cesare, Dante Alighieri, Pelè, Napoleone, Mozart, Renoir, Brigitte Bardot , Shakespeare, Leonardo, finalmente l’Occidente ha prodotto il suo risultato finale: te che te ne stai spaparanzato davanti al televisore ruminando patatine col telecomando in mano (il presidente del mondo, non a caso, ha rischiato di passare alla storia esattamente così).
Gli antichi romani non avevano telecomandi, sondaggi d’opinione e roba del genere. Avevano un sistema molto più rudimentale – pollice in alto, pollice in giù. Ma il sistema è lo stesso.
In questi sei mesi – i mesi del trauma – sentimenti contrastanti si sono fronteggiati dentro l’uomo col telecomando. Sentimenti buoni e cattivi, umani e non. “La cosa più impressionante era lo spirito della gente che lavorava, il senso di solidarietà e amicizia. Le ore trascorse in quel luogo – il luogo è le Due Torri – bruciano nella mia memoria quasi come un’utopia sul modo in cui affrontare sofferenze e disastri”.
Ecco. Sentimenti di ingiustizia bruciante, di voglia di vendetta, ma anche di solidarietà, di interrogativi su se stessi e sul mondo sono rimasti in bilico per molto tempo. Ricordate la foto di Bush accanto al vecchio pompiere? Uno faceva politica, ma l’altro era un eroe umano. Per alcune settimane l’America ha avuto per eroe il pompiere, l’uomo che porta soccorso, non quello che uccide. Ma solo per alcune settimane. Delle due metà della foto, una ha cominciato a sbraitare ordini, a fare la faccia del condottiero, a colorirsi. L’altra è sbiadita in un sempre più sfocato bianco/nero.
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Alla fine, l’uomo del telecomando ha sbadigliato, s’è sgranchito, ha guardato lo schermo e ha steso il braccio in avanti: pollice verso. Neanche lui stesso ci ha fatto caso. Ma il momento in cui tutto è cambiato è stato questo. Da quel momento in poi, nel nostro mondo cambiato, la nuova normalità progredisce a ritmi infernali. Sono normali gli annegamenti dei poveri, i bombardamenti delle case, gli assassinii (purchè “militari”) di bambini. Ieri noi vecchi ce ne vergognavamo, li attribuivamo ai nemici oppure ai dittatori-mostri, agli Hitler. Oggi, per voi giovani sono quasi normali. Per i vostri figli, saranno normali del tutto.
Così, le idee degli anni trenta avranno la loro rivincita. Gli ideologi dei “necessari” massacri di massa verranno visti come dei precursori un po’ naif ma sostanzialmente corretti. Non verranno riesumate le ideologie di quei tempi, le parole. Ne verranno riadottati – appena fuori dalla metropoli – i comportamenti.
Qualcuno, in questo mesi, ha riprovato a parlare di “guerra di civiltà” (Huntington). Sì: ma non tra civiltà differenti, bensì all’interno della nostra, fra l’artista e il lanzichenecco che – opposti ma complementari – la popolano da sempre.
* * *
Non so: qualcosa come la terza guerra punica. Una guerra materialmente del tutto inutile (Cartagine non era più un pericolo per nessuno) ma, psicologicamente, la più importante di tutte. La guerra-punto di svolta: prima della guerra c’erano ancora dei cittadini romani, patrizi e plebei in concorrenza fra loro, dopo la guerra c’erano solo più dei sudditi in attesa di un imperatore, che infatti non tardò moltissimo ad essere prodotto.
(Cerco di esorcizzare quel che avviene adesso rifugiandomi nelle metafore dei miei amati antichi: i radical Scipioni come Clinton, il Delenda – ma già distrutta – Cartago come la guerra al (seppellito) communismo, ecc. Ma la verità è che ho paura: forse si sta chiudendo la parentesi democratica nella storia umana).

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Il bambino: “Di che marca è quel cane?”.

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Mi chiedo che cosa voglia dire “scrivere bene”. Io non vorrei “scrivere bene” come canta bene Pavarotti. Piuttosto, come cantavano le lavandaie o i garzoni, al tempo in cui c’era ancora il popolo italiano – un piccolo popolo felice, e che cantava.

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La rivoluzionaria

La sera, sotto il povero tetto di casa,
cucinerai qualcosa, a gesti attenti, stanca
(La sera, quando i lividi sull’anima
riportano i ricordi a far vacillare il sorriso)
* * *
Dormono nel quartiere le case dei poveri attorno
Dorme la sposa bambina dorme la vecchia piegata
nei suoi dolori dormono i manovali
dorme coi pugni serrati il ragazzo di vita
Sotto il coltello dormono Dormono i dimenticati
Tu sei con loro. Con impazienza strofini
una macchia sul tavolo, togli il tegame, prendi
il piatto dalla mensola, sorridi
da sola e sola cominci a mangiare.

La macchina-città macina ancora.
Ma la tua lampada resta, chiaro cerchio di luce
Illumina il tuo viso, il tuo letto, le cose
– te che ti spogli e il tuo corpo improvviso
e i dolcissimi seni e l’ombra lieve
che trema fra le reni combattive
Come sei inerme, nuda! Ma nessuno
per potente che sia potrà comprare
la libertà che hai negli occhi: e lo sai