San Libero – 11

Haider, in Austria, propone di schedare tutti gli “auslander” presenti nel paese e di fornirli di una carta di colore differente da quella dei cittadini austriaci. È il più serio fra i leader della neo-destra europea: Le Pen, dopo un brillante inizio, si è rivelato più un sintomo che una possibile forza di governo. Rauti e Bontempo, in Italia, non sono riusciti ad andare oltre la generica nostalgia e sono tagliati fuori dai pur ampi spazi della politica post-democratica. In Inghilterra e in Germania, la nuova destra è ancora alla fase degli hooligans e non ha molto a che vedere col dibattito politico reale. In Austria invece la destra non solo ha vinto le elezioni ma è “ragionevole”, “simpatica”, moderna, popolare. Tutto ciò non la porta ad essere anche moderata. L’ideologia che sta rapidamente sviluppando è infatti quello di un perfetto nazismo post-moderno, con tanto di teoria del sangue e di nemico razziale.
* * *
Di solito, quando si parla di destra in Austria, il pensiero va ad Hitler: troppo inumanamente estremista, evidentemente, per essere un pericolo ora. Errore sopra errore. Hitler (che era un tedesco e viveva in una città società metropolitana e industriale) non era affatto percepito come un estremista, negli anni in cui andò al potere. “Buon senso popolare”, ecologismo, lotta alla disoccupazione, inchini a Hindenburg, conservatorismo morale: senza questi rassicuranti ingredienti sarebbe rimasto uno dei tanti Maurizio Boccacci di cui il paese era pieno. Lo stesso antisemitismo veniva accuratamente posizionato in mezzo a questi ingredienti, e solo in mezzo ad essi; e in quella prima fase veniva presentato come il classico antisemitismo “cristiano”, non come quello nibelungico degli anni di guerra. L’hitlerismo, in questi termini, funzionò; si radicò fra la gente, sedimentò una cultura, durò a lungo. Non funzionò, invece, affatto, la destra – apparentemente più radicale – delle altre varianti europee. Né in Polonia né nella Russia dei pogrom l’antisemitismo riuscì a diventare “politico”, ad ottenere effetti che non fossero – dal punto di vista della destra – provvisori e parziali. Là, infatti, antisemitismo significava semplicemente perseguitare gli ebrei. Con Hitler significava organizzare l’assistenza invernale, fare i circoli “Gioia e lavoro”, sviluppare le tecnologie (e le culture delle tecnologie), fare delle bellissime feste con fisarmoniche e cori – e solo dopo, en passant, perseguitare gli ebrei; anche se il genocidio era in realtà previsto, fin dall’inizio, come *la* componente essenziale dell’intero meccanismo.
Prima ancora di Hitler, peraltro, l’antisemitismo – insisto: un antisemitismo “perbene”, tranquillo, nient’affatto “estremista”; oggi diremmo europeo – aveva precedenti illustri a Vienna. Penso a quel borgomastro cattolico della Vienna di fine secolo che per due o tre volte fu eletto plebiscitariamente sulla base di un programma “popolare” antisemita e per altrettante fu deposto d’autorità dall’Imperialregio Governo.
Oggi come allora, la destra razzista riesce a incidere, e a essere una credibile forza di governo, dove non è estremista; senza rinunciare a niente, esattamente come negli anni Trenta. Haider è già un modello esplicito, in Baviera, per una parte della politica “perbene” (esattamente come, nella fase iniziale del suo sviluppo, lo era Hitler per uomini di Centro come Ribbentrop). Molto più lo sarà nella fase successiva quando – come già sta cominciando a fare – si svincolerà dalla forma-partito e comincerà, più “modernamente”, a proporsi in termini di democrazia diretta, di plebiscito quotidiano. Fu questa la tecnica di Hitler, dopo la fase della rassicurazione iniziale; ma ad Heider, oggigiorno, le tecnologie danno una marcia in più.
Credo che elementi del suo pacchetto politico, l’anno venturo, saranno in qualche modo introdotti (non marginalmente) in Svizzera, nella Germania meridionale, in Slovenia e in Italia, in quest’ultimo caso – probabilmente – allargando gli spazi culturali lasciati politicamente scoperti dalla crisi della Lega.
* * *
Bene, scusa la pallosità. Di solito, quando scrivo in giornalistese, è che in realtà – inconsciamente – non avrei voluto affrontare l’argomento. E in effetti m’ero seduto, in realtà, per scrivere sull’attentato di via Tasso. Ma qualcosa nel mio hard-disk si dev’essere rifiutato di affrontare l’orrore delle parole “via Tasso” e ha dunque tirato fuori trenta righe di “ragionevole” politichese.


E ancora politichese, visto che siamo ai giardinetti. Non penso – né lo pensavo anche prima – che in Russia ci fosse qualche sistema politico-economico alternativo. C’era solo un onesto tentativo di uscire dal Terzo Mondo, con la complicazione delle guerre (non volute), del basso livello politico, dell’assenza di una tradizione civile e chi più ne ha più ne metta. Il “comunismo”, dal mio punto di vista, è una cosa che può succedere a Torino, non a Canicattì (sono siciliano): se succede a Canicattì vuol dire che è un’altra cosa, utile localmente, ma un’altra cosa. E questo, se vogliamo essere pignoli, Marx l’aveva detto con molta precisione. Secondo me, un po’ di “comunismo” s’è cominciato a vedere con le minigonne e la contestazione, nel sessantotto. È durato poco, perché siamo stati coglioni. Però, se prima o poi ricomincia, i computer li farà bene.
Capita anche che i rappresentanti di “Torino” (la tecnologia, la vita moderna, e persino, in un certo senso, il “capitalismo”) nel Terzo Mondo fossero allora proprio i “comunisti”, non i vari dittatorelli sostenuti dalla Cia: Che Guevara era occidentale, Pinochet non lo era affatto. Adesso che non c’è più Che Guevara, ci sono i militari indonesiani e i talebani.
Fatemi sapere se v’interessa continuare a discutere di queste faccende o se vi siete già scocciati.


A Bologna, in piazza dell’Unità, a venti passi dall’edicola dei giornali
“In questa piazza il 15 novembre 1944
ebbe luogo la battaglia della Bolognina
fra forze partigiane e invasori nazisti e fascisti
Cittadino che passi
se alzi lo sguardo vedi il fabbricato al civico 5
ove caddero 6 giovani patrioti
combattendo per l’indipendenza della patria
offrirono la vita per la nostra attuale libertà”