Racconti di un partigiano

“Il comandante ci dava tanto coraggio nelle azioni che realizzavamo”

Paolo Parisi

Nell’articolo pubblicato su “I Cordai” del mese di settembre 2015 “I partigiani della Lunigiana”, il partigiano Santino Serranò, incontrato presso la sede dell’associazione G.A.P.A., raccontava la sua esperienza della lotta di Resistenza antifascista nella zona della Lunigiana e fra l’altro diceva che gli unici ancora vivi di quella brigata sono rimasti lo stesso Santino e Sergio Ferrari.

partigiano sergio ferrari 4Quest’ultimo vive ancora negli stessi luoghi dove ha combattuto contro i nazifascisti a Valeriano frazione del comune di Vezzano (SP). Grazie a Santino Serranò sono riuscito a rintracciare il suo compagno Ferrari. Mi viene incontro un uomo grande austero che porta benissimo il peso dei suoi novanta anni. Racconta con gioia la sua esperienza di partigiano, esaltando le qualità del loro comandante: “Se la nostra brigata ha potuto realizzare tante azioni con pochissime perdite è dovuto alle capacità ed al coraggio del nostro comandante Amelio Guerrieri.

Ci dava tanto coraggio nelle azioni che realizzavamo, trovava sempre le giuste soluzioni alle difficoltà che si presentavano ed avevamo sempre la certezza che con lui avremmo superato ogni ostacolo.” Continua raccontando un episodio: “Era il 21 gennaio 1945, Amelio aveva dato il permesso di rientrare nelle proprie famiglie dopo che avevamo passato indenni l’accerchiamento dei nazifascisti sul monte Gottero, così lasciate le montagne scendemmo a Valeriano. A sera inoltrata in paese erano stati avvistati i tedeschi insieme alle camice nere che erano venuti nel borgo per darci la caccia. Sicuramente c’era stata una spiata, il comandante ci radunò nella piazza del paese, fra l’altro un nostro compagno era ferito, e ci indicò il percorso da fare per scampare all’accerchiamento, dopo avere studiato i movimenti del nemico. Così indicò un percorso ben preciso invitandoci a passare uno alla volta. Eravamo una quarantina, tutti, compreso il ferito, riuscimmo a lasciare il paese.”

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Il partigiano continua il suo racconto parlando del suo comandante: “Amelio Guerrieri dopo aver finito il corso allievi ufficiali disertò, lasciando la città di Roma. Egli rientrò in paese facendo credere che fosse in licenza, così tranquillamente organizzava i gruppi partigiani.”

Poi ritorna a parlare della sera del 21 gennaio 1945: “Eravamo riusciti a passare l’accerchiamento per allontanarci dal luogo, attraversammo il fiume Vara quasi gelato, Amelio per 5 volte si immerse nelle acque per aiutare chi era in difficoltà. Successivamente accortosi che ne mancava uno tornò indietro a cercarlo finché fra i cespugli del fiume si sentì chiamare. Individuato il compagno lo caricò sulle spalle e lo portò via.” Continua raccontando un altro episodio: “Un gruppo di fascisti su nelle borgate fra i monti molestavano gli abitanti, allora il comandante prese con sé alcuni uomini e mise a ferro e fuoco la caserma di quei fascisti rendendola inagibile. Così i fascisti abbandonarono quei luoghi e le molestie cessarono.

Il comando della divisione aveva grande fiducia in Amelio e veniva incaricato nel mettere ordine e fare pulizia quando nella zona operativa si infiltravano fra i partigiani ladri e gentaglia di malaffare. Finita la guerra gli furono offerti sia la candidatura presso partiti politici che posti importanti nella vita pubblica ma lui li rifiutò sempre, anzi segnalava altri nominativi. Una volta vennero a trovarlo dei responsabili di una casa editrice di Roma proponendogli di scrivere un libro sulla sua storia di partigiano, lui rifiutò perché non amava mettersi in mostra”. Interviene la moglie del partigiano la signora Gilda Moretti e dice: “Per me Amelio non è morto, è ancora vivo. Ancora adesso ne sentiamo la presenza!”

colonna di partigiani

Alla richiesta di raccontare qualche episodio personale Sergio Ferrari continua: “Era il 3 agosto 1944 i fascisti avevano fatto rientrare dalla Germania una divisione di Alpini per ripulire le montagne dalla presenza dei partigiani. La sera stavamo rientrando alla base, io avevo 17 anni e tanta paura, ci fermammo a riposare poggiati su un muretto, dormivano tutti per forte stanchezza, mentre io non riuscivo a prendere sonno a causa della mia paura. Mentre gli Alpini stavano rastrellando la zona, essendo sveglio, li sentii avvicinare, così svegliai tutti i miei compagni, riuscendo a fuggire via. Quella volta la mia paura aveva salvato