“Donne & mafia”

Ricominciamo dalla forza delle donne, ricominciamo dalla normalità…

di Miriana Squiillaci, foto Elena Majorana

Donne, semplicemente donne. Sorelle, mogli, madri, figlie e nello stesso tempo giornaliste, sindaci, giudici, collaboratrici e testimoni di giustizia.

Donne che hanno sofferto per la perdita delle persone che più amavano e di cui sono state capaci di proteggere e protrarre la memoria anche dopo la morte, trasformando “l’assenza dei loro cari”, in una grande testimonianza di coraggio, forza, onestà e fiducia nel futuro delle nuove generazioni e di questo paese.

Alcune di loro le conoscete sicuramente: Felicia Bartolotta, Elena Fava, Maria Falcone, Rita Borsellino, Rosaria Costa…; altre vi sono forse meno note: Anna Puglisi, Renate Siebet, Teresa Principato…

Donne, nella maggior parte dei casi, comuni, che mai avrebbero immaginato di diventare simbolo della lotta alla Mafia.

A loro è stata dedicata la mostra “Donne & Mafie”, proposta dall’UDI ed organizzata in collaborazione con il Comune e la Provincia regionale di Catania, dal 15 dicembre 2013 al 15 gennaio 2014 presso il Palazzo della Cultura.

Mostra che, nonostante abbia goduto di una scarsa sponsorizzazione, ha visto una grande partecipazione delle scuole medie e superiori della città oltre che dei singoli cittadini.

Ma quanto è difficile raccontare con soli 46 pannelli le vite, le storie, le paure ma anche il coraggio di chi ha fatto della lotta alla Mafia la ragione del proprio vivere? E, soprattutto, quanto è difficile raccontare tutto questo a dei ragazzi?

Diventa facile rispondere a queste domande dopo aver assistito a una visita guidata per gli alunni della scuola media A. Doria (scuola che, nonostante il grande impregno contro la dispersione scolastica, è stata sfrattata dal quartiere San Cristoforo di Catania a causa della morosità del Comune). Le difficoltà, infatti, spariscono quando a guidare i ragazzi sono donne attualmente impegnate nell’antimafia sociale o nella difesa delle famiglie coinvolte come vittime nei processi di mafia, come Elena Majorana e Adriana Laudani. Ti rendi conto che non servono strategie, piuttosto una grande voglia di riscatto per la verità, per la memoria, per i diritti di cui ogni giorno le Mafie privano i cittadini di questo paese.

I ragazzini e le ragazzine seguono attentamente con lo sguardo le loro mani indicare i volti delle protagoniste della mostra, ascoltano con interesse queste storie spezzate, scattano qualche foto ai pannelli che raccontano le vite di chi ancora resiste e non si arrende all’oppressione delle cosche.

Arriviamo quasi alla fine della mostra e una sezione viene dedicata anche dalle “donne mafiose”, che hanno sostituito i mariti a capo delle “famiglie”, che hanno ritenuto più opportuno entrare a far parte dei clan per vendicare i propri cari piuttosto che affidarsi allo Stato. Quello Stato che, con la sua assenza, ha contribuito alla morte di tanti testimoni e collaboratori di giustizia.

Sarebbe stato bello sentire i commenti degli alunni ma nessuno fa domande, nessuno esprime un pensiero. Non importa, la loro attenzione ha detto tutto, la mostra li ha colpiti! Ed una nuova classe sta arrivando.

Molte volte mi sono chiesta quanto valore abbiano le parole, spesso, sentendo telegiornali e leggendo i giornali, mi sono detta che le parole non servono a niente “verba volant!”, giorno dopo giorno tutti continuiamo a rinunciare ai nostri diritti e ci pieghiamo, se non alla Mafia ad una mentalità mafiosa: “io non posso farci niente, tanto sono tutti così e non cambierà mai niente. Allora tanto vale essere come loro!”.

Oggi invece mi sono ricreduta, è vero, le parole non bastano ma da qualche parte bisogna pur cominciare! Ricominciare dalla consapevolezza, dalla memoria, dalla rivendicazione dei diritti.

Ricominciamo insieme dalle donne, dalla loro forza e coraggio, ricominciamo dalla loro “normalità” anche nell’essere simbolo di una lotta lunga quanto la storia di questo paese.

“Beato il paese che non ha bisogno di eroi” Brecht.