Intervista al dottor Francesco Monaco

foto025di Marcella Giammusso, foto Archivio Giovanni Caruso

A che età il minore è imputabile?

Per quanto riguarda il penale il Tribunale dei Minori si occupa dei ragazzi dai 14 ai 18 anni, mentre per il Civile dalla nascita fino ai 18 anni. L’età dai 14 ai 18 anni si riferisce al periodo in cui è stato commesso il reato, per cui anche se il minore verrà processato a 22 o 23 anni, del caso se ne occuperà lo stesso Tribunale dei Minori. Quando il reato viene commesso da ragazzi che hanno meno di 14 anni inoltriamo procedimenti civili.

Il fenomeno della criminalità minorile è occasionale oppure c’è l’inserimento dei minori in organizzazioni criminali?

Dipende dai reati. Se il reato è predatorio, cioè scippi rapine etc., i minori agiscono in modo autonomo. Per quanto riguarda invece reati di droga sono giovani inseriti in organizzazioni criminali.

Il fatto di essere minorenni per alcuni reati è un vantaggio perché la pena si riduce di un terzo. E spesso per il minore entrare in carcere è un salto di qualità. È un’iniziazione, un modo per salire la loro scala sociale.

Anche le ricettazioni sono da inserire nell’associazione e organizzazione criminale, ma il reato maggiore è lo spaccio di droga.

Quali sono principalmente i reati commessi?

I reati predatori sono i più eclatanti, sono quelli che colpiscono maggiormente la popolazione e che sono più avvertiti. È più facile che la gente si indigni per lo scippo di una borsa piuttosto che dei miliardi di euro che vengono sottratti alla comunità, cioè a noi, da politici, corrotti e corruttori.

Il furto, lo scippo o il borseggio si verificano maggiormente quando c’è crisi economico-sociale. Quando i servizi sociali non funzionano, quando c’è meno lavoro, c’è un aumento di questi reati.

La Legge prevede delle modalità di recupero per i minori che non hanno precedenti penali?

Si, nel Processo Minorile è possibile che l’udienza non si concluda con una condanna. Se si ritiene che si tratta di un reato occasionale e di poco conto, in questo caso c’è “l’irrilevanza del fatto” e quindi non c’è condanna. Il processo si può concludere anche con il “perdono giudiziale”. Anche in questo caso, se è un reato irrilevante e se il ragazzo può fare un risarcimento alla persona lesa, allora viene applicato il “perdono giudiziale”.

Infine c’è la “messa alla prova”, che adesso si sta applicando anche ai maggiorenni. Quando il ragazzo confessa il reato, non ha precedenti penali e si è pentito, si chiedono informazioni ai Servizi Sociali sulla persona che ha commesso il reato. Si fa un programma di intervento elaborato dai Servizi dell’Amministrazione della Giustizia in collaborazione con i Servizi Sociali che preveda le modalità di coinvolgimento del minore nel volontariato, impegno scolastico, frequenza di corsi di lavoro. Viene sospeso il procedimento ed il ragazzo viene affidato ad un Giudice Onorario.

L’Istituto della “messa alla prova” presuppone l’adesione del minore al progetto che consiste implicitamente in un’ammissione di responsabilità. Sull’attività svolta durante il progetto di “messa alla prova” e sull’evoluzione del caso i servizi minorili informano il giudice periodicamente. Se il minore non segue il programma viene ripreso il processo penale. Se i Servizi Sociali funzionano bene abbiamo grosse possibilità di recupero del Minore. Il Tribunale dei Minori funziona bene se gli altri enti come i Servizi Sociali, USSM, Neuropsichiatria Infantile funzionano bene.

Spesso ci capitano casi di minori analfabeti. È assurdo, ma molte famiglie pensano che sia superfluo mandare il bambino a scuola e quindi gli permettono di assentarsi continuamente. Lasciare il bambino a casa vuol dire destinarlo ad essere analfabeta e quindi destinarlo ad una vita di subalterno. Lo Stato non può permettere che ci siano analfabeti e quindi in questo caso è più severo, arrivando a procedimenti di adottabilità o comunità se le famiglie non regolarizzano la situazione dei figli.

I minori che scontano le pene nel carcere minorile svolgono delle attività? Hanno la possibilità di studiare?

Nell’I.P.M. (Istituto Penitenziario Minorile) i minori sono seguiti abbastanza bene dall’U.S.S.M. (Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni), frequentano la scuola e non sono abbandonati a se stessi. Un’alternativa al carcere è il collocamento in comunità dove c’è una forma di recupero e spesso abbiamo buoni risultati.

Ci sono delle azioni correttive per recuperare il minore?

C’è un protocollo. Il primo passo è “l’affidamento ai Servizi Sociali” e “l’educativa domiciliare”.

Il secondo livello d’intervento è “il collocamento in comunità”, quando dopo il primo intervento i genitori non sono in grado di riprendere la situazione in mano. Il terzo livello d’ intervento è “la dichiarazione della decadenza della podestà dei genitori,” il quarto è “la dichiarazione dello stato di abbandono” e quindi segue l’ultimo livello di intervento che è “lo stato di adottabilità”.

Ci sono degli allarmi che fanno capire che il minore sta per deviare?

Allarmi ambientali e familiari. Spesso sono figli di genitori separati e vivono in quartieri degradati. La disgregazione familiare, la frequentazione ambientale e vivere in certi ambienti devianti favorisce la devianza del minore.

Un altro elemento determinante è la crisi economico sociale. Quando un padre è disoccupato e non ci sono soldi in casa, vedere il ragazzino accanto che spaccia, ha lo scooter, il vestito griffato etc. è una forte tentazione. Alcuni ragazzi sono disponibili a farsi aiutare, altri no. Il disagio economico è molto determinante per la devianza minorile, aumenta l’indice di criminalità.

I segnali dovrebbero arrivare dalla scuola e dai Servizi Sociali. Purtroppo spesso la scuola ha delle perplessità a fare le segnalazioni, per mantenere il buon nome dell’istituto. I Servizi Sociali, quando funzionano bene, ci segnalano delle situazioni di disagio ed allora subito si interviene.

Da un lato c’è lo Stato che ha l’interesse a migliorare la vita del Minore, dall’altro c’è la famiglia che ama i propri figli e magari dice “i figli sono miei e faccio quello che voglio”. Da parte loro c’è l’affetto, il voler bene, ma c’è l’incapacità di crescere bene i propri figli, nonostante gli sforzi.