Caso Tortuga: tra abusivismo e mafiosità

Quando l’ambiente si rispetta solo a parole

testo e foto Ivana Sciacca

Si immaginino due fratelli (i fratelli Testa) che negli anni Settanta decidono di aprire un porto turistico a Catania, proprio al Porticciolo di Ognina.

Fin dagli albori dell’iniziativa è chiaro che stanno per edificare in un’area privata vincolata. Cosa vuol dire? Vuol dire che pur trattandosi di un’area privata, per il particolare valore paesaggistico-artistico che la connota, l’area deve comunque rimanere fruibile alla COLLETTIVITÀ’. Collettività intesa non solo come gli abitanti che in quel posto vi risiedono ma, nel senso più ampio del termine, comprendendo tutti coloro che desiderano recarsi in quel posto per goderne la bellezza e quindi chi, al Porticciolo per esempio, potrebbe andarci per pescare, per fare delle foto, una semplice passeggiata e… tanto altro ancora.

L’iniziativa dei fratelli Testa si rivela fruttuosa sotto il profilo economico sin da subito, a tal punto che prosegue da generazione in generazione e viene quindi ereditata dai figli che ampliano la loro attività estendendola anche alla vendita e alla manutenzione di imbarcazioni e motori. Questo ampliamento pare richiedere anche maggiori spazi.

Una delle caratteristiche vantate dalla Tortuga (ndr. il nome della società dei fratelli Testa) è il “rispetto dell’ambiente”, nota di merito che qualunque cliente di buonsenso potrebbe considerare come surplus qualora non conoscesse i retroscena delle vicende che hanno riguardato questa storica azienda catanese.

Accade infatti che nel 2012 alcuni esposti alla Procura della Repubblica segnalano diversi interventi edilizi “sospetti” da parte dei proprietari della Tortuga.

Si pensa che le costruzioni abusive siano state fatte senza alcuna concessione. Tuttavia, rovistando tra carte bollate e atti ufficiali, si scopre che i titoli concessori non mancavano: c’erano ma erano del tutto illegittimi.

Parafrasando ulteriormente: si scopre che il Comune di Catania, il demanio marittimo, la Soprintendenza e persino il Genio Civile avevano accordato il loro parere favorevole affinché i fratelli Testa potessero ampliare le loro costruzioni al Porticciolo, pur sapendo di contravvenire all’art. 23 delle Norme di attuazione del Piano Regolatore Generale che prevede, inequivocabilmente, che “NELLE AREE PRIVATE VINCOLATE NON DEVE ESSERE AUMENTATA L’ATTUALE CONSISTENZA EDILIZIA” (dove per attuale si intende l’anno 1969, ossia l’anno di approvazione del PRG).

Nonostante le sentenze del 2012 e del 2013 che imponevano la demolizione delle opere abusivamente realizzate, i lavori alla Tortuga procedono come se nulla fosse accaduto.

L’unica nota positiva in questa vicenda intrisa di mafiosità riguarda l’atteggiamento dei residenti di Ognina che, non volendo farsi togliere la terra da sotto i piedi, fanno ricorso al TAR per evitare che la zona continui ad essere deturpata da chi ne ha tutti gli interessi economici.

Gli abitanti creano un comitato, organizzano dibattiti, fanno persino volantinaggi per fare conoscere la situazione che stanno affrontando. Pensando sempre che in fondo il Porticciolo è di tutti, ed è giusto che tutti sappiano.

Persino un gruppo di pescatori si aggrega a loro riconoscendo la legittimità di quel loro diritto senonché poi gli stessi pescatori fanno un passo indietro poiché convinti (non si sa con quali parole) dal prete della Chiesa di Santa Maria di Ognina. Perché? Non ci è dato nemmeno immaginarlo.

Sarebbe bello, una volta tanto, poter raccontare un episodio a lieto fine ma purtroppo questo happy end ancora non c’è.

La tensione al Porticciolo continua ad essere la stessa, aggravata anche dalle minacce e dalle lesioni che alcuni residenti hanno ricevuto, nel mese di giugno, da alcuni membri della famiglia Testa. Ingiurie, intimidazioni, sputi e calci.

E tutto questo perché da un lato qualcuno ritiene (mafiosamente) giusto poter coltivare i propri interessi economici a danno della collettività; e dall’altro le istituzioni che dovrebbero essere garanti dei beni pubblici non fanno che strizzare (mafiosamente) un occhio agli stessi soggetti, lavandosi spudoratamente le mani di fronte ai diritti che il popolo reclama senza che nessuno lo ascolti.

Nel sito ufficiale della Tortuga si afferma che si tratta di una società che opera nel mercato “puntando verso l’innovazione delle tecnologie e il rispetto dell’ambiente”. Anche molti politicanti hanno fatto dell’ambiente una bandiera da sventolare per apparire attenti e sensibili. Ma piuttosto che una moda, il rispetto dell’ambiente dovrebbe consistere di fatti concreti. Non resta che sperare che prima o poi tutto ciò venga compreso…