Sant’Agata si fa beffe dell’ordinanza di Capodanno contro i botti

L’amministrazione catanese dice una cosa e ne fa un’altra

testo e foto Ivana Sciacca

Lo chiameremo Luca. Ha dodici anni e si diverte a far scoppiare botti e petardi vicino al Castello Ursino. Che ne saprà lui dell’ordinanza comunale che ha vietato questo giochino pericoloso? Forse nulla o forse non gli importa. Quello che conta è chi ne spara di più e il rumore di guerra che ne viene fuori. Gli ordigni non sono difficili da acquistare: in via Plebiscito trovi un tavolo imbandito ad ogni angolo già a partire da novembre.

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Sono a norma di sicurezza? Non per forza. Tra uno sparo e l’altro, Luca si imbatte in un esplosivo difettoso. Prova ad accenderlo ma non ci riesce. Inaccettabile visto che è nuovo di zecca. Anziché lasciare perdere, insiste omeprazole 20 mg cap. A quel punto l’ordigno esplode e Luca perde una mano.

Alcuni giorni dopo i suoi amici commentano l’accaduto. “Ah vabbè, persi na manu ma ora avi a pinsioni!” dice uno di loro. Ci pensano che sarebbe potuto succedere anche a loro? O a com’è vivere senza una mano? Il fatto che sia rimasto mutilato pare non scuoterli più di tanto.

Tutto questo è accaduto nonostante l’ordinanza, firmata dal sindaco Bianco a dicembre, che vietava l’utilizzo di questi ordigni. Chi ha vigilato sulla corretta applicazione della stessa? Questo non si sa ma Catania è stata la città che ha riportato il maggior numero di feriti a Capodanno, superando persino Napoli.

Attraverso l’ordinanza le istituzioni si sono schierate da una parte precisa? In teoria sì, in pratica l’8 gennaio ne viene firmata un’altra con cui si autorizza la ditta Vaccalluzzo Events allo sparo di fuochi d’artificio da villa Pacini per tutte le domeniche di gennaio, in onore di Sant’Agata.

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Dove sono finite tutte le belle parole dell’ordinanza di dicembre? Si vietavano i bummi perché “tale pratica (…) rischia di procurare danni o lesioni alle persone, anche gravi e gravissimi, provocati dall’uso improprio o dal malfunzionamento di detti ordigni, oltre ad effetti traumatici agli animali d’affezione, a causa del panico da rumore e da questi alle persone che li circondano”. Pare non restarne traccia di queste parole.

È chiaro che un’ordinanza sia solo un primo passo per avviare un processo di educazione civica in merito alla questione. Ma che senso ha se pochi giorni dopo viene completamente sovvertita? Non sarebbe stato più coerente non emetterne affatto? Il problema non solo non viene fronteggiato ma in questo modo viene addirittura distorto con una posizione ambigua e di convenienza.

Questo non è che il preludio alle feste agatine che come ogni anno si aprono all’insegna dell’anarchia e dell’illegalità. Ma alcune associazioni cittadine non ci stanno e chiedono ad alta voce non solo di ritirare l’ordinanza ma anche di rendere pubblici i costi previsti per la celebrazione della festa della patrona.

Che poi si possano fare spettacoli pirotecnici senza mettere a repentaglio la sicurezza delle persone è un dato di fatto, quindi perché non farlo? Perché non dare una continuazione concreta all’ordinanza di capodanno?

L’amministrazione ammonisce su quanto possano essere pericolosi questi ordigni e subito dopo invece li promuove sfacciatamente. E intanto Luca ha perso la mano, e altri ragazzini continueranno a fare le gare tra chi farà scoppiare i bummi in maniera più eclatante, incuranti del rischio cui si espongono. Persino il clima di festa a Catania somiglia a una guerriglia: si festeggia col rischio di restare mutilati.

Come si può pretendere di sradicare atteggiamenti nocivi in questo modo? Come si può richiamare la cittadinanza al senso civico se la prima a non averne è proprio l’amministrazione?