San Libero – 72

Stampa. La collega Alice Werblowsky, che è di fede ebraica e lavora a Studio Aperto, ha chiesto il trasferimento a causa del disagio provato dai servizi filofascisti del suo Tg in occasione del 25 aprile. I redattori del Giorno hanno fatto sciopero contro un titolo scandalistico a favore della pena di morte, imposto dal padrone del giornale per vendere più copie approfittando dell’indignazione popolare per un feroce delitto.
È l’ultimo episodio della resistenza che il giornalismo è ormai costretto a impegnare contro il mercato. “Un giornale è una cosa che racconta quel che succede, garantita dalla nostra firma di giornalisti”, “Un giornale è una cosa che serve esclusivamente a far soldi e accumulare potere”: non c’è compromesso possibile fra questi due modi di pensare, e sempre pù giornalisti – ma già col bavaglio fra i denti – cominciano a rendersene conto.


Italia. La Corte di Cassazione ha annullato l’ergastolo per i boss mafiosi condannati per l’omicidio Lima. Il modivo è che non vale più il cosiddetto “teorema Buscetta”. Buscetta sosteneva, e Falcone e Borsellino sostenevano con lui, che Cosa Nostra è un organismo unitario, con una direzione al suo vertice e una deliberazione collettiva di tutti i principali affari. Questa tesi venne aspramente combattuta, ai tempi in cui Falcone era vivo, dal giudice di Cassazione Carnevale, in diretta polemica con Falcone, al quale Cernevale non rsparmiò epiteti ingiuriosi. Tutto ciò ebbe a suo tempo la conseguenza di mettere in libertà parecchi boss mafiosi, di aumentare il potere della mafia a tutti i livelli e infine di isolare Falcone e Borsellino contribuendo in maniera decisiva, quantomeno moralmente, alla loro morte.
Ci volle l’assassinio nei due eroi dell’antimafia perchè il popolo finalmente si svegliasse e costringesse lo Stato a scegliere fra Falcone e Carnevale: in quegli anni furono conseguite le prime e ultime vittorie nella lotta contro la mafia, dimostrando che il potere mafioso non è invincibile e anzi può essere facilmente rovesciato quando lo Stato si decide a fare il suo dovere.
Adesso, a quanto pare, il vento è cambiato. Carnevale è tornato in auge, e Falcone e Borsellino sono ben morti. Di Falcone non si parla più. Borsellino viene impunemente censurato dal primo giornalista politicante che passa, sia esso un Gad Lerner o um Emilio Fede. E il lavoro di Falcone e Borsellino, tanto ipocritamente esaltato prima, viene butatto nel cesso fra le sghignazzate dei mafiosi.
Siedono nell acorte di Cassazione (che è sempre quella, non dimentichiamo, che sentenziò che lo stupro di una donna in jeans non costituisce reato) personaggi come il sunnominato Carnevale, che Falcone e Borsellino consideravano un oggettivo alleato del potere mafioso; quell’Aldo Grassi che dovette andarsene da Catania per le sue collusioni con i “cavalieri dell’apocalisse mafiosa”; quel Claudio Vitalone a cui i giudici di Perugia attribuirono, per le sue relazioni con la bandas della Magliana, l’infamia degli “schizzi di fango sulla toga”.
Tutti costoro, che oggi giudicano iniquamente in nome di voi e di me, sono stati ammessi dal Csm non solo ad esercitare la nobilissima funzione giudiziaria, ma anche ad esercitarla al massimo livello: per ragioni burocratiche, a quanto pare, non si poteva fare a meno di ammetterli in Cassazione. Il Csm ha dunque cessato di esercitare la sua funzione istituzionale di garantire l’autonomia e l’eticità della Magistratura, e oggi siamo in Italia orfani di due istituzioni, la Corte di Cassazione e il Csm.
Borsellino e Falcone sono stati assassinati un’altra volta, e stavolta non fra le lacrime e l’ira ma fra gli sbadigli annoiati del popolo per cui hanno dato la vita.


Italia. La notizia di cui abbiamo detto sopra – una notizia importantissima, con ogni evidenza, per l’ultimo dei giornalisti del più scalcinato giornaletto locale – non è stata data nè dai telegiornali di Berlusconi nè dai telegiornali del servizio “pubblico” Rai. È stata in altre parole censurata. Mentana, Fede, Liguori, Tutankamen, Mimum e Rizzo Nervo hanno coscientemente e in mala fede nascosto ai loro telespettatori una informazione essenziale. Hanno cioè rinnegato il loro mestiere di giornalista e la loro dignità di persone civili, e si sono resi personalmente corresponsabili dell’incremento di potere che la mafia – com’è fin troppo facile prevedere – guadagnerà con questa vittoria.
Cosa Nostra, da questo secondo assassinio di Falcone, ottiene ciò che non era riuscita ad ottenere con le stragi: l’abolizione di fatto dell’ergastolo e l’eliminazione, in buona sostanza, del reato di associazione mafiosa. Col silenzio dei telegiornali ottiene inoltre la vittoria d’immagine di chi ha saputo imporre una prova di forza – è sempre stato il silenzio, la sua forza – e l’ha vinta.
Ci sarà molto da lottare nei prossimi anni, amici miei. Lasciate che gli altri chiacchierino, che non costa niente, su questa o quella cazzata di Celentano. Noi dobbiamo seguire Falcone, che oggi è solo.


Italia. Alcune decine di adolescenti albanesi fra gli undici e i diciassette anni sono stati assediati da una folla di circa quattrocento persone che ha circondato, per farvi irruzione, l’istituto religioso dove i ragazzi erano ricoverati. L’assedio è stato tolto alla fine solo grazie all’azione dei Carabinieri che sono intervenuti in forze. Ad originare il pogrom sarebbe stata una lite ai giardinetti, poi degenerata, fra ragazzi del luogo e albanesi. “Qualcuno deve aver soffiato sul fuoco” ha detto il sindaco del paese.
Il gravissimo episodio si è verificato a Salandra, un paesino della Basilicata. In una zona civile, dunque, non in posti come Verona o Agrigento. Anche là, tuttavia, si sono trovati sia le condizioni psicologiche (intolleranza diffusa, rottura col tradizionale “brava gente”) che quelle organizzative (presenza di agitatori di estrema destra in numero sufficiente per “soffiare sul fuoco”) per dare luogo a un pogrom. La parola non è italiana: è nata in Russia, ai tempi (fine ottocento) della caccia agli ebrei per la strada; e ha avuto fortuna in America, ai tempi (i nosri anni cinquanta) dei linciaggi dei neri nelle piazze. Adesso, dopo tanto fatica e propaganda di televisioni, giornali e forze politiche “moderate” e “liberali”, è entrata nel nostro vocabolario a gonfie vele.


Ancora un paio di storie dalla Sicilia: me ne scuso umilmente – io preferirei scrivere di Tahiti – ma quando arrivano arrivano, e lasciarle in silenzio (anche noi) non si può.
Dunque: storia numero uno. Gli andreottiani presentano alle elezioni un certo Pippo Ferlito, che a voi giustamente non dice niente ma di cui io mi ricordo molto bene. Assessore a Catania una ventina d’anni fa, con un cugino boss mafioso che a un certo punto si fa beccare con milleduecento chili di droga. L’articolo (per il quotidiano dove lavoravamo allora) su questi milleduecento chili e questo mafioso non uscì mai: l’assessore Ferlito si precipitò dai proprietari del giornale e, in assenza del direttore, costoro fermarono le rotative e censurarono la notizia. Il direttore Giuseppe Fava, che aveva preso le nostre difese, fu licenziato – per questo e altri motivi – poco dopo. Dell’assessore Ferlito, si occupo’ anche il generale Carlo Alberto dalla Chiesa.
Ne abbiamo parlato a giugno, se vi ricordate. E abbiamo parlato anche dell’avvertimento che in quei giorni costui ritenne opportuno di fare arrivare al figlio del direttore licenziato, Claudio Fava. “Buongiorno. Si ricorda di me?”. “No”. “Io sono Ferlito. Sono qua e sono tornato a occuparmi di politica”.
Tutto questo ha forse qualche significato se si considera che Giuseppe Fava è stato ucciso dalla mafia nell’84, che Claudio Fava è sfuggito a un agguato mafioso nel 93, e che Ferlito viene candidato oggi, dagli andreottiani, nella stessa regione e nella stessa città in cui sono successe tutte queste cose.
Seconda storia. Vi ho rotto le scatole a sufficienza con la la storia di quel centro sociale in cui hanno fatto la scuola di computer, che ora il comune di destra vuole chiudere, e così via. Vi ho detto anche che il centro era stato occupato una decina di anni fa e che uno dei ragazzi, in quell’occasione, venne incarcerato per il “furto” di alcuni tubolari Innocenti, e che dopo l’arresto si uccise. Giusto? Sono tornato in quella città per riparlare con quei ragazzi.
Alle dieci meno un quarto, mentre stavamo chiacchierando su Linux, uno di loro, che non vedevo da un bel po’ di tempo (l’ultima volta faceva il grafico per noi ai Siciliani, qualche anno fa) a un certo punto si alza e fa: “Bene, fra poco sono le dieci. Me ne devo andare”. “E dai! Finiamo di parlare e poi andiamo a farci una birra”. “No, scusa, debbo andare davvero”. E se ne va.
“Dev’essere a casa alle dieci – fa, dopo un lungo silenzio, uno degli altri – sennò magari lo mettono dentro”. “Dentro? E perchè mai?”. “Per quella storia dell’occupazione. Sai, quei tubi… Sta ancora scontando la pena. Ora per fortuna gliela lasciano scontare a casa”.
Capito? Dieci anni fa, in una delle città più criminali d’Italia, dove i mafiosi fanno i politici e dove i politici fanno i mafiosi, dove non si sono ancora rubati la cattedrale solo perchè è ancorata solidamente a terra, finalmente è arrivata la giustizia. È arrivata dieci anni fa, e ha stroncato esemplarmente un orrendo traffico di tubi Innocenti – almeno cinque o sei. Dei delinquenti, uno ci ha lasciato la pelle e l’altro dopo dieci anni sconta ancora.


Mafia e politica. “Come si sta evolvendo il rapporto fra mafia e politica? La mafia continua a votare? La potenza economica del crimine organizzato può condizionare la politica?”. È la domanda che i giornalisti di Antimafia Duemila hanno posto a una sessantina di magistrati, investigatori, giornalisti e militanti antimafia.
Alcune delle risposte sono molto interessanti, e comunque credo che in questo momento sia il più completo giro d’orizzonte su mafia e politica, un argomento che già ora è scomodo ma fra un paio di mesi sarà senz’altro sovversivo. Conviene sbrigarsi a dargli un’occhiata, o sul numero aprile/maggio del giornale o nel Forum in rete. Sono disponibili le risposte di: Guido Lo Forte, Alfredo Galasso, Giovanna Maggiani Chelli, Francesco Vitale, Franca Imbergamo, Elio Veltri, Biagio Gatto, Beppe Grillo, Maria Giovanna Romeo, Mario Almerighi, Nicola Tranfaglia, Paolo Giordano, Rita Borsellino, Salvo Vitale, Teresa Principato, Francesco Forgione, Antonio Ingroia, Vittorio Borraccetti, Peter Gomez, Vittorio Teresi, Ignazio De Francisci, Giuseppe Arnone, Salvatore Boemi, Nicola Gratteri, Antonino di Matteo, Guido Ruotolo, Luca Tescaroli, Ferdinando Imposimato, Antonino Caponnetto, Michele Gambino, Fausto Bertinotti, Maria Falcone, Marcello Musso, Nicolò Marino, Sergio Flamigni, Dario Fo, Antonio Cipriani, Giulietto Chiesa, Attilio Bolzoni, Giuseppe Lumia, Roberto Pennisi, Antonio Di Pietro, Enza Rando, Giuseppe Cipriani, Tano Grasso, Marco Travaglio, Michele Perriera, Tony Baldi, Giovanni Russo Spena, Riccardo Orioles, Nando dalla Chiesa, Fulvio Grimaldi, Paolo Flores d’Arcais, Gianni Minà, Nichi Vendola, Luigi Li Gotti, Luigi De Fichy, Enzo Ciconte, Adriana Musella, Dino Paternostro, Felice Cavallaro, Antonio Foiadelli, Mario Guarino, Giovì Giannone, Nicola Traina e Salvatore Tesauro.

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Trapani. Arrestati sindaco e qualche assessore (giunta di centrodestra) per corruzione, appalti e gare truccate: normale. Indagini sui contatti mafiosi: normale. Coinvolte le logge segrete (la solita Iside2 dei tempi dei Salvo): normale. Il vicesindaco, che non c’entra, promette di riscattare ‘onore della città: normale. Il vicesindaco, signora La Torre, vedova del magistrato Ciaccio Montalto… Un momento: che ci fa la moglie di Ciaccio Montalto in una giunta di centrodestra? a Trapani?


Telefono Azzurro. “Berlusconi – ha detto Bossi – sul nostro accordo ha voluto la massima cautela personale. Che nessuno dei due possa tradire la parola data. Perciò ha voluto che giurassimo sui nostri figli”.


Economist. “Dio stramaledica l’Inghilterra”. Le inique sanzioni.


Economist. Violante: “Che c’entra con le elezioni la questione morale?”. Fra un paio d’anni, invocherà la riconciliazione nazionale fra il capitano Ultimo e Totò Riina.


Campagna elettorale.
“Cornuto!”.
“Ma… guardi che veramente la mia signora mi è fedele”.
“Figghibottana!”.
“Ma scusi, non per contraddirla… ma mia madre faceva l’impiegata al catasto…”.
“Ricchione! Figghibbottana sfasciata! Sbirro! Communista!”.
“Ma insomma guardi che se lei continua chiamo una guardia…”.
“Aaah! E ora che fai, minacci pureeee?”.


Foglio di disposizioni. È stato dimissionato d’autorità dal Segretario del Partito il federale di Genova camerata Amoletti. Motivazione: omettendo di provvedere adeguatamente alla perfetta efficienza dell’apparecchio elettromarconico di amplificazione, impediva che le vibranti parole del Capo giungessero alla folla patriotticamente radunatasi nella Città dei Mille. All’ordine de Capo “Considerati dimissionario” il camerata Amoletti ha virilmente risposto: “Obbedisco”.


Primo maggio. Alla manifestazione dei sindacati a san Giovanni, fra una canzone e l’altra, sarà permesso parlare di tutto meno che di politica e di lavoratori. Per par condicio, ovviamente.


Cambiamento. L’Italia sta cambiando profondamente, a giudicare dagli ultimi dati sull’andamento dei reati commessi. Diminuisce sempre di più il numero delle truffe, a aumenta invece quello degli stupri, specialmente su minori. Meno Totò e più De Sade.


Segnali. Varata a Monfalcone la nave da crociera Golden Princess: lunga trecento metri, larga trentasei, cabine di gran lusso, quattromila passeggeri. Assolutamente inaffondabile, assolutamente sicura. Titanica.


Estemporanea. Stretti di borsa e d’anima, i lucchesi.


Turchia. Sciopero della fame di solidarietà con i carcerati politici (ne hanno ammazzato una ventina in pochi mesi). Delle donne che stanno facendo lo sicopero, almeno tre sono già morte.


Occidente. Bronx. Riamessi in servizio i quattro cops, tutti bianchi, che un paio d’anni fa uccisero “per errore” (quaranta colpi di magnum) un ragazzo nero, del tutto innocente, che aveva però l’aria molto sospetta. Le autorità sono state molto severe con i quattro poliziotti: galera niente, licenziamento neppure, però prima di tornare per la strada dovranno fare un “corso supplementare” di addestramento di una settimana.


Occidente. Gedda. “Se lo possono sognare. È prematuro” ha risposto il ministro dell’Interno dell’Arabia Saudita, sceicco Ben Abdelziz, alla richiesta di alcune donne che chiedevano il permesso di poter guidare un’automobile e di avere dei documenti d’identità personali.


Occidente. Washington. Il politico americano ormai in là con gli anni, potente governatore di Stato, possibile – un giorno o l’altro – imperatore, che en passant confessa d’avere ammazzato non sa quanti vecchi e ambini, in un villaggetto nel Vietnam, tempo di guerra: adesso ciò gli rovina la digestione, ed è pentito. Comunque non gli toccherà mai di dover scappare da un ospedale militare dentro una valigia, come Kappler.


Occidente. Italia. I seicento curdi di Gallipoli, sbarcati in condizioni pietose dopo una lunga fuga per mare verso una vita migliore. Il vescovo di Lecce: “Bella la campagna elettorale. Bellissimi tutti questi discorsi. Di tutti questi che parlano, però, non ce n’è nessuno che dica qualche cosa anche per loro”.


Aria. È felicemente riuscita l’impresa di Angelo d’Arrigo, il giovane deltaplanista che aveva deciso di accompagnare – volando in mezzo a loro – la migrazione dei falchi dal Sahara a noi. Si sono lasciati sopra lo Stretto, ormai arrivati, con un sorriso amichevole e un colpo d’ala.


Lettere alla Padania. “Montanelli si è arricchito grazie a Berlusconi, nonostante l’esito fallimentare dei giornali affidatigli. Ma, con le affermazioni dei giorni scorsi, sollecitato da intellettuali prezzolati, Indro si è nuovamente prestato a teatrini elettorali faziosi, che gli tolgono il diritto di invecchiare serenamente e con dignità” (lettera firmata, Como).


Lettere alla Padania. “Salendo le scale della metropolitana ho potuto notare un mucchio di gente accalcata per riuscire ad accaparrarsi una copia del quotidiano Metro che, come saprete, è gratuito”. Per curiosità anch’io ho preso una copia e non ci ho trovato nulla d’interessante tranne qualche artitolo, scritto da mani pelosamente buoniste, avente lo scopo di evidenziare la bontà e la laboriosità degli extracomunitari da noi ospitati. Ma chi finanzia questo progetto?” (lettera firmata, Milano).


Cronaca. Roma. Trovato il corpo di un senzacasa morto assiderato per l’ondata di freddo dell’altra notte: ingombrava un angolo della piazza davanti alla bellissima chiesa di Santa Maria in Trastevere.


Cronaca. Bergamo. Un operaio saldatore di sessantasei anni, sposato e padre di quattro figli, è morto in un cantiere di Klosters (Svizzera), precipitando da un’impalcatura di trenta metri mentre saldava un tubo rotto. L’operaio, Pietro Ravasio, lavorava da anni in Svizzera e tornava a Bergamo solo la domenica. Era il suo ultimo giorno di lavoro prima di andare in pensione e tornare a Bergamo per sempre.


Cronaca. Tivoli. Arrestato topo d’auto. Le indagini sono state facilitate dal fatto che, per una sua superstizione, rubava solo Fiat Uno e solo blu.


Cronaca. Ostia. Un povero venditore ambulante bengalese è stato rapinato per la strada dei suoi pochi risparmi da due militari italiani – due avieri – in libera uscita. Dei due furbastri (acchiappati dai carabinieri poco dopo) uno era palermitano e l’altro torinese. Nord e sud.


Persone. Vespignani il pittore, cuore di Roma, dell’umanissima Roma di Aldo Fabrizi, di Pasolini, di Claudio Villa e di Guttuso. Odiava i fascisti e i preti; dipinse i vicoli e i ragazzi di strada. Antifascista come Guttuso ma – più fortunato – non perse la sua plebeitudine fra le cosce d’una contessa romana, nè l’anima fra le braccia d’un cardinale.


Riepilogo III

È strano come a volte possano capitarti
i casi della vita.
Io ero postino a Middletown, Ohio,
e un giorno m’è arrivata la chiamata
e sono partito.
In Asia, ci sono stato un anno e mezzo
e mi sono preso il grado di sergente
e una scheggia nel braccio.
Poi, quando sono tornato nell’Ohio,
alcuni hanno detto che ero un assassino,
altri invece che avevo servito la patria.
Ma non credo che valga la pena di grandi parole
quando tutto quello che hai fatto
è stato camminare nella foresta
sparando qualche colpo a un nemico invisibile.
Però un ricordo m’è restato impresso.
E stato quando ho visto in mezzo all’erba
il cadavere dello Charlie che avevamo ammazzato
e mi sono meravigliato
che il nemico fosse così piccolo.