San Libero – 376

18 novembre 2008 n. 376

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Genova

1) “Infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto”:
– I black bloc, a Genova nei giorni del G8, vennero visti e fotografati insieme con poliziotti. L’assalto al centro-stampa dei pacifisti, alla Diaz, venne effettuato anche per impadronirsi degli hard-disk con le foto.
2)  “Lasciare che devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città”:
– I black bloc vennero lasciati liberi di fare quello che volevano. Vennero invece picchiati i boy-scout e i pacifisti cattolici.
3) “Dopo di che, massacrare i manifestanti senza pietà e mandarli tutti in ospedale”:
– Fatto.
4) “Serve una vittima e poi si potranno usare le maniere forti”:
– La vittima serve a provocare la reazione incontrollata degli oppositori e a proclamare quindi lo stato d’emergenza (“le maniere forti”). Nel ’77 il “movimento” cadde nella trappola. Nel 2001 no.
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I principali mafiosi (Riina, Provenzano, Bagarella, Liggio, Di Cristina, ecc.) vennero assolti più volte dalla magistratura prima di Falcone (Bari giugno 1969, Catanzaro luglio ’74, ecc.). La giustizia siciliana era allora prevalentemente impegnata a perseguire altri reati (pubblicità “oscene”, ragazze scollate, ecc.). Solo dopo, con i “comunisti” Costa, Terranova, Ciaccio Montalto, Chinnici, e poi col pool di Falcone, emerse un settore di magistrati orientati a compiere il proprio dovere. Fino a quel momento, il livello civile dei magistrati siciliani era stato abbastanza lontano dagli standard occidentali. Questo contribuì notevolmente all’impoverimento della società siciliana, e ai numerosi omicidi (più di cento fra sindacalisti, comunisti e altri oppositori) perpetrati dalla mafia per mantenere il potere.
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Non mi sembra che, su Genova, ci sia molto altro da dire. Si parla di commissioni d’inchiesta, ma è demagogia; l’Italia non è più credibile, su questi argomenti, come istituzioni. Come per i paesi del Terzo Mondo, la competenza è ormai delle Corti internazionali. E perché, d’altra parte, la destra dovrebbe fare le inchieste che la sinistra non volle quando poteva? Davvero una tragedia come Genova deve servire da motivo retorico a personaggi, come Di Pietro, che appena insediati nel proprio ufficio tolsero, per prima cosa, la targa che ricordava Carlo Giuliani? No, chiudiamola qui. Prendiamo atto. La destra è una destra fascista, non-europea. L’opposizione è, con ogni evidenza, inadeguata. Le istituzioni, i giudici? Velo pietoso. “Il coraggio, chi non ce l’ha, non se lo può dare”, scrisse uno scrittore cattolico di questo Paese. No, le tragedie nostre – a quanto pare – dobbiamo risolvercele noi.
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Noi, chi? Noi, una generazione. Non è il presidente Obama la cosa importante. E’ l’elettorato di Obama. Che c’era e c’è, solo che nessuno lo vedeva. Viviamo in un paese terribile, in cui una parte (minoritaria ma non trascurabile) della popolazione è ormai assestata su valori criminali e uccide il negro e picchia la ragazza. Ma molto più numerosi, grazie a Dio, sono gli italiani civili e buoni; e sono i giovani, e ogni giorno che passa prendono più coscienza. A loro ormai è affidato questo Paese.

Oh, la mia vecchia Sicilia, che pareva abitata – i tavolini dei bar, i circoli dei “galantuomini”, i palazzi – da scimmie arcaiche, feroci (“I fimmini o’ su postu!”) e tracotanti, quante in realtà ne nascondeva, di queste giovani forze, nel suo profondo! E come seppero farla emergere i giovani, quando ne venne il tempo! Franca Viola, Falcone, la primavera di Orlando, la Pantera: nessuna di queste cose era prevista, eppure avvennero tutte; nessuna fu mai persa del tutto, ciascuna per un tratto fu vincente.

Così sarà ora in questi anni, dappertutto. La diga è rotta, possono ringhiare e stridere, ma non fermare l’ondata. Genova, dopo Genova, andrà avanti. Non funzionano più le trappole dei Cossiga. Pietà per chi ha avuto paura, disprezzo per chi chiacchiera ora e prima non ha fatto. Noi, si va avanti.

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Manganelli

Il capo della polizia Manganelli si è dichiarato disposto in questi giorni a “fare luce su quanto è successo”. E’ stato molto lodato dai politici per questo. A me sembra qualcosa di sudamericano. Se Manganelli ha qualcosa di nuovo da dire, ha avuto tutto il tempo per farlo nella sede istituzionalmente delegata ad ascoltarlo, e cioè il processo. “Garantisco io”, “mi assumo io tutte le responsabilità” ecc. può dirlo il capo della polizia messicana, per rabbonire i peones; in Inghilterra esistono meccanismi diversi (responsabilità della catena di comando, separazione dei poteri, dimissioni). La scelta fra Inghilterra e Messico qui ormai è stata fatta e lacrime, maldipancia, happening più o meno sinceri adesso non servono a niente, tranne che a indorare la pillola a chi vorrebbe ancora credere di essere in Europa.

Poche settimane fa, d’altra parte, di fronte all’impasse per la nomina della Vigilanza Rai (ma figuriamoci se Dell’Utri lascerebbe mai passare un antimafioso come Orlando!) c’è stato l’episodio, anche questo messicano, del capo del Partido Colorado che propone al Partido Blanco: dateci questa carica e in cambio noi vi diamo la Corte Costituzionale. Un modo, come dire, gelminiano, di intendere le istituzioni. Altro che Inghilterra.

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Spranghe

Roma. Una ragazza di ventun anni, Ilaria R., bloccata da un gruppo di nazisti sul treno Roma-Ciampino (portava una kefia) e pestata a sangue. Prognosi di cinque giorni.
Firenze. Aurica C. rom trentaquattrenne, selvaggiamente picchiata da una commerciante del mercato di Sant’Ambrogio dopo essere stata insultata.
Bologna. Quattro ragazzi pestati in pieno centro da un gruppo di naziskin: “Comunista!” e “Partigiano di merda!”. Uno è grave.
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La polizia italiana è in grado di impedire questi episodi? E’ necessario che i cittadini si organizzino direttamente per mantenere l’ordine pubblico contro questi reati? Quelli che alla fine fossero costretti a farlo, avrebbero diritto all’esimente – prevista dal codice – dello “stato di necessità”?

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Giochi virtuali, soldati reali

Come si fa a cercare nuova carne da cannone senza dare troppo nell’occhio? Basta gettare l’esca giusta tra il pubblico dei videogiochi, pieno di ragazzi pronti ad arruolarsi col miraggio dei soldi facili per sostituire il mouse con un vero lanciarazzi. È così che sfogliando le recensioni di gamespot.com mi sono imbattuto in un promo che precede le anteprime di alcuni giochi, una sorta di spot obbligato cui sono costretti tutti quelli che vogliono vedere come funziona un videogame prima di comprarlo.

Il video mostra un soldato afroamericano impegnato a raccontare la grandezza e l’utilità del suo lavoro nel più grande esercito del mondo, con il rinvio finale a www.dosomethingamazing.com – un sito in cui si invita a “fare qualcosa di straordinario”, come ad esempio arruolarsi nell’aviazione statunitense. Il sito in questione “è dedicato alle cose straordinarie che i piloti dell’aviazione statunitense realizzano in tutto il mondo. Ogni giorno combattiamo su campi di battaglia in territorio straniero, controlliamo satelliti, difendiamo il ciberspazio e rendiamo i nostri cieli sicuri per tutti”. Il testo è corredato da una galleria di video che “forniscono una visione personale e mai vista finora della nostra incredibile abilità e potenza di combattimento”. In Times Square il manifesto dello Zio Sam affisso sul gabbiotto di reclutamento volontario mi aveva fatto sorridere per la sua ingenuità vintage, ma guardando questo sito ho dovuto ricredermi sull’abilità degli “spin doctor” del Pentagono. La carta dei videogame non è nuova, ed era già stata giocata con la distribuzione gratuita del gioco “Americàs Army”, utilizzato per proporre il reclutamento ai videogiocatori dai riflessi più pronti.

Nel nostro piccolo paese di provincia a forma di stivale tutto questo passa inosservato, e continuiamo a chiamare eroi ragazzi plagiati dalla propaganda di chi vuol fare la guerra con i figli degli altri. I falsi moralisti che denunciano internet come strumento di corruzione dei bambini si dimenticano di denunciare gli eserciti come strumento di corruzione degli adolescenti. Gli educatori e i pedagogisti non hanno gli strumenti o l’interesse per rilevare il fenomeno, e l’unico modo per accorgersi della caccia al soldato fatta coi videogiochi è quello di capitarci casualmente in mezzo.
[carlo gubitosa]

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Lettera aperta a un “liberale” catanese

Chiamate nominative, selezioni non pubblicizzate e bandi ignoti: al teatro Massimo Bellini di Catania non sembra siano ancora arrivati i tempi nuovi annunciati a ogni occasione dall’onnipresente “rinnovatore civile” Antonio Fiumefreddo.

Egregio signor Fiumefreddo,
Il 3 novembre scorso Lei ha ricevuto la lettera di una giovane laureata in scenografia – una ragazza di ventisette anni – che inizia così: “Da tempo cerco di poter mettere in pratica la mia preparazione universitaria senza essere costretta ad abbandonare la mia città, la mia terra”.
La lettera era indirizzata all’Ispettorato del Lavoro e, per conoscenza, al Sovrintendente del Teatro Massimo Bellini, cioè a Lei: ricorda?
La aiutiamo: “Purtroppo però, ancora una volta, mi sono dovuta scontrare con la realtà di questa città, dove clientelismo e conoscenze sono alla base di ogni tipo di opportunità lavorativa”.

Cose note, dette e stradette, al limite della banalità; ma che c’entrano le banalità demagogiche con Lei che organizza i balletti per la legalità e le escursioni al Quirinale, che dispiega il telone raffigurante il  volto pop del superlatitante sulla facciata del teatro, che denuncia gli abusi sui detenuti, che è persino autore di un libro dal titolo “Mai con la testa in giù”? Con Lei sul Suo sito (www.lasveglia.it), nel messaggio “Catania che muore” apparso  il primo ottobre del 2003, si scaglia contro  “l’affidamento di consulenze ed interessi privati che vanno impediti e denunciati”?
Denunciati, sì signor Sovrintendente: Lei ha scritto proprio così. Ed è esattamente quello che ha fatto la ragazza di ventisette anni quando, entrando nel merito, si è lamentata della ”assunzione a tempo determinato di diverse unità, chiamate per nominativo, in occasione della realizzazione dell’Opera “Medea” e dislocate nei reparti di scenografia e falegnameria del Teatro Massimo Bellini” a partire dal 4 novembre 2008.

E i bandi? E Le selezioni pubbliche? E La logica meritocratica che dovrebbe risiedere in ogni animo liberale ispirandone gli atti e che “avrebbe permesso ai giovani come me di misurarsi con una realtà lavorativa concreta solo in base alle proprie effettive capacità”?
Ci spieghi, signor Fiumefreddo, cosa c’è di liberale, di limpido, di legittimo nel reclutare personale senza pubblicare i bandi sul sito dell’ente. Se non riesce da solo a trovare una risposta, la chieda a Brunetta: anche lui è un liberale.
[massimo malerba]

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uffo03@libero.it wrote:

< L’antisemitismo (o meglio l’antiebraismo: anche gli arabi sono semiti, e quindi il panorama dell’antisemitismo oggi è immensamente più vasto di quanto faccia pensare il numero degli odiatori degli ebrei) ha prodotto un’immensità di orrori in tutto il corso della sua storia, ed è giusto ricordare che anche la Chiesa (o meglio: le chiese: la cosa non riguarda solo i cattolici! Mai sentito parlare di un certo Martin Lutero?) ha responsabilità gravissme. Ma vorrei ricordare due cose.
1) L’origine dell’antiebraismo non va cercata nel cristianesimo, perché è molto più antica. Consiglio la lettura di Ian Assmann, Moses der Agypter, tradotto pubblicato da Adelphi, per vedere quanto remoto e molto precristiano fosse questo pregiudizio.
2) “L’origine dell’antiebraismo cristiano va cercata nell’anticristianesimo ebraico”. Piaccia o non piaccia, hanno cominciato gli gli Ebrei a perseguitare i cristiani. Ciò almeno stando alle fonti di cui disponiamo.
Ciò non diminuisce affatto le responsabilità delle chiese, ma si vorrebbe che la consapevolezza storica, relativamente a queste cose, fosse un po’ meno angusta. Infine, ogni uomo, papi inclusi, è figlio della cultura del suo tempo >

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Daniele Dellerba <ogigia@email.it> wrote:

< Ho realizzato una versione italianizzata di Linux Puppy, Linux Ogigia Zeronove. Dedicata al recupero dei vecchi computer, è già usata da migliaia di persone, tra cui attivisti del trashware >
Bookmark: ogigia.altervista.org/index.php?mod=read&id=1225141791

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adelantecompaneros@fastwebnet.it wrote:

< Quando era Ministro dell’ interno, l’Alitalia istituì un volo diretto Albenga-Roma Fiumicino, che fu immediatamente cancellato dopo le dimissioni di Scajola dal Viminale; il volo aveva registrato un max di passeggeri pari a 18 (diciotto!) con un passeggero fisso: il ministro Scajola. Col governo Berlusconi-3 il volo è stato immediatamente ripristinato grazie a un finanziamento straordinario di un milione di euro. L’aereo è un Atr 47 e tre giorni a settimana sta fermo sulla pista ; i passeggeri sono al massimo otto e il passeggero fisso è sempre Scajola. L’Atr 47 costa all’Alitalia circa 100mila euro a settimana. Così il fatto che a Scajola non piaccia andare in macchina da Albenga a Genova, per quest’anno, costa agli italiani (dato che tutti i debiti dell’Alitalia sono stati accollati alla popolazione) la notevole cifra di sei milioni e duecentomila euro >

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Aristofane Ciciliano wrote:

Rivau u pupu niuru

< Obama nunn’è sparacanaci
Nun parra a taci maci
Nun è mancu sparaceddu
Nun è re di lu scanneddu

Fici Busciu a sparadappu
Passi lisciu e passi n’ tappu
Obama longu comu a sparagogna
Si pò fari! Sogna e scugna!

Sì pò fari a spaparanza
Bedda matri chi valanza!
Ora puri i sparapauli
fannu arutti di li ciauli

E’ lu re ddò sparracino
Sembra Magno e il Pipino
Spogghiacristi e spagghiaturi
Né tibbisi né maluri

Sunu o sbaddu i sparritteri
Ccu la lingua ndò darreri
Su d’Obama non ti spagni
T’arrifrisca e non ti lagni

Sì la casa si spatruna
Sulu Obama ti la runa
Infilici sparapacchiu
Fu Mecchen picchì era racchiu

Yes we can! nun è puesia
sulamente la spiranza
d’abballariti nda panza
su non cangi sta vilanza

tutta jttata vessu ri tia
ca di piccioli fitia
e lu poveru comu a mia
non mania ma pinia

Yes we can
Arrivau u pupu niuru
allu yankee finiu u triulu >

[E’ arrivato il pupo nero//  Obama non è un pesce piccolo (triglia piccola)/ non parla di nascosto/ non è un broccolo/ né una persona mafiosa//   Ha ridotto Bush come un cerotto/ Gli è passato di sopra/ Obama è lungo come un asparago/ Yes we can/ Si sogna e allontana gli avversari//   Yes we can con ampiezza/ E’ di vero valore/ Ora pure i poveri/ fanno la voce grossa (ciauli = gazza)//   E’ un valoroso oratore/ parla come Carlo Magno e Pipino il breve/ Poveri e braccianti/ si possono curare meglio (tibbisi= morire)//   Gli avversari cialtroni/ sono privi di parole/ Non bisogna avere paura/ le cose andranno meglio//   Se non si possono pagare i mutui/ Obama risolverà i problemi/ Come scarafaggio infelice/ Mc Cain non vinse perché brutto.//   Sì, possiamo! Non è poesia/ ma soltanto la speranza/ di poter cambiare le cose/ a favore dei poveri, infatti/ la bilancia è a favore dei ricchi.//   Sì, possiamo!/ E’ arrivato il pupo nero/ per gli americani sono finiti i guai]

Bookmark: www.corrieredaristofane.it

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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)