San Libero – 355

30 settembre 2007 n. 355
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Certo, non bisogna distruggere i partiti. L’ordine, le istituzioni,  l’anarchia che (Dio non voglia) subentrerebbe. Ma allora, per esempio, perché Fassino distrugge il suo? Perché di questo si tratta. Ormai è abbastanza chiaro che il nuovo partito prenderà meno dei partiti vecchi. Non si faceva prima a dire “vaffa tuttiquanti, elettori miei”?

A Milazzo (Messina) il partito comunista è nato nel marzo 1921: organizzava i braccianti e qualche impiegato. Poi venne il fascismo. Si continuò in clandestino, nelle campagne. Nel ’36, un gruppo di comunisti milazzesi partì per la guerra di Spagna, dal lato della repubblica; la sezione di quand’ero ragazzo si chiamava col nome di uno di loro. Poi, nel quarantatrè, le prime riunioni pubbliche per ricostruire il sindacato. E Tindaro ed Eliana che girano per la Piana, lei in bicicletta a organizzare le gelsominaie, lui con le leghe bracciantili. I volantini davanti alle prime fabbriche, e gli operai che entrano alle prime luci dell’alba. E i primi comizi in piazza, le bandiere rosse. Le file dei contadini, allegri e seri, dietro quelle bandiere.

Nel ’67, in Sicilia, lottavamo per “trasformare la colonìa in affitto”: si tratta di contratti agrari, la colonìa risale ai latifondisti romani, un gradino su della servitù della gleba, l’affitto è un contratto più moderno che il granduca di Toscana introdusse, nelle sue terre, intorno al 1840. Il capo dei latifondisti, barone Diana, minacciava: “Se passa questa legge, impugneremo le armi”.

Tindaro è morto nel ’93 (c’era tutto il paese, al suo funerale) e più o meno in quel periodo il partito cambiò il nome, levò la falcemartello e mise un albero, che era più moderno. Sia l’albero che il nuovo nome non furono decisi dal basso: ci pensarono i capi. Però i compagni si fidavano: Occhetto, per fare una cosa del genere, doveva avere le sue ragioni.

Passarono alcuni altri anni, e il nome fu cambiato di nuovo. Nessuno naturalmente fu interpellato ma anche D’Alema, per decidere una cosa così importante, doveva avere le sue buone ragioni. I capi sanno quello che fanno. Mica possono passare il tempo a chiedere ai compagni cosa ne pensano loro. Poi, certamente, si vota: ma insomma, c’è sempre chi ubbidisce e chi comanda. Come si potrebbe fare altrimenti?

Adesso hanno deciso che tutta questa storia non c’è più. Non siamo più di sinistra, siamo tutti “democratic”, all’americana. Non c’è mai  stato Licausi. Il nostro nuovo segretario – sempre quaggiù in Sicilia – è il nipote di un boss democristiano, Gullotti. Si chiama Genovese e di mestiere fa il megamanager dei traghetti privati;  da ragazzo era leader dei giovani Dc, poi a Forza Italia, poi ai Popolari, alla Margherita e infine eccolo qui, al posto di Pio La Torre. Il cui nome potrà ancora essere nominato, nel nuovo partito, ma a patto di non esagerare: il capo dell’antimafia, Beppe Lumia, voleva proporsi per segretario ma gli hanno detto autorevolmente (Veltroni, Violante e Franceschini) di non fare cazzate chè gli accordi erano già presi. E lui: “Obbedisco”.

Certo, Grillo ha torto quando dice che dopo due legislature uno se ne dovrebbe andare. Però quando si esagera si esagera. De Mita, di legislature, ne ha fatte undici. Adesso, nel nuovo partito, è stato incaricato di fare il “tutor” dei giovani – per ordine diretto di Veltroni –  e questa, per uno che ha conosciuto la vecchia Fgci (quella che nel ’76 arrivò in Friuli, ad aiutare le vittime del terremoto, ventiquattr’ore prima di protezione civile e carabinieri), è un po’ difficile da digerire. Ci sono molte buone sezioni della Sinistra giovanile, in Sicilia e in Campania, bravi ragazzi, antimafiosi: fra un mese dovranno cambiare nome, e prendersi De Mita per tutore. Poveretti.

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“Espellere chi paga il pizzo”, “In piazza per solidarietà col giornalista minacciato”. Bene. Dopo tanti anni, le associazioni degli industriali e dei giornalisti si schierano finalmente contro la mafia. Lirio Abbate e Andrea Vecchio – uno giornalista a Palermo, l’altro imprenditore a Catania sono dei nomi che ci ricorderemo, nomi di sopravvissuti e non di vittime, finalmente. Libero Grassi e Giuseppe Fava, allora, vennero lasciati completamente soli dalle rispettive istituzioni: furono uccisi anche per questo. Confindustria e Ordine del giornalisti, in Sicilia, sono rimasti zitti per trent’anni. Adesso finalmente parlano. Come passa il tempo. (Ai commercianti palermitani, novemilaottocento su diecimila, che si rifiutano di dire “io non pago il pizzo” non voglio pensarci ora, per non guastarmi l’ottimismo).

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Informazione. A Catania, i più grossi imprenditori locali – Ciancio e Virlinzi – vengono colti in una serie di irregolarità, insieme al sindaco, nella costruzione di un megaparcheggio speculativo. La magistratura interviene, ma la notizia non viene fuori. Finché, a sorpresa, Alfio Caruso (uno dei nove giornalisti licenziati su due piedi l’anno scorso da Ciancio) fa lo scoop e riesce a pubblicarlo sul Corriere della Sera. Però: Il Corriere non riprende più la vicenda; Repubblica la ignora; i rispettivi siti non ne parlano; e così via. Insomma, il catanese non lo deve sapere (non che lui d’altra parte bruci dalla voglia di sapere le cose) e i parcheggi si debbono costruire illegalmente o illegalmente, perché Ciancio ha bisogno di Soldi e Virlinzi pure. Del resto siamo in Sicilia, in Italia, mica in Europa.

Casablanca va avanti, per quel che può. Ma i mezzi sono quelli che sono. E siamo sempre di meno: ha chiuso Diario, che era un buon giornale e la sua parte di sbavaglio l’ha fatta, finché ha potuto. Una stretta di mano a Deaglio e l’augurio di ricominciare presto a far qualcosa. Dobbiamo lavorare moltissimo, perché siamo in pochi. Lo resteremo ancora per quattro o cinque anni, finché arriveranno quelli che stanno crescendo ora.

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Rivelazioni. “In Italia 90 bombe atomiche Usa”. “Maledetti lavavetri”.

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Il sindaco di Venezia, prof Cacciari, ha fatto un buon provvedimento per regolare l’affollamento dei piccioni a San Marco: d’ora in poi, ha ordinato, niente più getti di riso ai matrimoni, per non richiamare i pennuti. Bene. In tempi normali, tutto ciò avrebbe avuto un trafiletto in cronaca sul Gazzettino, magari con una foto di sposini sorridenti e gondole sullo sfondo. Adesso, invece, il titolo è: “CACCIARI: GUERRA TOTALE AI PICCIONI”. Oppure: “Venezia/ Piccioni Tolleranza Zero”. Insomma se i no xe duci no i volemo. C’è un’ondata di ducismo, nello stile politico italiano, che al confronto Peron era Lord Russell. Chi minaccia, chi sbraita, chi proclama:  da Mastella a Fassino è tutto un proliferare di ultimatum, o almeno di penultimatum, che manco fra Hynkel e Napaloni.

Il guaio è che funziona. A Firenze, con la storia dei lavavetri, un sindaco s’è potuto inventare un fantomatico racket (che la Procura smentisce) ed essere applaudito. Ha sequestrato dei poveracci che non facevano (sempre secondo i giudici) alcun reato ed è stato applaudito di nuovo. In città c’è un giovanotto che va tracciando in giro delle “O” perfettissime sui muri: povero lui se il sindaco – odiatore dei writer gli mette le mani addosso.

A Bologna, invece, per impedire che costruissero una moschea un leghista ha proclamato: “E io ci porto il maiale!”.  Il sindaco (di sinistra) immediamente ha ritirato la delibera, dando ragione al maiale. “L’ho fatto per ragioni tecniche, mica per altro”. Sarà, ma così si fa confusione: finisce che la gente non capisce più chi è leghista, chi è sindaco, chi è di destra, chi è di sinistra, e soprattutto chi è maiale. Caso classico di antipolitica: altro che Beppe Grillo. Poi dice che uno si butta a sinistra.

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A una manifestazione antiislamica, Dacia Valent ha riconosciuto Roberto Sandalo, un assassino di Prima Linea con svariati omicidi alle spalle. S’è pentito, è diventato cattolico, poi guardia padana, poi rapinatore (nell’ordine) e infine militante antiislamico, per la difesa della cristianità.

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Ancora noiosi scandali all’università di Messina: presidi, test d’ammissione, ecc. Succede a ogni anno accademico. Ogni tanto arrestano un rettore, se ne chiacchiera un po’ e poi di nuovo via col copione. Ma non si potrebbe chiuderla per un paio d’anni, la baracca? O almeno trasferirla a Las Vegas, dove sarebbe apprezzata?

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Economia. Catania è leader italiana, secondo l’Assofin, della “cessione del quinto” dello stipendio. Il debito medio delle famiglie, secondo la stessa fonte, supererebbe il 60 per cento.

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Antipolitici. Impegnatissimi a convincere un quarto dei loro elettori a non andare più a votare, nel giro di un anno sono riusciti a farsi scavalcare di dieci punti dall’avversario, che disgraziatamente è Berlusconi. Com’è che intanto in Spagna Zapatero guadagna voti e popolarità? Non è che lui è un politico e questi no?

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Tolleranza zero. Elkann, Burlando, Ceva?

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Mastella. Quest’estate un tizio, a Lipari, gli ha tagliato le corde dello yacht: arrestato, processato sul posto e condannato, nel giro di ventiquattr’ore, a due anni e mezzo di galera. (Spero di non passare troppi guai, con questa notizia: Mastella è vendicativo).

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Buone notizie. A Librino (periferia di Catania, settantamila cristiani di serie B) nasce un giornale, La Periferica, e lo fanno i ragazzi di là, seriamente. A Forte dei Marmi danno il premio internazionale per la satira, e lo danno al nostro Mauro Biani. A Napoli c’è stata la prima festa di, il giornale dei giacobini di là, che ormai ha fatto un anno. A Roma i ragazzi di Locri, invitati a corte da Veltroni, gli rispondono “Eccellenza grazie, ma prima un po’ di pulizia a cominciare dal Bova”. A Casal di Principe torna Roberto Saviano: “ma quale camorra! Siamo tutti normali imprenditori” bofonchiano i camorristi, ma la piazza stavolta è piena di ragazzi. Tutte queste notizie (ma ce ne sono ancora) hanno in comune il fatto che i protagonisti hanno venti o trent’anni, snobbano i politici, vivono per la politica e la loro politica è quella – nascente – dell’Ottocento.

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“Tutte le liste che si presentano alle primarie del Pd  devono fare una dichiarazione diretta di contrasto ai clan, città per città, chiamandoli per nome”, dicono i ragazzi della Sinistra Giovanile campana. A Stabia, per esempio, “devono indicare di essere contro i D’Alessandro, i Cesarano, gli Imparato, gli Omobono-Scarpa”.  Formalmente la Sinistra Giovanile, che raggruppa i ragazzi del Ds, ha poche settimane di vita. Però le idee chiare sono difficili da estirpare. Non sarà facile la vita dei dirigenti “normalizzatori”, in Campania.

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Nel ’60, in Alabama, la popolazione bianca insorse contro i neri in un vero e proprio pogrom: “siamo stufi dei neri!”, tornatevene da dove siete venuti!”. Il presidente Kennedy mandò la Guardia nazionale che protesse i neri e disperse i razzisti manu militari. Qualcosa del genere è successo or da noi, dalle parti di Pavia, dove gli zingari sono stati cacciati dal paese e assediati dalla popolazione furente. Se Veltroni fosse già al governo – lui che è kennediano – avrebbe mandato i soldati, contro la folla razzista? Oppure ne avrebbe cercato i voti?

A Roma, i pogrom contro gli zingari – ché ormai di questo si tratta – avvengono come in tutte le altre città d’Italia. La “ggente” insorge, guidata da delinquenti comuni (come nelle borgate romane) o da leghisti (come in Lombardia). L’obbiettivo ormai non è più quello di far casino, ma di colpire fisicamente gli zingari – uomini donne e bambini – e dar fuoco alle loro cose, terrorizzandoli per farli andar via. In Bosnia si chiamava pulizia etnica. In Germania, difesa della razza. Non ne parla nessuno, salvo i preti e Rifondazione.

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“Mi metterò a passeggiarci sopra, e voglio vedere se su quel terreno avranno ancora il coraggio di farci una moschea!”. Gli imam, di fronte all’orribile minaccia, si lisciano pensierosi  la barba. E’ vero che il Corano non vieta di costruire dov’è passato un maiale: ma dove ha grufolato un Calderoli?

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Romilda wrote:
< La mia storia è questa: nel mese di febbraio ho postato un articolo su blogfriends inerente l’arresto di un imprenditore edile di Prato per mafia. Nel mese di aprile conosco un ragazzo che ha lo stesso cognome di questo imprenditore. Mi presenta ai suoi e dopo un po’ mi fa aprire un conto corrente dicendo che lo avrebbe coperto. In buona fede gli do’ il blocchetto degli assegni e lui emette vari assegni in bianco. Li blocco tutti e lo dnuncio. Ora che ho scoperto di essere incinta e l’ho confidato alla cognata subisco molto mobbing che mi stressa e credo che sia perchè voglio togliermi il bambino dichiarando che sono pazza. Oggi vi è stato un ennesimo litigio con la cognata. Ho paura. Un’assistente sociale mi ha detto che fino a che lui non torna dall’Albania io non mi devo muovere da casa altrimenti lui può dire che voleva riconoscere il bambino e io non glielo permesso. Torna domenica. Ma non ce la faccio più >
Bookmark: www.censurati.it

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Beppe wrote:
< A Viterbo è in corso un’iniziativa contro la realizzazione del terzo polo aeroportuale nel Lazio, e di denuncia del devastante impatto del trasporto aereo sul clima del pianeta oltre che sull’ambiente e la salute delle popolazioni nelle aree più direttamente colpite dalla presenza di strutture aeroportuali, e quindi fondamentalmente per la riduzione di questa forma di mobilità così fortemente inquinante, energivora, dissipatrice di pubbliche risorse, realmente anche antieconomica, profondamente iniqua. Abbiamo davvero bisogno dell’aiuto di tutte le persone di volontà buona >
Info: nbawac@tin.it

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Abdul wrote:
< Come è stato bello vedere sopra il cielo, uno stormo di uccelli che immigravano dal  mio continente africano verso l’Europa. Uno stormo armonioso che volava alto. e faceva così il suo viaggio da un paese verso un altro. Come quello stormo che aveva fatto il suo viaggio per vivere, così anche molti di noi abbiamo viaggiato dall’Africa  all’Europa. Nei nostri paesi la vita non può essere rialzata dalla povertà. Le persone che ci hanno governano hanno permesso il disfacimento della economia del nostro paese e della nostra ricchezza individuale.
Da tutte queste difficoltà, nasce il viaggio senza diritti di moltissimi giovani. Anche per me è stato così. Quando ho deciso di uscire dal mio paese, l’ho dovuto fare senza diritti. Per partire verso  l’Italia, ho dovuto trovare un gruppo mafioso della Libia, che in arabo si dice harrak. Ho viaggiato dalla Tunisia fino alla Libia, tante volte per prendere accordi. Alla fine ho trovato un filo attraverso una pakistano. E dopo due mesi, ho pagato per il mio viaggio mille e duecento euro >

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Sebastiano Gulisano wrote:
< Caro R., non capisco perché ti meravigli di Firenze e dei fiorentini. Quelli, ormai, certe cose – il decoro – ce l’hanno nel dna. Basta ricordarsi che quando c’è stato da cacciare i saccopelisti sono stati secondi solo a Venezia; quando c’è stato da dare addosso agli stranieri non sono stati secondi nemmeno alle ronde padane. E ora sono all’avanguardia nel mandare in galera i lavavestri. Di che ti meravigli? A questi i poveri stanno sui cabasisi, ché sono sporchi e puzzano e, con la loro semplice presenza, deturpano la città.
Di che ti meravigli: questi so’ di destra, come la stragrande maggioranza di questo Paese. E chi non lo era lo è diventato, convinto (da questo fior fiore di classe dirigente che ci ritroviamo – aridateme Sbardella!) che una sinistra moderna se non può abolire la povertà debba quantomeno nasconderla. In carcere. Questi non sono certamente di sinistra. Forse nemmeno di destra. Sicuramente sono sinistri.
Ciao >

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S.P. wrote:
< Lo scoop del Corsera l’ha fatto un bravo giornalista licenziato da uno degli imprenditori che sarebbe coinvolto nell’affare. Secondo me, questa circostanza è comunque un segnale di emancipazione (voglio vedere quale giornalista scrive un articolo che sputtana il proprio editore). L’indagine è stata preceduta nei mesi scorsi da articoli apparsi sui soliti giornali “fatti dai carusi” e che “tanto non contano un’emerita minchia” (scusate la volgarità ma chi comanda a Catania utilizza esattamente queste parole). Secondo me, questa circostanza è il segnale che a Catania i bravi giornalisti non sono solo quelli che lavorano per “l’unico giornale” della città e, soprattutto, che un giornale (una radio o un tv) si può fare anche domani (basta avere un po’ di soldi e di coraggio) >

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Fabio Peluso wrote:
< Ciao, sono stato alla carovana per l’informazione a Roma e ho potuto ascoltare le parole di Graziella Proto. Le cose da dire sono poche, tante sono quelle da fare per cambiare il mondo in cui viviamo. Cercherò di dare il mio contributo per rendervi meno soli di fronte alle ardue sfide che vi attendono e a quelle che state già affrontando, intanto magari facendo un abbonamento sostenitore a settembre, quando subito dopo la pausa estiva e prima dei test all’università >

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Lorenzo  wrote:
< Ciao R. Sono uno studente universitario (laurea specialistica in Comunicazione), giornalista precario e militante del sindacato studentesco. 24 anni, vivo tra Castelfranco Veneto (Treviso) e Padova. Ci eravamo scambiati un paio di mail l’anno scorso. Ora ho letto su Macchianera il commento in cui parli di sciopero dei precari organizzato su Internet. Vorrei saperne un po’ di più, e la cosa mi interessa e sono prontissimo a dare una mano, ad ogni livello >

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Guarda che sei tu che devi organizzarlo. Non hai bisogno di me, e nemmeno di Beppe Grillo. Basta che trovi un paio di centinaia di precari come te (nell’internet li trovi facilmente) e cominciate ad allargarvi (con l’internet è facile) su un obiettivo preciso (sull’internet è facile fare brain storming per individuare obiettivi non astratti).

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Antonella Consoli wrote:

< La lucertola guarda la farfalla,
vuole imparare a volare
o divorarla? >

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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)