San Libero – 332

2 maggio 2006 n. 332

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Questo numero della Catena esce in emergenza per un motivo felice: e cioè che siamo troppo occupati a impaginare il primo numero di Casablanca – la nuova rivista dalla Sicilia dei pazzi giacobbini – e il tempo per qualunque altra cosa è pochissimo. Dobbiamo essere in edicola, almeno in Sicilia, l’undici: questo significa che bisogna lavorare letteralmente giorno e notte per arrivare puntuali all’appuntamento col tipografo e, come si diceva una volta, “non perdere i treni”.

Le cose da scrivere non sarebbero mancate: in queste ore l’Eletto (dal Signore, ma non dal popolo) si toglie finalmente dagli zebedei. Nel giro d’un mese gli italiani – pazienti, confusionari ma non scemi – si sono sia pur faticosamente liberati dalle tre B. del vecchio secolo, che sembravano eterne: B. come Berlusca, cioè l’idea che coi soldi compri i culi e le anime di tutti; B. come Binnu, cioè la s.r.l. mafia-politica, al centro dell’economia per cinquant’anni; e B. come Belzebù, il sommario di tutto, l’ironia e l’intrallazzo, la bonomia e la tragedia, gli incontri sorridenti con Alberto Sordi e quelli, sempre sorridenti, coi boss di Cosa Nostra. Adesso tutto questo non c’è più. Siamo nel nuovo secolo, ragazzi. Il duemila, in Italia, comincia ora.

Ve lo aspettavate diverso? Pensavate di vincere fra fiori e applausi, dieci milioni di voti in più, i cattivi che scappano e i buoni che vengono avanti senza paura? Levatevelo dalla testa: siamo in Italia, amici miei. E in fondo, vincere ai rigori dà anche più soddisfazione. (E costringe a non abbassare la guardia, a restare svegli un minuto di più).

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Mi scuso con i numerosissimi lettori che hanno scritto per mettersi a disposizione di Casablanca: molti sono professionisti (di giornalismo, grafica, video e altre cose) e hanno anche fatto proposte molto serie e concrete, molti altri pur non essendolo hanno portato idee possibili e di valore. Abbiamo potuto rispondere solo a pochi. In questo casino operoso di questi giorni, ci è impossibile distoglierci anche solo per un’ora dalle elaborazioni immediate. Appena sarà chiuso il numero, per prima cosa ci faremo una bella dormita e poi contatteremo uno per uno tutti gli amici che hanno chiesto un biglietto per Casablanca. Abbiate pazienza e compassione :-)

La fretta, su questo numero della Catena, ci consente di pubblicare solo due dei materiali più interessanti. Il primo è un servizio da Barcellona (Messina) dove gli amici di Provenzano erano tanti (diversi boss latitavano in questa zona) e dove tuttavia in questi mesi il movimento antimafia sta crescendo come non mai. Tindaro Bellinvia, l’autore del servizio sul caso Manca (un medico di Barcellona forse ucciso perché aveva visto Provenzano) è uno dei leader di questo movimento, collabora al foglio antimafioso La Primavera e ha fatto, negli anni più duri, un piccolo giornale libero che si chiamava La Città. Fretta o non fretta, siamo lieti di dargli il benvenuto nella Catena (e nelle altre baracche che via via vengono messe in piedi).

Il secondo argomento che non potevamo sacrificare è un brevissimo flash di Antonella Serafini. (www.censurati.it), che è una delle giornaliste più ficcanaso d’Italia e aveva tirato fuori la storia di uno scandalo di famiglie eccellenti a Pescara:  la cosa l’ha messa nei guai, è arrivata una denuncia e anche qualche segnale inquietante. Ma arrivano i nostri, nella persona dell’avvocato-compagno Alfredo Galasso: adesso non sarà più tanto facile metterle il bavaglio.

Buon lavoro a tutti.

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Un caso da riaprire. La cattura di Bernardo Provenzano ha avuto un’eco straordinaria tanto da oscurare in parte anche l’esito al foto finish delle elezioni politiche. Nella stessa edizione straordinaria del tg1, realizzata a pochi minuti dal lancio Ansa che rendeva noto il suo arresto in un casolare delle campagne di Corleone, nel servizio principale si ricordava che la vicenda della lunga latitanza di “Zu Binnu” è arrivata ad una svolta positiva per gli inquirenti che cercavano di braccarlo con la scoperta dell’intervento chirurgico alla prostata avvenuto a Marsiglia nel 2003. Ma per coloro che avevano sentito parlare del caso del dott. Attilio Manca non c’era bisogno di questo particolare per collegare l’arresto del super latitante con il caso dell’urologo di Barcellona, in provincia di Messina.

Abbiamo incontrato i genitori Gioacchino Manca e Angela Gentile a una settimana dalla cattura di colui, che secondo la pista da loro indicata agli inquirenti finora senza risultati concreti, potrebbe essere stato visitato e operato dal loro figlio trovato morto il 12 febbraio del 2004 nell’appartamento di Viterbo dove viveva da solo. Il padre è chiaro: nonostante le intimidazioni subite e gli “inviti” a desistere, loro non molleranno fino a quando la verità sulla morte del congiunto non verrà interamente a galla. La signora Manca manifesta il suo rammarico e la sua sete di giustizia:“delle indagini approfondite non sono state mai condotte nonostante le sollecitazioni del nostro avvocato Fabio Repici e troppe incongruenze della vicenda non sono state chiarite”. “In più  – aggiunge Angela Gentile – dover subire anche la beffa con una telefonata fatta la mattina dell’11 febbraio sul nostro telefonino da Attilio che dapprima la polizia di Viterbo conferma e successivamente invece non compare nei tabulati” E’ indignata per questo la mamma di Attilio: “Se davvero questa telefonata non l’avevo mai ricevuta e non trattandosi di depistaggio, che bisogno c’era di ridicolizzarmi con certe dichiarazioni?”

Dopo la richiesta, infatti, del loro legale di un controllo sui tabulati telefonici ecco cosa scrivono gli inquirenti rispetto a quella telefonata: “Errore di data comprensibile, visto il dolore di una madre, dovuta alla perdita di un figlio che può facilmente confondere il giorno in cui l’ha sentito per l’ultima volta”.
“Una madre – insiste Angela Gentile – può mai dimenticare l’ultima telefonata fatta dal proprio figlio?” Inoltre il padre ricorda che un’altra telefonata abbastanza lunga, questa volta fatta dalla madre al figlio l’8 febbraio verso le 11, non compare nei tabulati telefonici.

Tra le strane coincidenze con il caso Provenzano c’è il viaggio in Costa Azzurra dell’Ottobre del 2003 fatto da Attilio all’insaputa di tutti i suoi colleghi e dei suoi amici. Durante una telefonata lo stesso racconta al padre che non si tratta di un viaggio di piacere ma di lavoro finalizzato ad effettuare una visita per un intervento chirurgico… e Attilio Manca, specializzatosi proprio in Francia, è stato il primo in Italia ad eseguire l’intervento alla prostata per via laparoscopica. Ma perché il giovane Manca si sarebbe trovato in contatto con certi ambienti? Forse una parentela scomoda… il cugino Ugo Manca infatti è stato condannato dal Tribunale di Barcellona a nove anni di reclusione per traffico di stupefacenti. L’unica impronta, presente nella casa in cui viene ritrovato il corpo senza vita di Attilio, a cui gli inquirenti hanno dato un nome è proprio del cugino.

Il giovane viene trovato senza vita la mattina del 12 febbraio, quando i colleghi che lo aspettavano in sala operatoria, dopo diverse ore di ritardo, vanno a cercarlo a casa. Arrivati i poliziotti e aperta la porta, lo spettacolo è agghiacciante: il cadavere del giovane è riverso sul letto, in una pozza di sangue, con il volto schiacciato sul materasso e due buchi sul polso sinistro….lui, mancino, si sarebbe iniettato un cocktail di sostanze letali con la mano destra.

Una cosa è certa: secondo i genitori il giovane urologo da diverso tempo non era più tranquillo e varie volte aveva fatto capire che le sue preoccupazioni erano legate alla sua professione.

E’ possibile che la mafia barcellonese, quella stessa mafia che ha fornito il detonatore per la strage di Capaci, abbia procurato un medico per il padrino di Corleone e che successivamente questi sia divenuto troppo scomodo per ciò che sapeva tanto da dover morire? Tale ipotesi deve essere seriamente presa in considerazione.

Se, come anche il procuratore nazionale Antimafia Pietro Grasso ha denunciato, ci sono stati esponenti delle istituzioni e della politica che, con la loro complicità, hanno permesso la lunghissima latitanza di Provenzano, come escludere che ci siano componenti deviate delle istituzioni che hanno, dal 12 febbraio 2004 ad oggi, cercato di insabbiare le indagini sul caso Manca? [tindaro bellinvia]

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Non siamo soli. Alfredo Galasso, professore di diritto civile all’Università di Palermo, famoso avvocato penalista palermitano, membro del Csn e parlamentare prima del Pci poi della Rete, molto noto per la sua partecipazione al primo maxiprocesso contro la mafia e contro Giulio Anreotti, quello che ha difeso i familiari delle vittime dei processi sulla strage di Ustica e l’incendio del Moby Prince, ex componente della Commissione bicamerale antimafia, ebbene, proprio lui, ha scelto di assistere il mio ridicolo caso di taccuinaggio abusivo. E che succedeva se al posto di un taccuino avessi usato un registratore o una macchina fotografica! La difesa direttamente a Kennet Starr? [antonella serafini]
Bookmark: www.censurati.it

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daniela.arletti@tiscali.it
< Sono felice dell’opportunità che Rita ci sta regalando per aiutarla a crescere e a farsi conoscere e amare da tutti i siciliani che hanno a cuore la propria regione.
La mia esperienza è di donna, separata, madre di tre figli e precaria (dal 18 aprile dopo sei anni di lavoro interinale sono stata simpaticamente messa alla porta). L’obiettivo è quello di contribuire a raccogliere suffragi per Rita, e portare voti all’Unione per farle raggiungere la maggioranza all’ARS, quindi la mia rappresenta una semplice candidatura di servizio.
Sono moderatrice nel forum di Bispensiero e Meetup di Beppe Grillo di Palermo, un nuovo luogo di incontro e discussione sulla politica fatta da più di 500 persone comuni e di idee politiche fra le più varie, e faccio anche parte del gruppo di coordinamento dei comitati per Rita di Palermo.
I temi che mi stanno a cuore sono sicuramente quelli relativi al mondo del precariato, della scuola, dell’ambiente (beppe grillo più volte si è espresso sul tema degli inceneritori), dei problemi che assillano la nostra città (ad esempio del passante ferroviario ancora si sa poco, ma ritengo che sia indispensabile far sapere a quanta più gente possibile lo stravolgimento al quale potrebbe andare incontro la città in caso di realizzazionedell’opera).  Un saluto a tutti >

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luca76@hotmail.com wrote:
< A che serve lottare se non si può vincere, penso che sia questo quello che sentano tanti siciliani, ma poi lottare contro cosa? Tutti si guadagna in nero, se cade la mafia cade una parte dell’economia, sarà vero? La Borsellino si presenta alle elezioni, ma c’è veramente qualcuno che crede che in una terra di “mafia roots” si potrà mai vincere con la Borsellino? Legalità si, poi chi lavora? I sindacati i professori universitari gli avvocati i dottori gli sbirri, ma gli altri? Una notizia dei bassifondi, la nuova legge sulla droga ha fatto salire alle stelle il prezzo dell’erba, la malavita ringrazia! >

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Eddai! Alzati e cammina. Vedrai che trovi gente incazzata come te però invece di piangere si dà da fare.

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Stefano wrote:
< Ho ricevuto solo oggi la catena n. 327, insieme alla 331, nella quale accennavi al ragazzo srilankese ucciso a Como. Per fortuna Ramesh si è salvato, dopo che sul giornale locale era uscita la notizia della sua morte cerebrale. Avrà davanti un lungo percorso di riabilitazione, e gli posso solo augurare di recuperare appieno. Comunque è ancora vivo, come viva è stata la reazione di tanti giovani comaschi che non ci stanno a farsi sparare come fossero lepri >

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Enrico Peyretti wrote.
< Scrivi: “Come faremo a stare insieme? Moderati e estremisti, Bertinotti e Rutelli? Come facevamo nel ’43. Non e’ piu’ questione di sinistra e destra: oggi è Comitato di Liberazione”. Sono d’accordo. C’era la questione (speriamo chiusa) “quale governo”. C’è ora la questione vostra – viva la Sicilia! – “quale Sicilia”. Ma viene subito avanti urgente la questione delle questioni che sostanzia tutte le altre: “Quale Costituzione” >

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stefanomassimino@hotmail.com wrote:
< A me pare che la Mafia e la lotta alla Mafia vengono mal posti dai mass media. La Mafia e la lotta alla Mafia non sono una storia di morti ammazzati. Non è facendo la lista dei morti e la loro cronologia che si capisce la Mafia. Non è solo scoprendo gli intrecci tra Mafia e Politica che si informa sulla Mafia. Il punto è un altro. La lotta alla Mafia è innanzitutto la lotta di uomini che hanno un bagaglio di valori. Un bagaglio di valori quali la legalità, la difesa della Legge e della Giustizia, i valori dell’amicizia e del lavoro, i valori dell’informazione. Prima che gli uomini, la Mafia uccide i valori. E’ di valori che si deve parlare quindi se si vuole fare vera lotta.
Credo, per esempio, che Maurizio Costanzo sia l’esempio più evidente di uno dei rari casi in cui la Mafia non ha ucciso l’uomo ma ne ha ucciso i valori: egli si rivolge al pubblico parlando di tematiche private e interiori ed ha abbandonato tutto il resto. Egli ha perso la lotta alla Mafia non perchè non ne parla quasi più ma perchè non ha più parlato dei valori che sono la vera natura della lotta alla Mafia: legalità, giustizia, correttezza istituzionale, fiducia nelle istituzioni, intelligenza critica, ecc. Il merito di Giuseppe Fava che io vedo è appunto aver combattuto la Mafia anche quando non ne parlava direttamente. Egli usava ironia e forniva ai lettori punti di vista nuovi >

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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)