San Libero – 32

Giornalisti1. Pino Finocchiaro fa il cronista da vent’anni. Cinque anni fa, a Catania, è stato licenziato in tronco dal giornale dove lavorava perchè aveva dato un’intervista ai Siciliani. Dopo cinque anni, è ancora disoccupato. Il proprietario del giornale in questione è l’attuale presidente della Federazione editori, Mario Ciancio. Nel periodo in cui Finocchiaro era disoccupato, diversi giornalisti catanesi (dei giornali di Ciancio) hanno percepito a vario titolo dall’amministrazione comunale ” di sinistra” un centinaio di milioni l’anno.


Giornalisti 2. Luciano Mirone, che professionalmente si è formato nel “settore giovani” dei Siciliani, fa inchieste di mafia da una dozzina d’anni; quattro anni fa è stato licenziato (per intervento di un notabile di destra del luogo) dalla direzione di una piccola televisione di provincia; è autore di tre libri sulla mafia, l’ultimo dei quali (Gli insabbbiati, Rubettino editore) è stato presentato, fra gli entusiastici elogi di mezza intellettualità “di sinistra”, in almeno una trentina di città’ da Palermo a Milano. Il libro è la storia degli otto giornalisti siciliani uccisi dalla mafia; e Mirone, naturalmente, è disoccupato.


Giornalisti 3. Antonello Mangano, che adesso dovrebbe avere più o meno una trentina d’anni, quattro anni fa denunciò documentatamente, dopo uno studio durato oltre un anno, le collusioni fra organizzazioni criminali, strutture massoniche e parte del baronato universitario a Messina. È stata forse la più grande inchiesta mai realizzata in quella città’ (il cui quotidiano locale, del tutto vergine di simili argomenti, appartiene anch’esso a Mario Ciancio); ha provocato diversi mesi di attenzione della stampa nazionale sul “caso Messina”, nonchè diversi e fruttuosi interventi della magistratura; l’abbozzo dell’inchiesta, mi pare di ricordare, prese forma sul tavolo di cucina di Fabio a Catania, poichè anche Antonello apparteneva più o meno all’area dei Siciliani. Non essendo mai riuscito a diventare giornalista professionista, Antonello oggi non è nemmeno formalmente disoccupato e vive, a quanto mi dicono, riparando occasionalmente computer. La sua inchiesta, originariamente, era nata come tesi di laurea; il relatore tuttavia, professor Mario Centorrino, alle prime avvisaglie di “scandalo” si rifiutò di dare ulteriormente copertura al ragazzo e ritirò senz’altro la firma da una tesi così extravagante. Il professor Centorrino ha appena finito di partecipare a un pensoso convegno su come risolvere i mali della Sicilia, regolamentarmente indetto dalla sinistra isolana.


Giornalisti 4. Scelba e i fascisti non c’erano riusciti, a far fuori l’Unità. Il tizio che è stato incaricato adesso di metterla in liquidazione (Velardi: uno delle teste d’uovo del fu D’Alema) e che prenderà un trecento milioni per i sei mesi che gli durerà quest’incombenza, ha espresso la seguente proposta per rilanciare il giornale: invece di limitarsi a mettere una fascia blu sotto la testata (come venne solennemente deciso dai manager un paio d’anni fa) colorare in blu anche la testata stessa. Non oso pensare che due righe avrebbe scritto Fortebraccio su una velardata come questa.


Filiberti. Grande inchiesta di Donna moderna. Su duecento giovani intervistati, centoquarantotto sono favorevoli al ritorno del filiberto.


Grano. Ce n’è una varietà (brevettata) geneticamente sterile: non può essere usata come semente. Ogni anno, per seminare bisogna rivolgersi alla stessa ditta per comprare la semente nuova. È allo studio anche una varietà di erba per i giardini in vari colori tipo plastica ed anche fosforescente come un neon.


Capperi. A Pantelleria nessuno raccoglie più i capperi. “Tutti signori, sono adesso! Ma io gli africani dall’Africa chiamo, glieli faccio raccogliere a loro, i nostri capperi” ha proclamato il sindaco. Proteste dei sindacati.


America. L’Edipo re al Colosseo. Unici spettatori ammessi, quattro o cinquecento vip: il conte Testa, la marchesa Melandri, Gianni Letta, Gad Lerner, Soru e qualche altro metro quadrato di establishment. Che fare del Colosseo? Io personalmente, penso che in casi come questi vada rispettata la destinazione originaria d’uso e cioè: i cristiani ai leoni (è vero che oggi non è facile trovare cristiani a Roma: ma insomma, cercando un po’ si trovavano). Quello che invece proprio non si poteva fare, perchè filologicamente scorretto, era lo spettacolo per soli Vip. I romani e i greci, che non conoscevano il buonismo e il centro sinistra, avevano tuttavia un’idea molto popolare dell’arte, compreso il teatro e perfino gli spettacoli kitsch che (allora!) venivano dati al Colosseo. L’arte è arte, pensavano loro, se possono goderla e apprezzarla tutti. La massima concessione che facevano alle classi dirigenti era di riservar loro qualche fila di posti (i romani; i greci, nemmeno questo). Anche al teatro greco di Siracusa, un paio di mesi fa, hanno dato l’Edipo re (che là è in cartellone da un paio di migliaia d’anni); ma nessuno s’è sognato di limitare gli accessi, e soprattutto di limitarli a principi e baroni. Perchè Sofocle, se non è di tutti, non è nessuno.
Non m’illudo che idee del genere, che fra noi greci sono ovvi e normali, possano sfiorare il cervello dio qualsiasi degli oligarchi attuali, di “sinistra” o di destra. Ma sono idee lunghe, che pesano prima o poi: sui poeti e sull’arte porta molto male esser grevi. L’Edipo di Siracusa, per la cronaca, è stato uno dei più densi e belli degli ultimi decenni: è stata una compagnia di allobrogi – lo Stabile di Torino – a portarla in scena con delicatezza e coraggio, dimostrando così di non essere, per quanto allobrogi, nè barbari nè forestieri; e di aver anzi qualche cosa di bello da donare ai magno-greci che li guardavano con competenza e partecipazione, esattamente come al tempo dei primi poeti e delle dee.


America. In un carcere dell’Arizona, una telecamera che riprende ventiquattr’ore su ventiquattro i carcerati, e li trasmette in tempo reale sul sito internet dello sceriffo. Il progresso.


Facili profezie. San Libero del 5: < Riforme. Qualcosa mi dice che una delle prossime sarà quella delle carceri: privatizzazione (parziale) della giustizia, carceri private. In America… >. Adesso, si sta effettivamente cominciando a parlare di privatizzazione nelle carceri, per ora (idea del ministro Fassino: e naturalmente l’ha tirata fuori a mezz’estate) per i servizi non essenziali. Ce n’est qùun debut, come si diceva una volta. Ma era troppo facile da prevedere.


Dolori. Di sfuggita, a un telegiornale, una manifestazione, non particolarmente importante, d’un gruppo d’integralisti religiosi in Israele. I manifestanti sono per lo più giovani e simpatici, oppure adulti e molto dignitosi, con barba; il fatto che stiano gridando slogan non involgarisce eccessivamente i i loro lineamenti; ci sono degli striscioni in inglese e in ebraico e dei cartelli. Su uno dei cartelli, inquadrato per una manciata di secondi, c’è una caricatura di Arafat: nel disegno i particolari più sottolineati sono il naso ad uncino, le labbra molto grosse, gli occhietti maligni e pungenti; tutti tratti che in realtà si riscontrano in parte sul viso di Arafat, e che basta un tratto di carboncino per rendere “anormali”. È insomma la caricatura, fatta da un antisemita, di un semita. Riguardo, nella memoria, i visi dei manifeastanti; non sono affatto nè feroci nè disumani; sono normali visi di ragazzi un po’ vivaci e di comuni manifestanti di una qualunque città’ del mondo. Solo il cartello, innocentemente, richiama altre cose. Per un amico degli ebrei, come me, è una vista orrenda.


Bookmark. I siti dell’antimafia:

http://girodivite. freeweb.org
http://www.antimafiaduemila.com
http://www.centroimpastato.it
http://www.fondazionefalcone.it
http://www.gruppoabele.it
http://www.italiademocratica.it
http://www.libera.it
http://www.mafianews.net
http://www.peacelink.it


L’ultima volta che ho visto Borsellino dev’essere stato a Roma, a una conferenza in un liceo. Borsellino è quello che appena ti vede ti saluta, senza accorgersene, con un accento palermitano strettissimo; perchè siamo fuori dalla Sicilia, e siamo siciliani. C’è una scritta in fondo all’aula , coi nomi di due ragazzi che “per sempre insieme”: uno dei due nomi – guarda un po’ – è Riccardo e l’altro, per una meravigliosa coincidenza, è quello della mia compagna di allora. Tu gl’indichi con un cenno ironico i due nomi e lui, senza capire bene, istintivamente sorride. Gli uomini – i militanti – della scorta, un paio di giornalisti autorevoli, e i liceali; e lui che comincia a parlare, serenamente. E il fresco attento dell’aula e, fuori nella piazza romana, una giornata di sole.


Dialoghi di profughi (B. B. ):
Ziffel: “Quello che mi preoccupa di più è un’altra cosa. Nessuno si meraviglia se un uomo importante ha l’intenzione di offrire ai contemporanei un rapporto sulle sue esperienze, le sue opinioni, i suoi scopi. Io ho questa intenzione, ma non sono un uomo importante. ”
Kalle: “Proprio così. Che lei sia un uomo comune, il lettore lo scopre solo quand’è troppo tardi. Nel frattempo gli ha già ammannito una buona metà delle sue opinioni. Lui le ha bevute avidamente, senza sospettare di nulla, e quando poi comincia a capire che è tutta una sciocchezza, lei gli ha già reso familiari le sue idee, e anche se dopo diventa critico, qualcosa gli resta sempre appiccicato”.


Mardiponente Nel sorriso del sole esse nuotavano
E il mare carezzandole diceva loro qualcosa
“Liberate l’amore – è così lieve vivere!”
Il mare, amico giovane, respirava con loro