San Libero – 28

Giustizia. Magistrati ancora una volta nella bufera dopo la clamorosa assoluzione dei quattro imprenditori rinviati a giudizio, con pesantissime imputazioni, dall’Ufficio Istruzione del tribunale di Palermo e assolti ieri dalla prima sezione della Corte d’Assise di Bari. La sentenza dei magistrati baresi, oltre a far luce sul merito delle accuse contestate ai quattro imprenditori, si pronuncia con severità anche sulla professionalità dei magistrati inquirenti per la “censurabile leggerezza con cui si è provveduto alla denuncia degli imputati”.
Un giustizialismo preconcetto, e probabilmente non alieno da motivazioni politiche, che ha rischiato di gettare una macchia irreparabile sull’onore e la libertà di quattro cittadini che – come tutti ora sono costretti a riconoscere – escono dalle aule di giustizia senza che nulla sia emerso nei loro confronti. Al clima di vero e proprio linciaggio civile in cui le indagini si sono svolte fa d’altronde espresso riferimento la sentenza che parla di una “situazione psicologica e suggestiva cui non era certo facile sottrarsi, solo così infatti può spiegarsi il rinvio a giudizio dei predetti”. Sulle “rivelazioni” del “pentito”, da cui avevano attinto a larghe mani gli inquirenti, la sentenza è altrettanto esplicita: “La Corte non può che sanzionare con il marchio dell’assoluta inattendibilità l’intero contenuto delle deposizioni del soggetto, al quale del tutto immeritatamente è stata attribuita qualifica di supertestimone”.
Vicenda chiusa, dunque, per quanto riguarda la – ormai possiamo ben dirlo – fantomatica organizzazione criminale su cui per quasi un anno si è levato il battage della stampa di sinistra. Incerta, a questo punto, la sorte dei magistrati che hanno impegnato la loro credibilità professionale su un’inchiesta nata male e su delle accuse infondate; secondo alcune voci il responsabile dell’Ufficio Istruzione, Cesare Terranova, mediterebbe di darsi alla politica. Ma al di là di tutto questo resta il valore positivo di questa vicenda che ha dimostrato come la giustizia italiana, nonostante le intemperanze “politiche” di alcune sue frange estreme, nel complesso funzioni. Ne è prova l’esito finale di questo drammatico caso giudiziario, che non ha visto alla fine quattro “delinquenti” portati via fra il flash dei fotografi e lo sferragliare delle manette ma quattro innocenti cittadini uscire a testa alta dalle aule di giustizia. Anche se non sarà facile superare il trauma di questa brutta avventura per Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Calogero Bagarella e Luciano Leggio.
Qui Bari, sono le undici e trenta di lunedì ventisei giugno 1969, nient’altro da aggiungere sul processo, a voi studio.


Lavoro nero. Roma. Un ragazzo di sedici anni al suo primo giorno di lavoro (imbucare depliant turistici nei condomini) è stato aggredito e minacciato con una pistola da un inquilino che dopo averlo redarguito gli ha puntato l’arma contro. Il ragazzo si è salvato con la fuga.


Lavoro legale. Bergamo. Una ragazza di quindici anni è morta cadendo in una botola dentro una fabbrica nel suo primo giorno di lavoro. Era stata presa in carico, del tutto legalmente, come donna delle pulizie.


Italiani. Una ragazza di diciannove anni è stata aggredita da un italiano che ha tentato di violentarla pubblicamente, poco dopo mezzogiorno, nella centralissima via Capo le Case, a pochi metri da piazza di Spagna. Dei numerosi italiani presenti, nessuno è intervenuto per aiutare la ragazza che si divincolava e chiedeva aiuto. La ragazza è stata salvata, ferita, con gli abiti a pezzi e in grave stato di choc, dall’intervento di due agenti motociclisti che passavano per caso. Solo dopo che i poliziotti hanno bloccato e ammanettato l’aggressore, gli italiani hanno cominciato ad inveire contro quest’ultimo e a cercar di aggredirlo. “Mi prudevano le mani” ha motivato il suo gesto l’aggressore, Alessandro Piazzino, incensurato, ventotto anni. “Convinto che stessero scherzando” ha dichiarato uno degli italiani, Angelo Bruzzi. “Sembravano ragazzate di studenti in vacanza” ha detto un altro spettatore italiano, il giovane Luca Grimondi. Ai lavavetri di Roma: fra un semaforo e l’altro, fatemi la cortesia di dare un’occhiata in giro, amici miei: casomai ci fosse qualche ragazza in difficoltà, voi che non avete ancora imparato a essere “europei”.


Candidature. Massimo Moratti per sindaco di Milano. Bello: Sarti Burgnich e Facchetti al Comune, la grande milano Internazionale d’una volta che torna a vincere allegramente in tutt’Europa. Purtroppo, “questo” Moratti è uno che per prima cosa si è messo a fare l’elogio di Albertini.


Il ponte sullo stretto di Messina. Ma quando ripareranno la scala mobile, guasta da undici anni, al binario uno della stazione di Villa San Giovanni?


Tesoro. Ventimila miliardi in entrata per le licenze dei nuovi telefonini. Settantamila miliardi in uscita per l’evasione fiscale delle imprese.


Tesori. I commercianti di Roma minacciano lo sciopero delle tasse per protestare contro i vù cumprà, che non pagano le tasse.


Borsa. Un quarto delle azioni trattate alla borsa di Milano, alla fine degli anni Settanta, aveva in qualche modo relazione col banchiere di Cosa Nostra, Michele Sindona (personalmente garantito, di fronte agli inquirenti americani, da Andreotti). “La mafia è entrata in borsa”, denunciò Falcone nel 91. “Cosa Nostra è sui mercati finanziari e utilizza anche l’e-commerce per ripulire i soldi sporchi” ha scritto il procuratore Grasso di Palermo pochi mesi fa. Non sono novità, naturalmente: qui abbiamo sempre saputo che il mafioso che spara è solo l’ultimo anello della catena. Ma perchè non se ne parla più? (Chi paga chi non ne parla più?).


New economy. “Assumiamo giovani resistenti, max 18enni, abili a cavallo, disponibili al rischio. Preferenza agli orfani”. San Francisco Chronicle, 1860.


Philadelphia. Acqua su Marte: è quel che hanno scoperto gli astronomi della Nasa coi loro potentissimi cannocchiali. Tracce di un liquido salmastro sono state rilevate nei crepacci del Vallus Marinensis, il canale costruito dagli antichi marziani che attraversa per oltre seimila chilometri la superficie del pianeta. (prof. Aronnax)


Politically correct. Dice che all’ultima parata militare, subito dietro la cavalleria, c’era un plotone di spazzini colle spazzatrici per portare via subito la cacca dei cavalli.


Politically correct. “Il corpo dei bersaglieri ha festeggiato l’anniversario della fondazione sfilando di corsa, dopo la messa pomeridiana, lungo via dei Pontefici”.


Renzo Foa, ex direttore dell’Unità, adesso è una colonna del Giornale di Berlusconi. Lamenta la crisi culturale e politica della sinistra e, quanto a sè, dichiara di “non essere un bolscevico”. Nessuno pretende tanto. Ma fosse almeno un signore: il buon gusto l’avrebbe aiutato.


Tempi moderni. I costruttori romani Caltagirone sono entrati nell’internet e si son fatti il portale e tutto il resto. Per la pubblicità hanno scelto una torma di mouse che s’affollano su un cacio a modo di sorcetti. “A Frà, che te serve?” era il motto dei Caltagirone (Frà era il tesoriere di Andreotti) della mia generazione. Adesso siamo al rosicchiamento virtuale.


Immortalità. C’era un pittore che passò alla storia come il Braghettone perchè un papa clericale gli fece pittare foglie di fico su tutti i nudi di Michelangelo. Rutelli – se è vero che ora vogliono “vestire” tutti i cavalli delle carrozzelle di Roma – fra i sindaci romani sarà ricordato come er Mutandaro.


Sondaggi. Giovani a Milano “Ognuno deve avere il diritto a far valere le proprie opinioni, anche se minoritarie”: il 41 per cento non ci crede. “Ogni cittadino ha il diritto di scendere in piazza per manifestare le proprie opinioni”: il 54 per cento risponde “boh”.


Sondaggi. Bambini. Che cosa farai da grande? Il capostazione, l’esploratore, il giornalista: una volta. Adesso: il direttore di giornale, il manager multinazionale, l’assessore ai trasporti.


Pena di morte. È giusto uccidere i colpevoli? È giusto uccidere gli innocenti? Un’inchiesta universitaria ha dimostrato che, fra il 73 e il 95, la maggior parte dei condannati a morte che avevano i soldi per ricorrere in appello sono riusciti a salvarsi la pelle: le accuse, nei due terzi dei casi, non reggevano a un esame appena un po’ approfondito. Alla prima domanda gli americani continuano a rispondere senza dubbio alcuno di sì. Alla seconda, ci stanno pensando.


Vocabolario. “Gespritz”: soppresso per endovena (1944).


Exodus. La storia del cargo Medstar, tredicimila tonnellate e carico misto, equipaggio di Mindanao, armatore di Gibilterra, broker italiano, bandiera delle Antille, capitano croato, rotta dal Golfo Persico all’India e quindici o venti clandestini a bordo che stanno fuggendo dal Kurdistan in cerca d’un paese che li lasci vivi. I clandestini che salgono su dalla stiva ad uno ad uno, gli uomini che si affollano – “siamo armati, dirottate la nave!” – in coperta, il capitano che lancia il “pirati a bordo”, l’arrivo dei guardacoste, il sole dell’Oceano Indiano: non sapremo mai i nomi nè le storie di questi uomini, nè se siano liberi, adesso, o morti o in qualche carcere o campo-profughi turco o europeo o indiano. I giornali hanno voltato pagina, semplicemente, dopo averne dato notizia quasi un mese fa; e non c’è un Conrad per i poveri, nel Duemila.


America. In una sola stagione, l’antitrust stronca tre dei più potenti monopoli del paese: Microsoft, Visa e MasterCard. In Italia, l’Autorità delle Comunicazioni riconosce che sia la Rai che Mediaset hanno ampiamente sfondato i limiti di legge, e tuttavia non interviene perchè questo è “fisiologico”. In italiano, la parola america si traduce semplicemente “affari nostri”.


Deja-vu. Il nuovo dittatore sovietico, Putin, ha messo in galera il principale editore dell’opposizione e nazionalizzato la vodka.


Pedofili. Un bambino su sei, nei paesi “ricchi”, vive in condizioni di povertà; tredici milioni e mezzo, solo negli Stati Uniti. La percentuale va dal tre per cento dei paesi scandinavi al novanta per cento di Polonia e Ungheria: passando per il trentasei per cento dell’Italia e il ventinove per cento dell’Inghilterra, dove la povertà minorile è triplicata dall’inizio dei governi Thatcher in poi. Gli adolescenti possono essere legalmente uccisi, in caso di gravi reati, in Cina, Nigeria, Arabia Saudita e Stati Uniti.


Nessuno parla più dei sessanta schiavi morti nella stiva durante il trasporto dalle colonie all’Europa.


Quinto Stato. Succedono cose storiche anche in Italia e anche ora. Il corteo degli emigranti a Roma, la settimana scorsa: cinquantamila a sfilare con cartelli scritti a mano per le vecchie strade di Roma, le stesse dove una volta, per rivendicare se stessi, sfilavano gl’italiani. Ho un paio di amici, i cui nomi non faccio perchè Bava Beccaris potrebbe metterci il muso anche domani, che hanno organizzato le prime – timide – riunioni davanti ai cantieri, scritto i primi volantini, predicato l’unione: ai pakistani e ai bengalesi, ora, come ai veneti e ai siciliani di tanti anni fa. Li vedi ora in testa al povero corteo – una giacca gettata sulla spalla, un giro di ombre e luci sul viso, una donna che chiede loro qualcosa. Il quadro di Pelizza da Volpedo, che sta a prendere polvere in una sala di Milano, adesso è roba loro.


Debolezze. La nostalgia per una vita di leggere e insegnare latino e greco.


Addio a Piero Pratesi, giornalista. Nell’84 dirigeva Paese Sera ed ebbe il coraggio di pubblicare integralmente l’edizione straordinaria dei “Siciliani” dopo l’assassinio di Giuseppe Fava. Nell’88 fu tra i fondatori del libero e felice giornale dei primi anni Novanta, l'”Avvenimenti” di Claudio Fracassi, Sergio Turone, Alfredo Galasso, Piergiorgio Maoloni, Diego Novelli, padre Ernesto Balducci e Lidia Menapace. Vestiva all’inglese e parlava a bassa voce; non aveva – caso rarissimo per un giornalista italiano – il minimo gusto del potere. Comunista e cattolico, ha vissuto lucidamente il tramonto di un mondo che amava. Nel suo Cristo e nel suo socialismo lui ci credeva davvero, mitemente; scriveva onesto e chiaro e mai da cattedra; non credo abbia mai odiato o disprezzato nessuno. È morto un uomo buono, hanno scritto di lui; ed io non ho da aggiungere altro.