San Libero – 272

21 febbraio 2005 n. 272

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E finalmente si torna a parlare di centro-sinistra. Stranamente, a parlarne è Bertinotti, non esplicitamente ma evocando (“Vogliamo un ministero per l’Economia e il Piano”) il centro-sinistra vero, quello degli anni Sessanta. Nenni, Lombardi, Moro, La Malfa – i keynesiani. L’unico riformismo vero della nostra storia, l’unico a non essere carota di qualche bastone. Durò pochissimi anni (la destra minacciò un golpe, col generale De Lorenzo, e subito le riforme calarono la cresta) ma furono gli anni, o i mesi, in cui davvero venne al nodo qualcosa.

Fino a quel momento, i riformisti (facciamo finta di essere ancora fra gente seria, e dunque di poter usare questa parola seriamente) avevano governato l’Italia, e neanche tutta, solo per brevissimi momenti. Pertini in piedi sul camion dei partigiani, in quella primavera. Lombardi prefetto di Milano. Parri, Santhià, Di Vittorio, Olivetti: buona parte operai o ingegneri, legati alla fabbrica comunque, a quel poco di macchina che s’intravvedeva dietro gli spagnoleggianti industriali (il “senatore” Agnelli, il “conte” Augusta, ecc.) di quell’Italia agricola e franchista, profondamente pre-europea.

L’Italia era confine, a quei tempi, aveva appena perso una guerra. Nessun politico serio riusciva a immaginare qualcosa che non fosse la sopravvivenza immediata del paese. Nessuno pensava di poter tirare la corda più di tanto. Da potenza a potenza, il Partito Communista e l’Italia Cattolica trattarono così (da un lato l’unione dei poveri, dall’altro l’antichissimo notabilato civile) i confini reciproci, smussando gli spigoli, riconoscendosi a vicenda. Sovente ai due lati del tavolo c’erano compagni di classe, lettori dello stesso Croce.

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Di riforme, in un mondo così (di quelle che cambiano tutto, non quelle concesse per tener buoni), non se ne parlava nemmeno. S’incunearono tuttavia, dagli angoli opposti del sistema, delle articolazioni di riforma, dei flussi per lo più senza nome, ma che nel loro complesso erano Europa.

In Emilia, ad esempio, nella fierissima regione “rossa”, si sviluppò una società terza, non capitalista e non sovietica, basata sui piccoli contadini e sul credito collettivo. Il “sommerso”, che due generazioni dopo portò alla deculturizzazione del Veneto, là e allora funzionò veramente, tenendo le radici civili. Tortellini, operai, Maranello, maiali, coop, bandiere rosse, Rimini, Peppone… Tutto ciò funzionò benissimo tutt’insieme, fece l’unica socialdemocazia vera di quegli anni e dette un modello concreto alla sinistra. Che però, per particulare storico, non poteva governare. E dunque trasformava i modelli, in mancanza di meglio, in miti innocui e trascendenti. Ma questo comunque fu uno dei riformismi che poi – per vie traverse – portarono a quel primo centro-sinistra.

Un altro fu l’Ingegnere. Un ingegnere vero, allora gli ingegneri erano pochi e difficili da imitare. La Olivetti di Adriano Olivetti non era una “bolla”, non aveva nulla a che fare con le quotazioni in borsa e le altre odierne truffaldinerie. Era semplicemente tecnologia, antica, solida e buona tecnologia italiana. E certo da questa tecnologia, essendo tecnologia e non truffa, non poteva non germogliare della politica. Non forzitalie, non lobby, non imbonimenti, ma l’Idea – assolutamente utopistica: ma quanto europea – di sposare città e fabbrica, di dare una filosofia industriale ai cittadini.

Disgressione: quando la Romania si ribellò e lasciò quel gran buco tondo nella bandiera, il buco conteneva non tanto la stella rossa communista, quanto i piloni-dighe-fabbriche-cantieri che erano il vero oggetto della ribellione e del buco, quelli che la gente sentiva ormai nemici – e che tuttora, all’est e all’ovest, continuano a Produrre e a opprimere alla faccia del buco.

Ecco: la Fabbrica di Olivetti era un’altra cosa. Era una fabbrica aristotelica, immersa serenamente nel verde, e non conteneva consumatori-prolet, ma cittadini. Di essa ho sentito parlare ancora, dieci anni fa, nel buco del meridione, a Matera, da vecchissimi “riformatori” lucani. Parlavano di Olivetti (dei progetti Olivetti, della Comunità Olivetti, delle edizioni Olivetti: che erano arrivati fin laggiù, dio sa come) con la stessa venerazione e
nostalgia che per Rocco Scotellaro.

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I communisti, dunque, che nella realtà si assoggettarono invece alla cogestione: e gl’industriali d’industria, che nell’Italia reale furono invece i pescicani fnanziati per vie traverse (vedi Fiat) dallo stato. E chi altri c’era, in questo riformismo mitologico, in questo centro-sinistra possibile, che nacque, vagì e fu strangolato?

C’era l’Italia-nazione, l’Italia con la sua bandiera. L’Italia che se ne andava in giro per il mondo a parlare con i guerriglieri, i ribelli e i movimenti di liberazione. Non gli portava volantini e promesse ma contratti regolarmente firmati. “Vi diamo soldi qui, subito, anche per fare la rivoluzione se volete. Domani, quando sarete liberi, ci venderete il vostro petrolio”. Quello che andava in giro a dire queste cose (ai rivoluzionari algerini, agli africani, agli iraniani che volevano la democrazia) si chiamava Enrico Mattei ed era un gran mascalzone, un nemico delle società petrolifere e, nel ’43 in Valdossola, un comandante partigiano. Gli americani lo ammazzarono per tramite della mafia, e poi fecero fuori gli iraniani democratici e, un po’ di tempo dopo, assunsero al loro servizio Saddam e Bin Laden. Con Enrico Mattei, e col suo tipo d’Italia, questi due semplicemente non sarebbero mai esistiti.

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Bene. In tutto questo, se volessimo fare i centrosinistri veramente, c’è già la politica interna e estera di un buon paese. Altro che non ritirarsi dall’Iraq, se ci fosse ancora Enrico Mattei. Altro che corteggiare la confindustria, se ci fosse ancora Olivetti. Altro che fare inciuci e invocare Craxi, se ci fosse ancora Di Vittorio. E Nenni, Lombardi, Moro, l’Enel, l’Eni, la Rai… Tutti dimenticati e traditi, o privatizzati o fatti fuori o, quelli che ancora esistono, in via di privatizzazione. Il centro-sinistra vero, a quei tempi, non privatizzava ma – con orrore della confindustria e del Corriere – nazionalizzava. Vediamo che cosa farà il prossimo, se arriva a sedersi su quella poltrona.

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New economy. 1,55 miliardi di dollari sono stati versati dall’industriale texano John B. Barleycorn all’imprenditore italiano Antonio De Curtis per evitare l’acquisizione della Fontana di Trevi, che in un primo momento il Barleycorn si era impegnato ad acquistare.

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Un contributo straordinario di 1,55 miliardi di dollari – ha annunciato il sindaco Veltroni in un’affollata conferenza stampa – è stato versato al Comune di Roma dal sultano di Brunei, Muda-Hassim II, all’unica condizione che il Colosseo rimanga di proprietà italiana.

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“Non trattiamo latte, e poi non ci fidiamo”. Con questa motivazione il Ceo della McDonald, Donald McDonald, ha rifiutato l’acquisizione del 65 per cento del capitale della Parmalat. La McDonald ha pertanto versato alla Parmalat la somma di 1,55 miliardi di dollari.

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Arrestati dai carabinieri due giovani estortori di Secondigliano, Napoli, rispettivamente di sedici e diciassette anni. Avevano minacciato un coetaneo di non rapinargli il motorino se non avesse consegnato loro la somma di 1,55 miliardi di dollari.

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1,55 miliardi di dollari: è la somma che il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi promette di regalare a tutte le famiglie italiane che non voteranno per lui e anzi lo cacceranno via alle prossime elezioni.

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Fiat. “La Fiat è italianissima. Non la venderemo mai ai cinesi”. L’annuncio è stato accolto con soddisfazione dagli operai alle catene di montaggio della Du-nang e della nuova Legata. Quest’ultima, su cui l’azienda torinese
conta molto per uscire dall’attuale crisi, con un litro di benzina sarebbe in grado di percorrere almeno centoventi li a centocinquanta li all’ora.

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A proposito. La Ford modello T, nel 1924, agli operai Ford costava 2 mesi di paga. La Stilo, agli operai Fiat, 6 anni di cambiali a tasso zero.

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Politica 1. E’ mezzanotte e i radicali sono ancora lì, sotto il lampione.

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Politica 2. Il giudice Papalia è ancora vivo.

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Liste. “La maggior parte dei giornalisti Rai, ho visto la lista, è iscritta ai sindacati di sinistra”. Questa è la seconda volta in una settimana che si parla di liste. L’altra, era quella dei ferrovieri che avevano scioperato contro il governo.

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Amicizia. Secondo un’indagine della Facoltà di Psicologia della Washington University, circa due bambini su tre s’inventano un amico immaginario con cui giocare.

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Genova. Su un cartellone pubblicitario:
”La Sampdoria a 3 euro”. Oggi, il pane è a 3 euro e mezzo. [a.pa.]

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Guatemala. Annullato il processo contro sedici militari per la strage del villaggio di Dos Erres di dieci anni fa. L’uccisione dei 226 abitanti, sospettati di simpatizzare con la guerriglia, avvenne nell’ottobre del 1995 nel quadro dell’operazione “Tierra asada”. Per una strage analoga, nel villaggio di Xaman, l’anno scorso di era arrivati al processo di alcuni militari, e questo faceva sperare in una timida apertura democratica nel paese. Adesso però è stato ribadito che i delitti di questo genere, commessi fra il 1960 e il 1996, ricadono nell’amnistia.

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Cina. Almeno duecento minatori morti in una minera di carbone presso Fuxin, nel nordest. Esplosione di grisou. E’ il più grave incidente degli ultimi quindici anni. In Cina muoiono circa quattromila minatori l’anno, per crolli o esplosioni causati in genere dalle scarse misure di sicurezza. Le consuete dichiarazioni di cordoglio e di inspiegabilità della tragedia sono state fatte questa volta non da un alto funzionario del Partito – ma direttamente dal proprietario della miniera, Zhang Yunfu della Fuxin Coal Mines.

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Cina 2. Arrestato un dissidente di provincia che s’era recato fino a Pechino per fare le condoglianze alla famiglia di Zhao Ziyang (quello che aveva difeso i ragazzi di Tien An Men, morto il 17 gennaio). L’hanno fermato al ritorno, nella sua città di Bengbu nell’Anhui. Da allora non se ne hanno più notizie.

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Brasile. Un’anziana missionaria cattolica, Dorothy Mae Stang delle Sorelle di Notre Dame di Namur, è stata uccisa a colpi di pistola da due sicari probabilmente ingaggiati da proprietari terrieri della zona di Amapu, in Amazzonia. La suora, di nazionalità statunitense, si opponeva al disboscamento selvaggio della regione e si era più volte distinta nella difesa dei contadini senzaterra contro gli imprenditori.

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Svezia. “Se non mangi tutta la pappa diventerai come Berlusconi!”. Il leader italiano è diventato molto popolare come spauracchio fra le mamme svedesi da quando la Rai locale ha cominciato a dire “Noi siamo seri e indipendenti, non come la tv italiana” accompagnando gli slogan con riprese di Berlusconi che saluta la folla, con sottofondo di italian mandolino.

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Padania. Accordo fra Compagnia delle Opere (Comunione e Liberazione) e UniCredit Banca (finanza emiliana, Unipol) per andare a fare affari insieme in Est Europa. L’amministratore di Unicredit, Nicastro, sottolinea la storicità dell’evento: “L’accordo con Compagnia delle Opere non ha per noi solo una valenza commerciale, gli obiettivi sono molto più ambiziosi. Cdo è un partner di alto profilo con il quale avvieremo un colloquio continuo e profondo”.

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Italia. Riceveranno una pensione dallo Stato italiano i superstiti delle formazioni di Ss italiane che operarono al comando dei tedeschi durante la Prima Repubblica (quella di Salò).

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Sicilia. Strano come persone che hanno avuto il coraggio di fronte alle pistole non abbiano avuto poi quello dell’impopolarità e della solitudine.

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Il percorso più breve è una retta. Ma il più naturale è un frattale. La natura non è rettilinea, ma frattale.

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“Civiltà occidentale”? Non esiste: non può esistere, in un mondo globale.

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“Mettete fine all’occupazione, lo chiedo al governo italiano, lo chiedo al popolo italiano perché faccia pressione sul governo”

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Non c’era bisogno di coltelli alla gola perché lei dicesse questo. Da giornalista seria e democratica, da cittadina, è esattamente quel che andava scrivendo da anni. Come le due Simone, come Baldoni.

Adesso, però, le cose sono cambiate. La ritirata degli americani non è più sufficiente. Voglio la ritirata degli americani, *e* la testa degli assassini. Siano mafiosi indipendenti, mafiosi al servizio di qualcuno, fanatici “in buona fede”, non ha importanza. E’ bene che gente così diventi un esempio, che non venga dimenticata.

Questo compito spetta, politicamente e moralmente, alla resistenza irachena e senza averlo assolto essa difficilmente potrà avere vera credibilità e solidarietà da parte dei democratici italiani. I partigiani nostri, quando prendevano assassini e banditi, li fucilavano senz’altro, non li usavano contro i tedeschi e non facevano finta di niente.

Mi auguro che la vicenda della nostra compagna possa essere risolta pagando un riscatto. Vorrei però che una somma eguale fosse messa da parte, subito dopo, come compenso non ufficiale per chi consegnerà – anche fra anni – i vari rapitori e assassini, sia “politici” che “comuni”. Capisco che questo non è un discorso da democratico, e me ne scuso.

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alessandro.paganini@cheapnet.it wrote:
< Oggetto: Offresi 200 euri per NON pubblicare questa lettera! General Motors paga 2 miliardi di dollari per NON comprare FIAT. E’ come se mi dessero 2 mila euro per NON comprare il mio motorino usato! O come se andassi dal verduraio: “Guardi ha dei carciofi che fan schifo! Le do 5 euri se non cerca di rifilarmeli!”. Un espertone al GR1 delle 8 ha detto che coi 2 miliardozzi ci pagan più o meno un anno di perdite. E l’anno prossimo? >

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Giancarlo wrote:
< Ancora una volta la merda è venuta a galla grazie ai grandi riformisti Rutelli e Marini, questa volta il “desiderio di distinguersi da Bertinotti” dimenticandosi ancora che “l’Italia ripudia la guerra” anche se a fini petroliferi. Prossimamente dovranno distiguersi da Di Pietro sulla Questione Morale e sulla Giustizia. Poi dai Verdi sulla turela dell’ambiente. Poi dai DS sull’azzeramento totale delle leggi vergogna. E da altri per il referendum sulla fecondazione assistita, il riconoscimento della feccia di Salò, etc. etc. Caro Prodi fai in fretta a toglierteli dai marroni; fai un tuo partito e prenditi i voti che questi due hanno tenuto in caldo per te anche troppo a lungo, prima che succedano danni non più riparabili >

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g.orsi@email.it wrote:
< In Italia nel trasporto ferroviario si hanno mediamente meno di 100 morti all’anno. E’ uno dei sistemi ferroviari piu’ sicuri del mondo, in relazione al numero dei viaggiatori ed alle distanze percorse. Riguardo all’incidente di Crevalcore, c’e’ da domandarsi come possa essere accaduto, tenendo conto che:
1. In cabina c’era il macchinista, ed capo treno con mansioni di aiuto macchinista;
2. L’aiuto macchinista f.f. aveva in dotazione, come di consueto, il libretto descrittivo della linea, ove sono riportati i semafori, gli ingressi in stazione, e le relative progressive chilometriche, e che pertanto consente di prevedere il succedersi e l’ubicazione dei semafori;
3. ogni semaforo e’ preceduto da 10 pannelli distanziometrici;
4. che con la nebbia che c’era i pannelli erano sufficientemente visibili;
5. che pertanto si sarebbe stati consapevoli dell’esistenza e della ubicazione del semaforo, e pertanto in grado di frenare e poi fermarsi qualora per qualche motivo non si fosse riusciti a distinguere il colore del semaforo stesso, salvo il caso, improbabilissimo, di guasto ai freni del treno >

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G.E. wrote:
< Le mie aspettative sono state, devo dire, deluse. I comunicati sono retorici e spesso riferiti alla sola zona “Sicilia”. Il sottoscritto è un comunista internazionalista e non sopporta ciò che è “patetico”. Chiedo di non ricevere più la “catena di S. Libero” >

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Pasquale Iacopino wrote:
< Non vi sembra che dare la colpa al Comunismo, per gli errori ed orrori compiuti da Stalin e dai suoi epigoni, sarebbe come se della Santa Inquisizione e di altri orrori compiuti sotto l’insegna della Croce, incolpassimo il Cristianesimo? Ed inoltre, secondo la logica di Salvadori, che salva la Falce e Martello, ma butta via il Comunismo: salviamo la Croce e buttiamo via il Cristianesimo? >

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giovannigalluccio@libero.it wrote:
< Eravamo in pochi a dire che Craxi era un grande statista. Ora siamo tutti >

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G.M. wrote:
< Tra i libri che tengo a studio, da tanti anni, ce n’è uno intitolato “Primavalle. Incendio a porte chiuse” Editore La Nuova Sinistra- Savelli ( A proposito che fine ha fatto Giulio Savelli dopo essere transitato per Lega e Forza Italia ?). L’editore precisa che il libro è frutto del lavoro di un collettivo di “Potere Operaio”. Quelli della mia età se lo ricorderanno, molti l’avranno pure letto e si saranno indignati per l’ennesima montatura del regime poliziesco contro dei compagni innocenti. E’ un lavoro del tipo “Strage di Stato” su Piazza Fontana. Si sostiene l’innocenza di Lollo e degli altri accusati e si segue la pista delle faide interne alla sezione missina di Primavalle tra rautiani ed almirantiani.
Ora, dopo trentadue anni, Lollo, prescritto, ci racconta che sì furono loro ma non da soli e fa i nomi di altri tre complici. Il prof. Piperno con il ciuffo grigio ma gli occhi ancora verdi ci dice che lo seppe pure lui dopo un’inchiesta interna di Morucci. Quest’ultimo ci ha fatto pure un libro nel quale parla di un interrogatorio fatto da lui ad uno degli accusati, con una pistola sul tavolo (noti metodi rivoluzionari tipo Starsky e Hutch). Presumo che lo si sapesse anche all’epoca del lavoro di controinformazione da cui derivò il libro. Il clima era quello che era: stragi fasciste organizzate dai servizi deviati, Valpreda in carcere, Pinelli giù dal quarto piano, aggressioni e violenze fasciste, repressioni poliziesche, tentativi di colpi di stato.
I fighetti di Potop non mi erano simpatici all’epoca (ma ci ho azzeccato visto che la maggior parte è finita con Berlusconi) e, quindi, direte che sono prevenuto, ma vi chiedo: fare addirittura un libro sulle vittime del complotto poliziesco non vi sembra un po’ troppo? >

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A.P. wrote:
< Eason Jordan, direttore editoriale della Cnn, è stato licenziato per avere dichiarato a Davos di essere a conoscenza di 12 casi di giornalisti uccisi deliberatamente, e non accidentalmente, da soldati americani. Beh, tutto sommato a Jordan è andata bene >

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giovapuglisi@libero.it wrote:
< Per la precisione. Ero al Congresso DS a Palermo e le cose sono andate in modo un po’ diverso: Crisafulli al termine del suo discorso dove ha chiesto la pace (ecumenica) nel partito (anche con Fava, ovviamente) è sceso dal palco e passando davanti la sedia dove era seduto Fava gli ha alzato il pugno in aria, tra la platea plaudente. La pace però è durata 1 ora sola e cioè sino a quando non si è votato un odg contro il ponte sullo stretto favorevole Fava (non al ponte ma all’OdG) contrario Crisafulli. Litigi strilli e richiesta di annullamento del voto che ha visto vincitore Fava su Crisafulli per 120 a 65, ma cosa più importante ha stabilito che i DS siciliani sono contro il ponte (cosa non da poco) >

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Libro di lettura (ad uso dei piccoli siciliani, e anche neri, marrocchini, africani, brasiliani e rumeni e di tutti gli altri Paesi).

< Non voglio impietosire,
non lo mostro denudato,
con la fronte nera
che i grandi gli hanno spezzato
e potrei farvi piangere
saprei farvi gridare
ma non serve al difficile
lavoro che abbiamo da fare >
[franco fortini]

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< Pinelli, da quando lo avevo
conosciuto, nel ’58 o ’59, era
sempre stato un compagno
allegro e gioviale, entusiasta
delle nostre idee, anche se
eravamo in pochi a professarle.
Ora Pino non c’è più. Durante
i miei interminabili interrogatori
buona parte delle domande
vertevano su Pino. Mi
chiedevano di tutto e avevo
l’impressione che volessero
dimostrare la sua responsabilità. >
[pietro valpreda]

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< Pagherò con la mia vita la difesa dei
principi che sono cari a questa patria…
Ho fiducia nel Cile e nella sua sorte.
Supereranno altri uomini questo momento
grigio e amaro, in cui il tradimento
pretende di imporsi. Resisterete voi
sapendo che molto presto e non tardi
si apriranno i grandi viali in cui potrà
passare l’uomo libero per costruire
una società migliore. >
[salvador allende]

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AntonellaConsoli <libera@libera.it> wrote:

< Curve ginocchia
sporgenti come fionde.
La mia valigia sebbene distesa
è più alta di me.
Ho freddo nel letto straniero
e non so per quanto tempo vi dormirò >

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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)