San Libero – 196

15 settembre 2003 n. 196

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Ricomincia la scuola. Che palle. Anche perchè i prezzi dei libri sono aumentati ancora e i mercatini cominciano a non bastare più. Per fortuna, un gruppo di professori dei Castelli romani (il vino buono fa venire le buone idee) ha avuto un’idea geniale: facciamoceli da noi, i libri di testo. Un centinaio di professori in rete, a un capitolo l’uno, e vedete se non si può. E a quanto li vendono? Aggratis: vai nel sito e ti scarichi tutti i libri di testo che vuoi, in formato rtf per leggerteli così alla svelta oppure direttamente in pdf per stamparteli con note, immagini, frontespizio e tutto. Alla faccia della Moratti. E vai, prof!
Info: faillaci@tiscalinet.it
Bookmark: http://scuolaonline.supereva.it

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A proposito di scuola: con la scusa della “lotta alla droga” (ma perché non arrestano i mafiosi, invece?) quest’anno ci sarà molta più polizia davanti alle scuole. Lo scopo, droga a parte, è di “garantire il regolare svolgimento delle lezioni” e “prevenire turbative”: cioè, parlando come si mangia, di stroncare sul nascere scioperi e occupazioni nelle scuole. La circolare è del capo della polizia Di Gennaro, quello che una volta combatteva i mafiosi e poi invece ha trovato più produttivo prendersela con i pacifisti tipo Genova e adesso, a quanto pare, coi ragazzi che vogliono “fare turbative” a scuole. Fra i dipendenti di Di Gennaro – che lui non ha mai sconfessato – c’è quel vicequestore Perugini immortalato da una foto mentre prendeva a calci in testa un ragazzino di quindici anni, buttato a terra e tenuto fermo mentre lui lo menava. Occhio, ragazzi.

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Continua a suscitare polemiche l’intervista allo Spectator del Capo del Governo. “Anche Berlusconi – avrebbe dichiarato Mussolini – in fondo ha dei lati positivi: quantomeno non ha mai assassinato personalmente nessun magistrato”. Nonostante la successiva smentita (“Sono stato frainteso”) l’opinione pubblica è insorta, accusando Mussolini di voler trascinare l’Italia nel baratro del berlusconismo. Particolarmente duri i commenti rilasciati – dalle carceri in cui si trovavano in villeggiatura – dai capi dell’opposizione: “Il governo prepara una svolta ancora più autoritaria – ha dichiarato il leader di Alleanza Nazionale De Bosis – Il Capo dello Stato deve intervenire per difendere lo Statuto e le istituzioni”. “La massima vigilanza – secondo il segretario del Pci torinese Giuliano Ferrara – è necessaria contro questi tentativi di tornare a un futuro che tante catastrofi ha portato al Paese”. “Ridicola”, secondo il Governatore del Lazio Starace, l’idea di accostare al presidente del Consiglio un personaggio come Berlusconi “appena tornato dal Texas dove faceva lo stagista del presidente Bush”.

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Beh, un po’ d’attenzione quando parla il signor B. Non è un cretino. Vi fa incazzare con la storia di un (improbabile) ritorno al fascismo, e approfitta della confusione per portare avanti i suoi veri obiettivi politici, quelli realistici. Uno dei suoi obiettivi principali, in questo momento, è di abolire le leggi contro la mafia. Viene portato avanti razionalmente, secondo i metodi classici dell’agit-prop: dapprima si fa buttar giù la proposta da qualche personaggio folkloristico come Taormina; poi si utilizzano i media seri, per dare dignità culturale al progetto; infine si cala la briscola, scendendo in campo in prima persona. Allora: l’agitazione per l’abolizione del concorso esterno in associazione mafiosa e, più in generale di associazione mafiosa (istituito, praticamente, da Falcone e Chinnici) è cominciata ai primi dell’estate. Il 13 agosto Panorama è uscito con ben tre articoli sull’argomento. E alla fine è arrivato il cavaliere in persona, buttandolo lì con nonchalance nell’intervista allo Spectator, in mezzo a tante cose folkloristiche e parlando d’altro. Il reato d’associazione mafiosa, con relativo concorso esterno, è quello che Cosa Nostra teme maggiormente. E’ da quasi vent’anni che cercano (i famosi “papelli”) di farlo abolire. Adesso ci sono molto vicini. Attenti!
(Ma allora il signor B. è mafioso? No. Magari lo fosse. Ha solo dei debiti da pagare).

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Giornalismo. Bari. “Voglio fare la giornalista”. “Beh, vieni un po’ sulle mie ginocchia e fammi vedere che sai fare…”. E’ un precursore, quel funzionario della facoltà di Scienze della Comunicazione di Bari: nei corsi di giornalismo, oramai, non c’è niente di strano se fra le materie previste si mette anche Teoria e Pratica della Prostituzione. Di questi tempi, aiuta a trovare lavoro, nelle tv e nei giornali. Un bravo anche al presidente dell’Ordine dei giornalisti di Puglia, il valoroso collega Michele Partipilo, che ha messo sotto inchiesta la giornalista che ha scoperto l’inghippo e l’ha pubblicato. Per turbativa della moderna professione giornalistica, immagino.

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marco.giannini@repubblica.it wrote:
< Caro r., ti scrivo a proposito del problema euro-i solo perché queste cose le studio tutte le mattine all’università [non so neanch’io perché poi] prima di andare a lavorare in uno di quei postacci che si chiamano redazioni in cui hai soggiornato anche tu per tanti anni, e dove ti ho conosciuto.
– Inutile rivangare specifiche tecniche [in un certo senso stiamo affrontano il problema fondativo del linguaggio non soltanto da un punto di vista “tecnico” cioè per addetti ai lavori, ma anche perché senza accorgercene usiamo la lingua come una tecnica, non come un’arte – se non erro c’era un graco di Stagira del IV secolo, un buon maestro, che diceva che le tecniche possono sempre dimostrare una e una sola cosa, ovvero andare in una sola direzione e non in quella contraria, dimostrare il bene e non il male o viceversa, etc. etc….. ma con una sola eccezione, la tecnica del linguaggio ovvero la retorica], comunque quelle della Crusca vanno benissimo per quel che ne so: euro non è un prefissoide, come auto o moto, quindi E’ PERFETTAMENTE DECLINABILE e se lo riteniamo parte della nostra lingua dobbiamo trattarlo come ogni altra parola.
– I cosiddetti neologismi il più delle volte nascono per esigenza, perché ce n’è bisogno. E il bisogno si trasmette da un posto all’altro, da un continente all’altro, assai velocemente, e con esso viene trasmessa la parola che ne parla. Questo vuol dire che a parte certi casi isolati [regista invece di regisseur, o il dannunziano velivolo – cito a memoria], la parola può venire da fuori, e deve essere accettata come tale, se si vuole la si può sostituire ma se suona bene non ce n’è alcun motivo [è il caso del tanto vituperato assalto degli anglismi alla lingua italiana].
Ora, se tanti pezzi della nostra vita vengono inventati e “nominati” lontano dall’Italia, necessariamente anche le parole che li definisoono e che noi usiamo per chiamarli provengono da lontano. Secondo me a molti italofoni euro suona un po’ come moto, o auto, un po’ come un pezzo di realtà imposta dall’esterno, da lontano [e chi può dar loro torto!], e lontano da qui nominata. Per questo ne fa un uso strumentale e ne rispetta la presunta estraneità [gli occhioni di Verdi infondevano molta più sicurezza!].
Ma anche qui, che c’è di male? La lingua è l’uso che se ne fa. >
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Ing. Lucio P. wrote:
< Domanda: Forse che la società petrolifera non è anche lei una società “idraulica” – assira? Osservazione: con l’energia “fai da te” faremo, forse, un poco di acqua calda, con i pannelli solari nel sud e con gli Aero-cosi sugli Appenini, ma non certo tutta l’energia che ci serve. L’Italia non ha, (per fortuna) le dimensioni del Sahara (Algeria) o del deserto di Gobi (Mongolia). I 1000 MW di Caorso (pessimo esempio di centrale di seconda mano estera, dopo che era stata distrutta ogni forma di ricerca e tecnologia italiana), non sono confrontabili con i 0,5 MW di una centrale solare o eolica >

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redazione@bengodi.org wrote:
< “Quando il giudice mi ha interrogato mi sono accorto che mi trovavo di fronte ad un ammalato. Se dietro a varie scrivanie dello Stato ci sono degli psicotici la colpa non è mia. Perché non fanno delle visite adeguate a questa gente prima di affidare loro un ufficio?”. Chi l’ha detto? Luciano Liggio, intervistato da Enzo Biagi il 20 marzo 1989 >

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Giovanni wrote:
< basta non ne posso più di leggere ogni giorno le cazzate di berlusconi. mandiamolo a casa e scriviamo una volta, almeno una volta a caratteri cubitali che a noi non ce ne frega niente se prodi, fassino, d’alema e il papa hanno rubato, l’importante è che lui se ne torni a fare televisione, ma non ad arcore, magari in una bella isoletta nel pacifico, dove le cagate che manda in onda le possa vedere solo lui e il suo amico bondi. basta, è possibile che devo irritarmi così ogni giorno? scusa per lo sfogo, ma ho appena letto le ultime sul duce >

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gscali wrote:
< Non scordiamo che alla radice dell’emergenza palestinese resta l’occupazione armata dei Territori. Milioni di persone pacifiche sono considerate e trattate peggio dei cani. Andare a vedere per credere. Se non finisce l’occupazione, nessuna pace è possibile. La normalità, inclusa la lotta all’estremismo, si afferma lentamente e solo nel rispetto dei diritti e della legalità. Il governo degli Stati Uniti finanzia le spese militari di Israele, blocca ogni ipotesi di fine dell’occupazione, impedisce l’intervento di una forza di pace internazionale >

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Alessandro wrote:
< Dire “non m”interesso di politica” è come dire “non mi interessa il sesso” proprio mentre te lo stanno mettendo in quel posto >

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holden <salinger@young.com> wrote:
< Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono quelli che quando li hai finiti di leggere vorresti che l’autore fosse un tuo amico e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira >

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Lao-Tzu <lao@tao.edu> wrote:

< Il software
conta più dell’hardware

Ciò che non c’è
non si guasta mai

Esserci virtualmente
pesa di più, alla fine

Il vero insegnamento
è quello senza formule

(Ai pochi che ci arrivano
sotto il cielo) >

* * *

< Chi sta sotto fa la fame
chi sta sopra ruba sulle tasse

Chi sta sotto tira avanti
chi sta sopra intrallazza

Chi sta sotto campa per miracolo
chi sta sopra fa il vip

Prendi la vita come viene, sii
più saggio di chi ci si arrovella >

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A proposito, siamo diventati importanti. “Tanto per abbaiare” ha vinto il principale premio di satira italiano, il Forte dei Marmi, che c’è stato consegnato in gran pompa (senza purtroppo il congruo assegno che una volta accompagnava i premi) qualche giorno fa. Io gli ho spiegato che veramente quando dico che in Italia comanda ancora la mafia non intendo far satira ma semplicemente banale giornalismo. Ma forse non mi sono spiegato bene: adesso sono un satiro, e va bene anche così. Direi che tutto sommato possiamo vantarci un po’: io che sono riuscito a continuare ad abbaiare abbastanza forte nonostante i numerosi bavagli (di destra e “di sinistra”) che girano per questo paese; gli amici di Clarence – il principale sito che ci ospita – che avevano già vinto lo stesso premio con la Lia Celi, due anni fa (Clarence uber alles, manager permettendo); e voi lettori che… beh, lasciamo andare, non bisogna abituare i lettori a montarsi la testa, comunque questi della Catena sono come quelli dei Siciliani e di Avvenimenti – curiosi, critici, attenti – e in più hanno l’internet, così appena scrivo una cazzata mi possono massacrare in tempo reale. E’ anche il momento giusto per ringraziare il compagno Lucio Tomarchio – Shining, del Partito Linuxista – che da quattro anni cura la diffusione per mail della Catena; e tutti quelli che la riprendono, la rimbalzano, la ficcano sui loro maledetti siti (dovrebbero essere sui ventimila, quelli che in un modo o nell’altro ogni settimana si attaccano alla Catena) e insomma prendono alla lettera quel “fa’ girare”. Non potendoli citare tutti, ne cito almeno uno: Nino Tilotta, che era corrispondente dei Siciliani da Trapani ai tempi dell’antimafia, e ha fatto giornali locali, ha fatto inchieste, alla fine anche un bel sito internet (www.till-news.org) senza mai mollare. E’ durata quasi vent’anni, a pensarci bene, questa storia mia, sua e di tanti altri ragazzi come me e lui. “A che serve vivere, se non c’è…”. Grazie a Lucio, grazie a Nino, grazie a tutti quelli che anche questa settimana ci permettono di chiudere con la nostra vecchia e indomita bandiera di poppa, il nome di Giuseppe Fava.

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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)