San Libero – 160

6 gennaio 2003 n.160

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L’internet del dopoguerra. La Microsoft, la Internet Security Systems, la Foundstone ed altre hanno da tempo ufficializzato un’intesa per limitare le informazioni sulla sicurezza dei rispettivi software. Le falle, in particolare, non verranno comuniate al pubblico prima di trenta giorni dalla loro scoperta.
Questo, nel quadro della “lotta al terrorismo”. A parte il terrorismo, essa però risolve uno dei principali problemi di marketing della Microsoft che diverse volte è stata pubblicamente sputtanata da programmatori indipendenti che, avendo riscontrato bugs pericolosi, li hanno denunciati in rete. Non è una questione accademica: la percezione di un’affidabilità non totale ha già spinto fuori Windows numerosi clienti, fra gli enti pubblici tedeschi (Bundeswehr in testa) passati a Linux “per ragioni di sicurezza”. Col pretesto della lotta al terrorismo, in altre parole, alcune aziende decidono di prendersi un vantaggio sulla concorrenza, privando i clienti di informazioni essenziali e ponendo in vendita dei prodotti insicuri.
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Il classico videoregistratore a cassette, come tutti sappiamo, è ormai da anni uno strumento obsoleto. Il Dvd e i nuovi hard-disk veloci miniaturizzati e ad alta capienza assolvono, concettualmente, molto meglio al compito di immagazzinare e distribuire informazioni audio e video. In più, la banda larga fornisce un canale adeguato per la circolazione di masse praticamente infinite di informazioni – diciamo pure di film. Un’azienda d’avanguardia, la SonicBlue, ha annunciato un prodotto che ottimizza le prestazioni del “registratore digitale” e la sua interfaccia di rete: ognuno può rapidamente e a basso costo registrarsi quello che vuole e se lo crede opportuno distribuirlo a una dozzina (ma non più) di amici. Le principali media corporation americane, Abc, Cbs e Nbc, le hanno immediatamente aperto una causa legale *preventiva* contro per violazione del copyrigth, prima ancora che uscisse l’apparecchio. E anche qui, per giustificare questa giurisprudenza “preventiva”, si fa appello allo stato d’eccezione in cui l’industria versa nel quadro della “guerra”.
E’ come se, nel 1901, una fabbrica di diligenze avesse fatto causa “preventiva” alla De Dion Buton o alla Panhard-Levasseur accusandole di favorire, con la loro diabolica invenzione, il proliferare delle rapine in banca (è infatti incontestabile che un rapinatore in automobile fugge più velocemente di un rapinatore a cavallo) e invitando i giudici non a sequestrare magari le automobili esistenti ed effettivamente utilizzati per rapine, ma a impedire preventivamente ope legis la stessa nascita di una così pericolosa e criminale invenzione.
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A Washington, l’hackeraggio è stato equiparato per decreto ai reati di terrorismo, con pene fino all’ergastolo e competenza dei tribunali d’eccezione. A questi fini viene considerato “terrorista informatico” (“Deterrence ad Prevention of Cyberterrorism Act”, sez.815) chiunque arrechi danni equivalenti o superiori a cinquemila dollari. Il ragazzo che s’introduce nel server della scuola è dunque equiparato al terrorista che prepara un attentato al tritolo, rischia le stesse pene e verrà trattato alla stessa maniera. Il decreto – sempre nel quadro dello”stato di guerra” – verrà applicato anche in maniera retroattiva.
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Le mayors che sono riuscite ad eliminare Napster (senza trarne grande guadagno: ora gli utenti si scambiano i file direttamente fra loro) e che tengono i prezzi dei CD musicali fra le 35mila e le 45mila lire, chiedono una legge che permetta loro di inserirsi senza permesso nei singoli computer dei cittadini collegati all’internet. Anche qui, il pretesto è l'”antiterrorismo”.
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Gli episodi di questo genere, nel silenzio generale, si moltiplicano. Fra non molto ci troveremo di fronte a un internet molto diverso da quello che conosciamo adesso. I tentativi di sottoporre il progresso tecnologico agli interessi privati avranno successo, probabilmente, nel settore dei prodotti di consumo ma falliranno nell’internet vero e proprio, che è fisiologicamente democratico per natura.
Si tratta di tentativi deplorevoli sul piano etico e su quello civile e – in un certo senso – “antioccidentali”. Cosa sarebbe successo se le multinazionali delle candele (se a quei tempi fossero esistite) fossero riuscite a ridurre al silenzio Thomas Alva Edison? Se Gutemberg fosse stato arrestato per riproduzione abusiva? Se i fratelli Wright, all’alba di quel mattino, fossero stati bloccati da un mandato del giudice su richiesta della Cunard Lines? Se per combattere il terrorismo – ad esempio – dei nichilisti russi fossero stati assoggettati a censura preventiva i telefoni di tutto il mondo? Un “forse”, un “certamente” e un “chissà”.
Il “forse” riguarda l’ipotetica vittoria sul terrorismo (i nichilisti in realtà furono cancellati dalla diffusione dei consigli di fabbrica in Russia). Il “certamente” riguarda i profitti dei fabbricanti di candele e dei gestori di diligenze, liberi di moltiplicarsi tranquillamente senza l’incomodo di fastidiose concorrenze. Il “chissà” riguarda tutti noi: chissà se alla fine dei conti non ci piacerebbe di più camminare a piedi e andare a letto con le galline, dopo aver soffiato sulla candela. Buonanotte.

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Argentina. Calano – di circa un terzo – gli utili delle banche italiane: Argentina, Enron e new economy. Calano anche i dipendenti, soprattutto nelle mega-banche che si stanno “ristrutturando”. Nel frattempo, non si riesce in alcun modo a conoscere i dati dell’inflazione reale: i calcoli ufficiali si basano su una serie di prezzi (per esempio i biglietti dei treni espressi, che praticamente non esistono più) chiaramente obsoleti. Domanda: quanto s’è portato via all’estero, col giro Montedison-Fiat (per esempio) l’Avvocato? Chi è il padrone di quasi tutti i supermercati? Come mai, nonostante la condanna formale dell’antitrust, le assicurazioni continuano a far cartello per raddoppiare i prezzi? Soluzioni finora proposte: rimettere i prezzi in lire; stampare dei biglietti da un euro; pregare padre Pio.
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Il governo argentino, nel frattempo, si difende dall’accusa di aver prodotto inflazione. Secondo un istituto molto autorevole, l’Eurispes, gli alimentari nel giro di un anno sarebbero rincarati del trenta per cento. “Menzogna! – ribatte il governo – I rincari sono stati inferiori al dieci per cento!”.
Ma un dieci per cento d’inflazione, e proprio nel settore dell’amministrazione, è già qualcosa di pre-argentino (con il trenta percento, saremmo a Ferrer e all’assalto ai forni). Il governo non è il solo colpevole dell’inflazione, che va molto al di là dei meccanismi controllabili da un governo. Ma il fatto stesso che le cifre del dibattito siano queste, la dice lunga sulla situazione reale, al di là degli spot, del paese (stiamo parlando sempre dell’Argentina).

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Guerre. Circa centoquaranta le vittime degli incidenti stradali per le feste. Un Bin Laden quotidiano di cui nessuno si accorge più.

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Giudiziaria. E’ stato rinviato a giudizio, per abusivismo edilizio nella valle dei Templi, l’ex sindaco di Agrigento Calogero Sodano. Il tribunale sta adesso valutando se accettare la costituizione di parte civile (con richieste di danni per centinaia di talenti) avanzata, tramite lo studio Galasso di Palermo, dai signori Zeus, Giunone, Castore e Polluce.

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Mimmo Lombezzi wrote:
< In Etiopia ci sono sei milioni di esseri umani che non hanno più nulla da mangiare. Tra febbraio e marzo potrebbero diventare tredici milioni però si investe sulla clonazione di esseri umani… >

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Il partito di Falcone e dei ragazzini
“Il partito di Falcone e dei ragazzini” non aveva un comitato centrale o uno stemma, ma in realtà era l’unico partito esistente in Sicilia, oltre alla mafia. Il rumore di fondo, in quegli anni, era costituito dalle dichiarazioni dei sindaci che escludevano l’esistenza della mafia nella loro città, dai giornali ad azionariato mafioso che invocavano silenzio, dalla brava gente che lavorava chiassosamente all’autodistruzione della sinistra, e dai colpi di pistola.
Furono i ragazzini di Palermo a scendere in campo per primi. Il liceo Meli, l’Einstein, il Galilei, poi via via tutti gli altri. Si passava sotto il Palazzo di Giustizia e il corteo,che fino a quel momento aveva gridato a voce altissima i Nomi, faceva improvvisamente silenzio. Là dentro lavoravano i nostri magistrati. Falcone, Borsellino, Di Lello, Ayala, Agata Consoli, Conte: metà del Partito erano loro. L’altra metà, i liceali.
A Catania, fra il 1984 e il 1986, furono almeno duecento i ragazzi che in una maniera o nell’altra parteciparono, da militanti, alle iniziative dei Siciliani Giovani: furono i primi a gridare in piazza i nomi dei Cavalieri e a lavorare quotidianamente – il volantino,il centro sociale, l’assemblea – per strappargli dagli artigli la città. A Gela, a Niscemi, a Castellammare del Golfo, nei paesini dove i padroni hanno la dittatura militare, essi vennero fuori e lottarono, paese per paese e città per città. “La Sicilia non è mafiosa – affermavano orgogliosamente – La Sicilia è militarmente occupata dalla mafia”. La Sicilia, dove ancora nel 1969 un ragazzo fu fatto uccidere dal padre – boss mafioso – perché era iscritto alla Fgci. La Sicilia che ha combattuto, che non s’è arresa mai.
Ha combattuto, ed ha fatto politica, ha ragionato. La politica come partecipazione, come trasversalità, come sociatà civile nasce nelle lotte palermitane e catanesi di quegli anni: oggi è common sense dappertutto. La fine del vecchio ceto politico, di tutta la vecchia storia, fu intuita per la prima volta qui. Non è un caso se il movimento studentesco, ai tempi della Pantera, era ripartito da Palermo. Non è un caso se Palermo in quegli anni è stata l’unica città ad avere un’opposizione di massa, e vincente.
Dall’83 al 93 in Sicilia è vissuto, con alti e bassi ma con una sostanziale continuità, un vero e proprio movimento di liberazione. Contro la mafia, ma anche contro tutto ciò che essa porta con sè, contro le sue radici..
Questo movimento avrebbe potuto essere esattamente l’anello che mancava alla sinistra italiana, il punto di partenza per ricostruire tutto. Invece, è rimasto solo. Avrebbe potuto essere – se la sinistra ufficiale l’avesse voluto – la nuova classe dirigente del paese. Davide Camarrone del liceo Meli, Antonio Cimino di Corso Calatafimi, Fabio Passiglia, Nuccio Fazio, Vito Mercadante, Angela Lo Canto, Carmelo Ferrarotto di Siciliani Giovani, Nando Calaciura, Tano Abela, il professore D’Urso: avete mai letto questi nomi sui giornali? Benissimo. Infatti, neanche i nomi dei primi socialisti uscivano sui giornali, cent’anni fa.

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Pippo Fava è morto ma non le sue idee

< Giuseppe Fava non era un simpatico intellettuale siciliano che scriveva bene: al contrario si attirava molte antipatie. Quelle di uomini politici, imprenditori, mafiosi e di tutta la parte “rispettabile” della società isolana.
Giuseppe Fava non si occupava solo di teatro, ma anche di armamenti: si impegnò nella campagna contro i missili di Comiso. Come agirebbe Fava davanti ai preparativi per la guerra in Iraq?
Giuseppe Fava non si occupava solo di letteratura, ma anche di informazione: provò, a costo di fare cambiali, a dare una smossa al panorama siciliano oppresso dal monopolio. Cosa farebbe avendo oggi a disposizione tanti computer a buon prezzo, internet e le stampanti laser?
Giuseppe Fava non era solo un giornalista, ma anche un uomo pieno di dignità. Come si muoverebbe riconoscendo una situazione paludosa come quella di vent’anni fa, dove la procura si chiama ancora “Caso Catania” e il comune “cu mangia mangia”?
Nessuno può dare una risposta certa su come sarebbe andata, ma tutti noi possiamo farci le stesse domande che si è posto lui. Per questo bandiamo ogni “commemorazione ufficiale” buona solo a stemperare l’ardore politico di cui il Fava vivo era portatore e, per nostra fortuna, “untore”. Pensiamo invece che sia più utile incontrarsi e tornare a discutere sulle questioni che ha posto, senza incensazioni acritiche e formalità cattedratiche, ma con l’entusiasmo di voler cambiare le cose.
Ci vedremo alle 18.15 del 5 gennaio 2003 nel salone di via Siena 1 a Catania, come altre volte ci è capitato di fare in passato, ma guardando diritti al futuro.
Ci saranno sicuramente, invitandovi a partecipare: Riccardo Orioles, Marco Benanti, Luciano Bruno, Fabio Michele D’Urso, Sergio Failla, Gianluca Ferro, Pino Finocchiaro, Rosanna Fiume, Ugo Giansiracusa, Antonino Musco, Alessia Porto, Graziella Proto, Salvatore Resca, Rocco Rossitto, Simone Spina, Lucio Tomarchio, Paola Ungheri, Rosario Urzì. >

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Due lapidi in due città del mondo

< In questa piazza il 15 novembre 1944
ebbe luogo la battaglia della Bolognina
fra forze partigiane e invasori nazisti e fascisti
Cittadino che passi
se alzi lo sguardo vedi il fabbricato al civico 5
ove caddero 6 giovani patrioti
combattendo per l’indipendenza della patria
offrirono la vita per la nostra attuale libertà >
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< Qui è stato ucciso
Giuseppe Fava
La mafia ha colpito chi con coraggio
l’ha combattuta, ne ha denunciato le
connivenze col potere politico ed
economico, si è battuto contro
l’installazione dei missili in Sicilia
Gli studenti di Catania >

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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)