Orgogliosamente antirazzisti

La Catania che accoglie è l’unica che vogliamo

di Ivana Sciacca

foto Mario Libertini

Il corteo antirazzista, partito ieri pomeriggio dal porto di Catania, è andato bene. Centinaia i partecipanti: movimenti, singoli, associazioni. Grandi i Briganti di Librino che hanno fatto da testa del corteo, coinvolgendo ragazzini di colore e ballando insieme a loro. Ma grandi anche i ragazzi del Liotru e della Piazzetta, tanti, tutti a farsi sentire.

Orgoglioso l’ingresso alla Civita, quartiere sede del Cervantes, dove qualche politico e militante di destra sorvegliava indignato, con i muscoli facciali irrigiditi e il telefono che ribolliva tra una chiamata e l’altra – A chi? Per cosa? Boh? -. Toccata e fuga in via Etnea ai Quattro Canti, dove il coro vocioso antirazzista ha ridestato i fedeli intorpiditi della movida del sabato sera.

Man mano che il corteo avanzava, i volantini si moltiplicavano tra le mani della gente e sulle automobili. Un vecchietto in canottiera bianca gesticolava con suo compare. Sempre le stesse cose. “L’avissumu a sparari a unu a unu, e macari mi desuru u foglio!” si lamenta. Si gira cercando complicità, ma le bandiere della pace come scudi magici rimandano le frecciatine razziste al mittente.

“Se siamo tutti disoccupati, la colpa è dei padroni. E non degli immigrati!”. Gli immigrati, eccoli. Qualcuno si avvicina, incuriosito. Qualcun altro getta via il volantino con disprezzo. Una ragazza col capo coperto e la sua bambina marciano e ogni tanto si fermano a guardare il fiume di persone, poi si abbracciano.

Trionfale l’ingresso a San Cristoforo, con le facce interrogative degli abitanti “Che sta succedendo?”. Niente, siamo tutti antirazzisti, tutto qui. Una vecchietta seduta davanti alla propria porta storce la bocca “Mah!”, poi si lascia distogliere dal cane di un ragazzo, lo accarezza, diventa quasi affettuosa. In Piazza Mazzini i ristoratori, i camerieri, gli avventori, i semplici passanti si fermano a osservare, per capire chi sono quelli. Un signore col panzone, capelli bianchi come la camicia che indossa e un’ espressione autoritaria sembra offendersi quando uno dei ragazzini di colore gli porge un volantino, della serie “Come ti permetti, chi ti ha dato questa confidenza!”. Triste, miserabile.

Al Castello Ursino c’è il resto della ciurma antirazzista. L’Ursino Busker, il festival di artisti di strada, è cominciato venerdì ed ha spalancato le porte invisibili della piazzetta di Gammazita a questa voce fatta da tante voci, che in troppi cercano di soffocare. La Catania Antirazzista però c’è, e continua a lottare ogni giorno. Ai porti, per strada, nei quartieri poveri della città.

Davanti al Castello, il popolo di San Cristoforo è in festa. Alcune signore coi passeggini si avvicinano e cominciano a ballare anche loro sulle note di Bella Ciao. Forse non sanno neanche perché, cos’è quello stuolo di gente che canta e balla, e dissemina nell’aria la parola “fratellanza”.

Buonisti noi? Finemula!  Ci arriva persino una bambina a capire perfettamente il concetto. “Anch’io sono antirazzista” dice con orgoglio la piccola grande Lucia “è stupido credere che il colore della pelle possa fare la differenza. Siamo tutti nella stessa barca, dobbiamo unirci, e basta”.