La Tempesta Doria

Una madre lucchetta il  cancello della Doria (foto Giuseppe Scatà)Cammino, seguito da un uomo: “La scuola è qui da sempre, è un pezzo di storia”, dice e saluta gli operai che pranzano, “A Settembre 150 alunni sono stati spostati al plesso della Playa, e noi gli abbiamo promesso che sarebbero ritornati qui per l’anno prossimo”. I corridoi sono appena intonacati e freschi. Comincio a contare: 18 aule, di cui quattro occupate, è proprio vero, la matematica non è un’opinione. Ma  6 di queste sono aule esattamente dimezzate, come se avessero usato un coltello da cucina, e 2 dovranno ospitare archivio e sala riunioni. “Io ho paura quando mio figlio va a pedi fino alla Playa, io mica posso accompagnarlo. E nei giorni di pioggia?”, grida una donna, fuori di sé, e l’uomo, guardando i pontili del cantiere: “Lei sa che molti padri qui sono pescatori. Ecco, noi siamo in una barca sola nel mare, di notte. Senza stelle, e senza bussola, dove andiamo?”. Esco dalla Tempesta, prima di rimanerne inghiottito, e appuntando l’ultimo dato. La scuola, insieme alla Doria e ad altre due, nel biennio 2005-2007 fu esclusa dai fondi per le scuole site nei quartieri a rischio, perché la tabella si calcolava sulla percentuale della dispersione scolastica: quelle scuole lavorarono bene, ridussero la dispersione dal 22% al 5%, non ebbero mai episodi di bullismo e furono paradossalmente penalizzate. Mi dirigo verso il plesso Toledo, scuola materna. 12 minuti a passo rilassato, secondo più secondo meno. Alcuni bambini della via Gramignani, nel caso in cui fosse sgomberata per fare spazio alla Doria, andrebbero lì: feci di topi sulle pareti, gabinetti incrostati, scarafaggi zampettanti nei corridoi, trappole per ratti. Nel cortile,  l’ex custode, mi mette subito in guardia dal cane: “E’ do’ comuni? Ca semu chini di zecchi! Iu ci spinnii 24 euro po’ prodottu po’ cani, e i ‘ppizzai!”. Vado via, superando un’altalena sommersa da foglie ed erbacce.
“Stu rè, bufè biscotta e minè, aveva na figghia befigghia biscotta e minigghia…”
Nei giorni successivi vengo a sapere che l’articolo 626 della nuova finanziaria 2007 concede milioni di euro dai fondi Inail per la messa in sicurezza delle scuole. Insomma, il plesso Doria di via Cordai potrebbe essere comprato dal comune, e poi ristrutturato a spese dello stato. Tra l’altro una circolare inviata nel Gennaio 2007 dall’assessore regionale alla pubblica istruzione on. Leanza, invita a rispettare, tra le varie esigenze scolastiche:  “La maggiore funzionalità organizzativa e didattica, mantenimento di un presidio nelle aree a rischio o particolarmente disagiate per contrastare la dispersione scolastica”. La L.Tempesta, dichiara alla stampa che lo spostamento della Doria in via Gramignani è “una soluzione illogica”. Maimone reagisce e ribatte con una nuova idea:  trasferire la Doria nelle 10 aule di via Case Sante, ma il preside della Doria, Santonocito, dice: “Lì c’è agibilità per soli 40 alunni in più, come lo stesso comune, nel 2005, ci ha comunicato e raccomandato!”. Non è certo necessario andare in alto mare o sulle banchine delle tonnare siciliane, per trovare dei profughi. Giorno 30 Maggio le mamme della Doria occupano la scuola. “La Doria è il cuore di San Cristoforo, e San Cristoforo è il cuore di tutta la città. Allora sa che ci dico al sindaco, perché non togliamo l’elefante da piazza Duomo?!”.
“Sta figghia befigghia biscotta e minigghia, aveva n’acceddu beceddu biscotta e mineddu…”
“Come possiamo noi educare i nostri bambini se il comune non vuole pagare nemmeno l’affitto di una scuola?” urla sul palco la signora Di Fazio, durante lo sciopero generale del 1° Giugno. Più tardi il comitato civico in difesa della Doria, insieme alle donne di San Cristoforo, entra in prefettura. Maimone tira subito fuori un verbale senza firme e senza date, nel quale è scritto che la L. Tempesta ha a disposizione 12 aule libere, “Non è vero, quelle aule aspettano il ritorno degli studenti che abbiamo dovuto spostare al plesso Playa. Io l’ho scritto e firmato, e lei l’ha omesso”, dice il dirigente scolastico della Tempesta, e Maimone, rivolto al preside della Doria: “Perché ha chiesto ufficialmente la messa in sicurezza della scuola? Ha combinato tutto questo”, e il preside: “E io posso prendermi la responsabilità di una struttura al di fuori della legge?”. A questo punto il prefetto, che dovrà poi relazionare al Ministero degli Interni, per via di un’interrogazione parlamentare in corso, prende le redini: “Contatterò nuovamente la proprietà delle Orsoline, poi agirò d’ufficio”. All’uscita l’assessore è circondato dalle madri. Lui prende un foglio ampio, lo apre sul cofano di un auto, ed indica un punto dentro una grande planimetria di San Cristoforo: “C’è  già una gara per una nuova scuola”,  “Ma sta parlando di un bando di idee, e per un progetto di scuola materna, mica è un appalto!” gli rispondono, “Lo cambiamo” fa lui, “Certo, fin quando è un’idea”, fa un altro. Un geometra chiede di guardare le carte e si china sul cofano, Maimone avvolge la pianta e la nasconde sottobraccio. “Perché non pagate proprio l’affitto della Doria,  e rispettate  gli altri pagamenti?”. E lui “C’è un ordine di debitori da rispettare”, “Ma quello non è per i servizi? Che c’entrano gli affitti?”
Il sindaco Scapagnini e l'assessore Maimone (foto Giuseppe Scatà)“…St’aceddu beceddu biscotta e mineddu ci volò…”
Il 6 Giugno al teatro Ambasciatori di Catania c’è il progetto Vivacità – Legalità & Cittadinanza: partecipano quasi tutte le scuole primarie e secondarie di primo grado della città. La Doria non è stata invitata, ma le sue madri e i suoi ragazzi entrano lo stesso, si sistemano accanto al palco e aprono gli striscioni: “Ma che legalità se la scuola chiuderà?”. “Prima di tutto do il benvenuto alla Doria. La scuola non chiuderà perché sta a cuore a tutti noi”, dice subito Maimone, appena preso il microfono; “Scapagnini perché stai zitto, la scuola non è un diritto?”, e Scapagnini dirà: “Ragazzi dateci il tempo di risolvere il problema Doria”, “Staiu addivintannu vecchia a furia d’aspittari!”, gli rispondono, “Lunedì firmeremo il patto della legalità con il Ministero dell’Interno”, dichiara al microfono. Le scuole applaudono. Al Ministero dell’interno nel frattempo fanno un’ interrogazione parlamentare sulla Doria. Vivacittà si chiude con i tromboni, i violini e le arpe dell’orchestra Bellini, mentre fuori Maimone ripete, muovendo le mani in aria come un direttore d’orchestra “Non è colpa nostra. Perché non chiedete voi la scuola alle Orsoline? Sono loro che vogliono vendere”, “Ma se non pagate l’affitto…che dovrebbero fare”. Dal teatro ancora contrabbassi, piatti e tamburi.  
“Il Re dice: A cu pigghia st’aceddu biceddu, biscotta e mineddu ci dugnu a me figghia befigghia biscotta e minigghia”
Le madri occupano, e tengono sotto braccio il telefono, appena sequestrato al preside e avvolto nel filo come un pacco regalo. Si portano dietro i figli,  “Ci aiu na casa pessa!”, dicono, ma si fanno forza a vicenda. Mangiano panini, pizze, qualche volta cucinano della pasta, e dormono nella vice presidenza. Quando il preside mette i doppi turni al plesso Doria di via Concordia, loro corrono e infilano  un bel catenaccio al cancello. Bloccano lezioni, scrutini ed esami, e la mattina del 7 Giugno, come valanghe,  raggiungono pure le aule di vie Case Sante per fare azione di disturbo di un paio d’ore durante l’ultimo giorno di scuola.
Sbuca da una viuzza il dott. Messina, presidente del consiglio di quartiere della I municipalità: “Questa occupazione è illegittima, state rovinando la recita di fine anno!”, “E lei, invece di aiutarci, ci si mette contro? E degli scrutini e degli esami bloccati in via Cordai non gliene importa  nulla? Perché, perché lei e gli altri consiglieri non state dalla nostra parte, perché?!”, gli gridano.
“Arriva ‘n tignusu vavusu biscotta e minnusu”
“San Cristoforo Sud  è già diventata zona edificabile con una variante del piano regolatore. L’Andrea Doria è a San Cristoforo Sud, e se sulla carta vale 3 milioni di euro, domani il suo valore duplicherà, o triplicherà”, mi spiega sotto un ingegnere, sollevando le mani in aria, un palmo in più ad ogni moltiplicazione. Poi mi mette davanti al naso un dito, l’indice:  “Già degli imprenditori si sono fatti avanti, e ce n’è uno in particolare”. Il dito rimane fermo, e quasi gli nasconde la faccia. Ma chi sarà mai questo re, bufè biscotta e minè?

Giuseppe Scatà