I quartieri vanno sempre in… Bianco

di Vincenzo Rosa

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Circa un mese addietro, la Presidente della Camera Laura Boldrini ha visitato Catania, scegliendo simbolicamente come tappe per gli incontri in città l’Università e la scuola “Doria-Dusmet”.

In occasione della visita presso i locali del complesso scolastico si è tenuta anche una piccola assemblea, alla quale sono state invitate a partecipare le associazioni che lavorano nel quartiere.

Nel nostro intervento abbiamo ricordato le pressanti esigenze del territorio, parlando del radicamento mafioso, della mancanza di prospettive lavorative e di una dispersione scolastica sempre più forte. Abbiamo anche espresso il nostro disappunto per la mancata visita che la presidente Boldrini avrebbe dovuto fare tra le strade del quartiere, venuta meno per questioni legate alla sicurezza.

Poche parole, sicuramente forti rispetto al tenore dell’incontro, che hanno particolarmente scosso i presenti nel momento in cui si sono ricordate le colpe delle ultime politiche comunali nel quartiere. D’altronde al tavolo dei relatori era presente proprio Enzo Bianco, il sindaco delle tante “primavere” che più volte ha governato la città.

Abbiamo raccontato il nostro lavoro con i bambini del doposcuola, del laboratorio di sartoria, un piccolo esperimento di socialità con cui al Gapa tante donne riescono a trovare parte del loro riscatto, della palestra popolare. Ma anche dei mille problemi quotidiani da affrontare e della latitanza delle istituzioni, che rende più difficile il nostro lavoro e la nostra azione nel territorio.

Avremmo però voluto parlarne nelle vie, nelle piazze, fisicamente in mezzo all’incredibile contesto di un quartiere di cui alcune parti sono letteralmente appaltate alla mafia. Percorrerendo le sue strade, per vedere dove vivono le famiglie di San Cristoforo, dove giocano i bambini, in quali condizioni crescono. Abitazioni che anziché essere dimore dignitose e sicure, sono sottoscala, piani abusivi o monolocali improvvisati.

Ci saremmo scontrati con la lordura delle piazze, la bruttura dei luoghi, l’abbandono degli spazi pubblici, costantemente vandalizzati per poi essere sottratti alla collettività.

Ci saremmo imbattuti in una delle tante bellissime palazzine di questo antico rione, ridotte a ruderi abbandonati e mai riqualificate, che vengono utilizzate per nascondere droga, o peggio, armi.

Avremmo passeggiato per quelle vie dove una volta c’erano le botteghe delle maestranze del luogo, luoghi che brulicavano di attività economiche, adesso tutte chiuse, trasformate in stalle abusive per la macellazione dei cavalli, la cui carne è alimento tanto amato dai catanesi che ormai rappresenta un business inventato della criminalità organizzata.

Volevamo mostrare da vicino come il quartiere subisca un controllo scientifico del territorio da parte della mafia, che sfrutta intelligentemente l’abbandono dei luoghi per i suoi scopi criminali.

Avremmo avuto sicuramente una percezione diversa del quartiere rispetto ad una asettica assemblea, e, in questo senso, avremmo discusso di idee e proposte concrete. Sarebbe stata nostra responsabilità evidenziare le mancanze, discutere dei bisogni, avanzare idee, con la fondata presunzione di poter dire che la pluridecennale attività sociale nel quartiere ci permette di conoscere le sue articolazioni e le sue dinamiche.

Da molti anni ormai sono troppe le scelte di compromesso che caratterizzano la politica di tutte le amministrazioni, avvenute senza una reale ponderazione di quelle che sono le reali problematiche e le sostanziali esigenze della popolazione dei quartieri popolari.

San Cristoforo, pur essendo al centro della città, è una periferia virtuale di questa, lontana, lontanissima, dalle politiche comunali di questi ultimi anni, dove alcuni diritti fondamentali possono dirsi in parte garantiti solo grazie ad associazioni e parrocchie che suppliscono alla parziale assenza dello Stato.

Sarebbe inutile sottolineare per l’ennesima volta l’assurdità della chiusura dell’unica media di San Cristoforo, proprio dove nello stesso si registra un tasso di dispersione scolastica tra i più alti d’Italia. Oppure che il mancato sviluppo soprattutto di altri quartieri popolari, come Librino o San Berillo, sia da imputare a precise scelte di consorterie economiche e mafiose, i cui interessi molte delle volte trovano sponda nelle scelte politiche delle giunte comunali a danno degli stessi abitanti.

Non abbiamo paura di scriverlo, soprattutto perchè non sarebbe la prima volta che lo faremmo attraverso questo piccolo giornale, che da sempre rappresenta una piccola ma circostanziata denuncia sociale a mezzo carta sulle condizioni del quartiere.

Le proposte a cui pensiamo sono idee semplici, attuabili, che partono innanzitutto dalla concretezza dei bisogni di questi luoghi e dei suoi abitanti. Bisogna ridare dignità, attraverso lavoro, scuola e socialità.

Bianco quel giorno ha fatto delle promesse precise: ha parlato di incontri e conferenze di servizi sul quartiere. Adesso aspettiamo che mantenga gli impegni presi e che renda pienamente partecipi i cittadini nelle scelte che verranno intraprese, sostituendo in questo modo i fatti alle parole. Nell’attesa noi come sempre andremo avanti, nel nostro lavoro di denuncia e di resistenza sociale a San Cristoforo, abbandonato quartiere popolare tra gli abbandonati quartieri popolari del meridione italiano.