Diritto alla cittadinanza: le scuole di San Cristoforo non ne hanno

Il dirigente della Livio Tempesta: “Qua così non si può stare”

testo Ivana Sciacca, foto Mario Libertini

“Diverse madri non possono lasciare e prendere i bambini a scuola perché lavorano. Allora ho pensato di creare il servizio del piedibus che avevo già sperimentato a Legnano: si tratta di un trenino umano, supervisionato da adulti. Funzionava non solo all’apertura e alla chiusura delle scuole ma anche per andare al catechismo. Tra la fine e l’inizio dell’anno, il Comune di Catania ha mandato una mail alle scuole chiedendo se volessero partecipare al progetto di piedibus. Caspita, mi sono detto! Ma come sono fortunato, il Comune sta attuando la stessa idea che volevamo attuare noi! Allora ho subito risposto aderendo a questa proposta.

Ma a un certo punto ci arriva un’altra mail del Comune che ci dice: Care scuole, siccome voi siete ventisette e questo progetto possiamo farlo solo per quindici scuole, venite che facciamo il sorteggio! Il sorteggio? Sono rimasto perplesso perché penso che il sorteggio si possa fare nel momento in cui tutte le scuole sono uguali: o tutte a rischio o tutte in zone buone. Dubito che a Catania sia così. Mettere la Tempesta o la Battisti allo stesso livello delle scuole delle zone buone di Catania mi sembra una scelta che non tiene conto del contesto in cui agiscono le scuole. Qui a San Cristoforo si opera in un contesto di dramma sociale.”

Il dirigente Tarcisio Maugeri, nonostante la scuola Livio Tempesta non sia stata sorteggiata, cerca di non perdersi d’animo e propone alle mamme di attuare lo stesso l’idea del piedibus in forma auto-organizzata. “È una bellissima idea” rispondono le mamme “ma non possiamo farla perché abbiamo paura… “sollevando quelli che nel quartiere sono problemi reali. “Hanno ragione le mamme” continua il dirigente “anche perché ci vorrebbero le casacche per i bambini, e soprattutto qualche vigile urbano, e le strade dovrebbero essere adatte. Per me l’idea del piedibus rappresentava un tentativo per insegnare – oddio insegnare è una parola grossa -, per trasmettere civiltà e cittadinanza: sapersi fermare a uno stop, rispettare i marciapiedi… “.

“Mai parlato col Comune di Catania: a San Cristoforo tutto è demandato alla scuola e alla buona volontà delle famiglie e delle associazioni. I genitori dei bambini hanno difficoltà a portarli a scuola in orario perché hanno paura che poi li licenziano. E questo è il contesto in cui opero. Qua senso civico non ce n’è. Se qua si rubano il ferro della scuola per trenta-quaranta euro, per disperazione, che senso civico ci può essere? La scuola qua è solo un fortino da saccheggiare. Qua lo Stato sono solo io come rappresentante di un’istituzione…

Il Comune di Catania ha altri problemi a cui pensare, è senza soldi, non lo so, non entro nel merito perché non sono un impiegato comunale…” e invece nel merito ci entra raccontando la realtà così com’è “quando una mamma mi dice non posso venire a prendere il bambino alle tre perché se no rischio che mi licenziano, e il bambino deve essere preso da una minorenne perché se no nessuno me lo viene a prendere… Anche se la legge dice che non si può fare, io cosa devo fare in questi casi? Queste non sono mamme che si guardano le telenovelas, sono mamme sole e abbandonate”. “I bambini dell’asilo, già a tre-quattro anni, sono delle piccole bombe atomiche: mostrano segni di rabbia, di intolleranza alle regole e poco rispetto. Già alla scuola elementare sono “formati” da questo punto di vista per esplodere”.

Per dare un volto alla delinquenza giovanile basta andare in una qualsiasi scuola di un qualsiasi quartiere popolare. Già mentre ci si arriva, la cornice della spazzatura, del degrado e dell’anarchia per le strade danno un quadro chiaro dell’abbandono da parte delle istituzioni che qua continuano a non venirci come se non fosse città. Ma per accorgersi della delinquenza giovanile e darle il peso che ha, bisognerebbe avere il coraggio di guardarli negli occhi questi bambini – e chi continua a rubarceli.